"Il reato di omicidio stradale è un pessimo esempio di populismo penale"
Così scriveva lo scorso giugno il senatore Luigi Manconi, quando la nuova legge, appena approvata dal Senato, era ancora in discussione. E aveva ragione: il reato di omicidio stradale non è mai stato decisivo per la diminuzione degli incidenti mortali
03 March, 2016
“Il reato di omicidio stradale è un pessimo esempio di populismo penale. Si tratta, in tutta evidenza, di un provvedimento dai forti connotati emotivi, che per l`ennesima volta non si pone in alcun modo il problema dell`efficacia bensì solo ed esclusivamente quello della sua capacità di suggestione”.
Così scriveva lo scorso giugno il senatore Luigi Manconi, quando la nuova legge, appena approvata dal Senato, era ancora in discussione. E aveva ragione. Il reato di omicidio stradale è contemplato da numerosi paesi europei ma la sua istituzione non è mai stata decisiva né per la diminuzione degli incidenti mortali, né per quella relativa ai decessi di ciclisti o pedoni. Per avere strade più sicure è necessario disincentivare l’uso dell’auto e studiare una mobilità che tuteli gli utenti deboli della strada, che rafforzi il trasporto pubblico e aumenti le zone pedonali nei centri urbani. La logica punitiva, come ampiamente dimostrato anche in altri contesti, non funziona. Può avere un effetto immediato e far contento chi ragiona di pancia, ma alla lunga è inutile e dannosa.
“Se i morti per incidente stradale, sono passati, nell`ultimo quarto di secolo, dai 6.621 dell`anno 1990 ai 3.385 del 2013, come è possibile parlare oggi di ‘emergenza’ a proposito di questa indubbia tragedia? – scriveva a giugno Manconi - E, più in generale, come è possibile che la cosiddetta insicurezza percepita, l`ansia per sé, per i propri cari e i propri beni sia così totalmente scissa dai dati concreti della criminalità reale?
Ora, nessuno può sottovalutare il dolore che una morte improvvisa, come quella determinata da un incidente stradale, può suscitare in una famiglia o in una più ampia comunità di affetti. E naturalmente chi se ne renda responsabile deve risponderne davanti a un giudice secondo il principio della proporzionalità: tenendo conto cioè delle circostanze e del grado di consapevolezza dell`autore del reato”.
Manconi faceva notare come la giurisprudenza contemplasse già una serie di risposte sanzionatorie adeguate, ricordando una discussione sull’imputazione di omicidio volontario, mossa a carico dell`intero equipaggio di un`auto che nel 2015 uccise una donna e provocato numerosi feriti in un quartiere romano. “Un reato che prevede pene non inferiori a 21 anni di carcere. Che bisogno c`è, pertanto, di duplicare questa ipotesi di reato istituendone una autonoma, l’omicidio stradale appunto, oltre alle lesioni personali stradali? E che bisogno c`è di portare la pena a 12 ancora aumentabili se il conducente si dà alla fuga? Non sarebbe bastato intervenire, anche pesantemente, sulle misure accessorie, prevedendo la revoca della patente e il divieto di conseguirne una nuova? Non sarebbe stato più utile, non solo in termini di deterrenza ma anche di prevenzione?”
"Si tratta, in tutta evidenza, di un provvedimento dai forti
connotati emotivi - concludeva Manconi - che per l`ennesima volta non si pone in alcun modo il
problema dell`efficacia bensì solo ed esclusivamente quello della sua capacità
di suggestione. Non è certo il primo caso. Un campionario che porta il segno di
quel populismo penale che percorre la società e larga parte dell`informazione e
che, nella gestione politica, assume i tratti di una vera e propria demagogia
punitiva”.
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