Rinnovo AIA alla Colacem di Galatina. Le associazioni: "Basta all'aggressione contro il territorio e la salute!"
Il 24 novembre alla Provincia di Lecce si terrà la prima Conferenza dei Servizi per il riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla Regione Puglia nel 2009 al cementificio di Galatina. "Colacem non deve più sfuggire alle regole. Si pongano dei limiti alla produzione ed alla stessa durata dell’impianto"
23 November, 2016
Giovedì 24 Novembre 2016 alle ore 10, presso la Provincia di Lecce - Servizio Tutela e Valorizzazione Ambiente (Via Botti n.1) - si terrà la prima Conferenza dei Servizi per il riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) rilasciata dalla Regione Puglia nel 2009 al cementificio Colacem di Galatina. Il Forum Ambiente e Salute di Lecce chiede a gran voce che "si pongano dei limiti alla produzione ed alla stessa durata dell’impianto". "Ogni investimento industriale su questa terra - scrive il Forum - ha un inizio, una vita utile, necessaria per recuperare il capitale investito, ed una dismissione. L’impianto Colacem sembra sfuggire a queste regole". Ecco il comunicato completo:
"Per le Istituzioni, per le Associazioni ambientaliste, quelle agricole e che tutelano la salute dei cittadini per chiunque voglia difendere il territorio dal crescente inquinamento, è questo appuntamento un’occasione importante per verificare, su basi scientifiche, l’impatto ambientale di tale insediamento (la più grande industria operante in provincia di Lecce) e per porre un freno all’espansione incontrollata dell’impianto e di tutte le attività ad esso correlate tra cui le numerose cave ad essa collegate che ormai occupano un’area (54 ettari complessivi per la sola Colacem) dello stessa grandezza degli abitati di Galatina e Soleto".
"E’ doveroso ricordare - prosegue il Forum - che l’impianto della Colacem in funzione dal 1956 (dal 1990 con l’attuale gestione) ha prodotto nel 2015 oltre 700.000 tonnellate di cemento, ciò grazie ai continui ampliamenti di decine e decine di ettari alla volta delle cave di calcarenite 'Mariantonia' di Galatina-Sogliano e di argilla 'Don Paolo' di Cutrofiano, nonché di molte altre cave satelliti presenti in provincia di Lecce.
Questa produzione conferisce alla Puglia il triste primato della maggiore esportatrice peninsulare di cemento (dati Ministero dello Sviluppo economico 2015: 549.000 tonnellate esportate su una produzione regionale di 1.572.000 tonnellate di cementi e agglomerati), aggravando così una situazione, come quella della 'colonizzazione' del territorio con la destinazione ad altri della produzione (esuberante rispetto ai nostri fabbisogni) mentre a noi restano inquinamento e danni ambientali, paesaggistici e sanitari!"
"Le scriventi Associazioni pertanto intendono porre una serie di questioni di estrema attualità (anche in relazione alle più recenti risultanze delle indagini epidemiologiche nell’area interessata dall’impianto) e su cui si appunta sempre più l’attenzione di un’opinione pubblica fortemente preoccupata dai seri risvolti ambientali e sanitari. Tra queste si evidenziano:- Il controllo del rispetto dei limiti di legge per i 49 punti di emissioni inquinanti dello stabilimento, di cui solo 1 (quello di cottura del clinker) è dotato di monitoraggio;
- Le emissioni dell’enorme deposito di carbone a cielo aperto, 41.000 tonnellate su un’area di 1,4 ettari, e le conseguenze sanitarie della sua combustione;
- Le incognite legate al perdurante impiego di rifiuti nella produzione di cemento, tra cui le ceneri della combustione di centrali quale quella di Cerano;
- L’impatto cumulativo dell’impianto, che si somma alle altre sorgenti inquinanti che gravano sul nostro territorio (Centrali Enel, Ilva, altre cementerie, ecc.);
- La situazione sanitaria ed epidemiologica aggiornata nel comprensorio.
Obiettivo delle Associazioni è quello di premere sull’Azienda e soprattutto sulle istituzioni perché si pongano dei limiti alla produzione ed alla stessa durata dell’impianto. Ogni investimento industriale su questa terra ha un inizio, una vita utile (necessaria per recuperare il capitale investito) ed una dismissione. L’impianto Colacem sembra sfuggire a queste regole, ponendosi attualmente come un impianto “a tempo indeterminato”, almeno finchè le istituzioni competenti (che spesso si sono mostrate subalterne agli interessi in gioco) lo consentiranno. Nelle more, sarà opportuno verificare la reale volontà dell’Azienda e delle istituzioni del territorio di avviare un percorso virtuoso in cui il riciclaggio di materiali di scarto provenienti dall’edilizia e da attività affini (previa rigorosa analisi della loro non pericolosità), la riduzione dell’enorme processo di consumo di suolo, nonché una sensibile riduzione delle emissioni, accompagnata da controlli più rigorosi e continui".