Cambiamenti climatici, politiche ambientali e territoriali a Milano. La Città Metropolitana al lavoro per un piano clima
Sottolineato il ruolo decisivo della Città Metropolitana come aggregatrice dei 134 Comuni di cui è composta: “Bisogna arrivare ad un piano condiviso che implementi e rafforzi le politiche di contrasto all'inquinamento e di difesa dell'ambiente"
24 January, 2017
di Tiziana Giacalone
La Sala Affreschi di Palazzo Isimbardi, sede della Città metropolitana di Milano, ha ospitato venerdì 20 gennaio il seminario dal titolo “I cambiamenti climatici e le politiche ambientali e territoriali” che oltre a evidenziare le buone pratiche utili a ridurre l’inquinamento atmosferico - e dunque le conseguenze negative dovute al cambiamento climatico - ha anche stimolato alcune riflessioni circa le difficoltà nel mettere in atto delle politiche climatiche locali di cui per ora esistono solo degli abbozzi teorici.
L’obiettivo di Milano è quello di costruire un piano per il clima con azioni di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici in corso. Il consigliere delegato all’Ambiente di città metropolitana, Pietro Mezzi , che ha coordinato gli interventi curati dai due relatori, Stefano Caserini e Karl-Ludwig Schibel, ha sottolineato il ruolo decisivo della Città metropolitana come aggregatrice dei 134 Comuni di cui è composta: “Bisogna arrivare ad un piano condiviso che implementi e rafforzi le politiche di contrasto all'inquinamento e di difesa dell'ambiente. Dapprima bisognerà analizzare le emissioni degli edifici in atmosfera e sulla base dei dati raccolti occorrerà fissare degli obiettivi di riduzione dell’inquinamento da raggiungere attraverso l’efficientamento energetico degli edifici stessi e la diffusione delle tecnologie per la produzione delle energie rinnovabili. Ma l’adattamento ai cambiamenti climatici – ha proseguito Mezzi – comporta anche l’inserimento negli strumenti di tutela del territorio di azioni per un rapporto non conflittuale tra ambiente urbano e corso d’acqua attraverso una gestione più sostenibile delle risorse idriche".
Stefano Caserini, titolare del corso di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, oltre a segnalare le buone pratiche italiane ha messo in evidenza i punti deboli riscontrati nei tentativi di programmazione della pubblica amministrazione per ridurre l’inquinamento e la mancata attuazione dei PAES (Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile). Questi Piani che dal 2015 sono noti anche come PAESC, per il riferimento al clima, sono elaborati dai firmatari del Patto dei sindaci che coinvolge autorità locali e regionali impegnate su base volontaria a ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 40% entro il 2030, adottando un approccio integrato per affrontare la mitigazione e aumentare la resistenza ai cambiamenti climatici.
E in effetti basta andare sulla pagina Pattodeisindaci.eu per constatare che rispetto al numero dei comuni italiani che hanno aderito al Patto dei Sindaci i Piani di Azione presentati sono pochi. “Come mai?” Si chiede Caserini, che prova a dare una risposta: “C’è un problema di mancati controlli e di azioni spesso non coordinate tra loro. Bisogna investire su attività che puntino non soltanto a ridurre la CO2 ma che abbiamo anche altri vantaggi come per esempio le piste ciclabili che abbelliscono le città e invogliano i cittadini a pedalare migliorando la loro salute”.
La posizione di Caserini è condivisa anche dal sociologo Karl-Ludwig Schibel, esperto di temi ambientali ed energetici e coordinatore dell'Alleanza per il Clima Italia, rete europea di enti locali e territoriali impegnati nella salvaguardia del clima, oltre che sostenitore del Patto dei Sindaci per il Clima e l'Energia. “Sono d’accordo con Caserini sui benefici della politica energetica e del clima a livello locale. Dando un contributo alla salvaguardia del clima i Comuni rendono anche la struttura economica territoriale più robusta, creano posti di lavoro, migliorano la qualità dell’ambiente e la salute dei cittadini. Per questo è sbagliato la percezione delle politiche del clima a livello locale come un qualcosa ‘in più’ che devono fare le amministrazioni. La riduzione delle emissioni di CO2 deve entrare come una variabile guida nell’agire quotidiano di tutti i settori, dall’urbanistica al verde urbano, dalla mobilità alla gestione del patrimonio edilizio, dalla digitalizzazione agli acquisti, per rendere il territorio capace di futuro."
Ampio spazio è stato dato agli interventi dei partecipanti, quasi tutti dipendenti della pubblica amministrazione. C’è stato chi ha sostenuto un cambiamento che venga anche dal basso (citata l’Enciclica “Laudato Sì” di Papa Francesco e l’orto sociale di Vandana Shiva) e la necessità di sviluppare politiche ambientali ben strutturate e proiettate verso scenari futuri. Ed è proprio su quest’ultimo punto che si sono concentrate le riflessioni dei funzionari e dirigenti dei vari settori “Ambiente ed Energia” di Comuni e Regione. Hanno confermato le difficoltà della pubblica amministrazione di mantenere gli impegni presi con l’adesione al PAES. Milano ne è un esempio.
“Cosa fare se non ci sono fondi e neppure risorse umane?” Hanno chiesto alcuni. Provocatoria è la soluzione di Caserini che oltre a proporre un'EXPO su questi temi invita le pubbliche amministrazioni impossibilitate ad attuare il Piano a ritirare l’adesione facendo presente all’Europa che non ci sono risorse da investire. “Del resto - seppure si tratti di interventi che ripagano - è necessario che i Comuni trovino i fondi intercettando quelli europei e che lo Stato intervenga in qualche modo.”