Cop21, Italia ancora non ratifica: “È come se l’accordo di Parigi non ci fosse mai stato”
“Il ministro Galletti ha affermato di voler trasmettere in Parlamento la proposta entro il mese di settembre. In realtà quello che preoccupa è la mancanza di un vero piano di riduzione delle emissioni climalteranti”. L'intervento di Gianni Silvetrini per Eco dalle Città dopo la ratifica da parte di Cina e Usa dell'Accordo di Parigi
06 September, 2016
di
Gianni Silvestrini (direttore
scientifico di Kyoto Club)
La ratifica da parte della Cina e degli Usa è molto importante perché avvicina a una rapida entrata in vigore dell’Accordo sul Clima. Se questo avverrà prima del cambio di presidenza negli Stati Uniti, si eviterà tra l’altro il rischio di un loro defilarsi (degli Usa, ndr) per i prossimi quattro anni, anche in caso di vittoria di Trump.
Ma queste novità evidenziano anche la debolezza e le divisioni dell’Europa la cui ratifica deve passare attraverso un’adesione da parte di tutti i paesi. Così se Francia e Ungheria hanno già ratificato, questo passaggio non è ancora stato avviato o concluso per gli altri paesi, Italia inclusa.
Il
ministro Galletti ha affermato di voler trasmettere in Parlamento la
proposta entro il mese di settembre. In realtà, aldilà della
lentezza nell’attivazione delle procedure necessarie, quello
che preoccupa è la mancanza di un vero piano di riduzione
delle emissioni climalteranti e di un coordinamento delle politiche
nei vari settori: un vuoto preoccupante, tanto più che nelle
scorse settimane sono stati proposti gli obiettivi di riduzione al
2030 per i settori non ETS (escludendo cioè le industrie energivore)
che per l’Italia sono del 33% rispetto alla media 2016-18.
In realtà ci sono singole iniziative interessanti: pensiamo alla proposta di finanza innovativa per avviare la riqualificazione energetica “spinta” del patrimonio edilizio, all’avvio dell’incentivazione del biometano, alle riflessioni in atto sul lancio della mobilità elettrica… ma sono azioni scoordinate in assenza di un piano complessivo con obiettivi di riduzione verificabili. E manca un coordinamento che per l’ampiezza delle politiche deve essere gestito presso la presidenza del consiglio.
Il governo, insomma, dovrebbe prendere sul serio la sfida climatica e, a partire da questa, dovrebbe indirizzare la ricerca sui filoni più promettenti, avviare una politica industriale innovativa, rilanciare l’occupazione.
Ma, purtroppo, pare che per l’Italia è come se l’accordo di Parigi non sia mai stato firmato. Ne parlano i principali leader mondiali, ma Renzi su questo tema è totalmente assente.