Sacchetti di plastica illegali: la truffa è trasparente e “ad uso interno”
Una nuova minaccia rischia di vanificare e affievolire gli sforzi per contrastare il fenomeno dei sacchetti illegali. La criminalità sta sfruttando le zone grigie lasciate dal legislatore per continuare indisturbata a fare profitti
15 July, 2016
La lotta e il contrasto alla vendita e commercializzazione dei sacchetti di plastica, dall'inizio dell'anno ha subito un forte rilancio. Il merito è tutto di una maggiore e diffusa sensibilizzazione dei cittadini e delle istituzioni sul tema, ma anche dell'innalzato livello d'attenzione delle forze dell'ordine e del continuo e incessante lavoro dell'associazionismo ambientalista.
Le recenti operazioni a Cagliari, Rimini, Torino e quelle in Sicilia e Calabria hanno portato alla luce la collusione di importanti e strutturate organizzazioni criminali con i sacchetti di plastica e il relativo mercato nero.
Ma una nuova minaccia rischia di vanificare e affievolire gli sforzi per contrastare il fenomeno che, ricordiamo, ha ricadute negative non solo sull'ambiente ma anche su quei settori sani dell'economia verde penalizzati dalla diffusa illegalità. Secondo gli ultimi dati diffusi da Legambiente, durante la recente campagna “Un sacco giusto”, ben il 50% di tutti i sacchetti è illegale. Una montagna enorme di plastica dal peso di circa 40mila tonnellate, che corrispondono alla perdita di 160 milioni di euro da parte della filiera legale, con una minore introito per lo Stato stimato in 30 milioni di euro e altri 50 milioni spesi per i maggiori costi di smaltimento. Questa è la realtà.
La nuova minaccia è trasparente. Sì, così trasparente che in pochissimi si accorgono della truffa. Durante i monitoraggi che Eco dalle Città effettua nei mercati e negli esercizi commerciali di Torino (e non solo), da qualche mese i sacchetti di plastica, bianchi o colorati che siano, stanno diminuendo e vengono sostituiti da altri sacchetti trasparenti, che all'apparenza e anche al tatto sembrano differenti dai classici sacchetti monouso illegali, e per caratteristiche sono identici a quelli che si utilizzano nei supermercati per la frutta e verdura. Di conseguenza il cliente crede di aver tra le mani un sacchetto compostabile, o comunque qualcosa di totalmente diverso dai sacchetti ai quali è abituato e che ha cominciato a conoscere come illegali.
A una analisi più attenta del sacchetto, ci si accorge che su quei sacchetti c'è una simbolo, un numero e una sigla. Il simbolo è quello delle famose tre frecce che si inseguono in una specie di triangolo con al cento i numeri 02, e sotto la sigla HDPE. A questi sono aggiunte le diciture “Garantito per alimenti” e “Sacco per imballo ad uso interno non per l'asporto”. E la truffa è bella che realizzata, mentre noi ci aggiriamo ignari tra i banchetti del mercato con i nostri sacchetti.
In pratica, per la modalità con la quale veniamo in possesso del sacchetto, abbiamo tra le mani un sacchetto di plastica illegale, tale a quale ai sacchetti bianchi. Non cambia nulla. Si tratta sempre di un sacchetto in polietilene ad alta intensità (PE 02 HDPE). Con l'unico particolare che le diciture ricordano che il sacchetto è “Garantito per alimenti” e “ad uso interno non per l'asporto”. Secondo la legge, e precisamente secondo l'articolo 2 del Decreto Legge Ambiente n.28 del 24 marzo 2012, i “sacchi riutilizzabili realizzati in plastica tradizionale che abbiano la maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e superiore a 200 micron se destinati all’uso alimentare” non sono da considerarsi illegali, con il presupposto che non vengano utilizzati per l'asporto delle merci ma così non avviene.
Con l'utilizzo di questi sacchetti è difficile da parte delle forze dell'ordine intercettare i produttori, perché per legge questi sacchetti si possono produrre. Con la conseguente difficoltà a individuare anche i grossisti e chi li commercializza al dettaglio, perché la legge permette la commercializzazione. Non resta che controllare gli esercizi commerciali e i banchetti dei mercati uno per uno, per scovare chi utilizza questi sacchetti non “per uso interno” ma per l'asporto. Ma in questo modo, le risorse che le forze dell'ordine dovrebbero mettere in campo sarebbero davvero ingenti e impossibili da quantificare. Con la probabile e logica conseguenza di una diminuzione del contrasto a questo fenomeno.
In attesa di nuovi risvolti, la palla torna in mano ai cittadini e consumatori, che ancora una volta dovranno contrastare questo fenomeno da soli (o quasi), ricordandosi tutte le volte di controllare anche i simboli e le etichette dei sacchetti quando vanno a fare la spesa.