Lo sviluppo dell'economia circolare italiana all'Ecoforum, tra potenzialità e ostacoli non tecnologici
Idee innovative che in molti casi, a detta degli imprenditori, superano la normativa vigente. Se ne parla al IV Ecoforum organizzato a Roma da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club con CONOU, il Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli oli minerali usati
20 June, 2017
Protagonista del IV Ecoforum organizzato a Roma da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club con CONOU, il Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli oli minerali usati, è l'economia circolare proprio nell'anno in cui il pacchetto europeo sull'economia circolare si avvia verso l'approvazione definitiva. Imprenditori del settore, esperti, istituzioni e giornalisti condividono esperienze, dubbi e soprattutto mettono a fuoco gli ostacoli di natura non tecnologica che rallentano lo sviluppo dell'economia circolare in Italia.
Gli addetti ai lavori non hanno dubbi nel puntare il dito sull'apparato normativo troppo spesso contraddittorio e sull'inadeguatezza delle istituzioni centrali e soprattutto locali.
Il riferimento normativo evidenzia la necessità di leggi che disciplinino con chiarezza quello che viene definito "end of waste" in modo che si stabiliscano con certezza le operazioni di recupero e trattamento che consentano al rifiuto di diventare materia prima secondaria o prodotto.
Eppure l’economia circolare sembrerebbe la soluzione perfetta e non solo per la creazione di nuovi posti di lavoro e per una gestione sostenibile delle risorse.
Ecopneus, la società che raccoglie, tratta e recupera pneumatici fuori uso, considera lo sviluppo dell’economia circolare come strumento utile a combattere la gestione illegale dei rifiuti e l’evasione fiscale. Secondo Giovanni Corbetta, direttore generale di Ecopneus, la gestione illegale dei rifiuti, in questo caso pneumatici, è strettamente collegata all’evasione fiscale. “In Italia ogni anno entrano 27 milioni di pneumatici, 4 ruote e 2 ruote, ma almeno il 20% sfugge al fisco e alimenta l’abbandono dei rifiuti.” Sulla possibilità di usare il “polverino”, il materiale che si ottiene dal trattamento degli pneumatici usati, segnala che “in Italia ci sono ottimi impianti per il trattamento degli pneumatici ma ad oggi c’è ancora una certa riluttanza all’uso del “polverino” che per anni è stato considerato un rifiuto. Molti pensano che il “polverino” sia pericoloso e che se usato per l’asfalto delle strade possa addirittura inquinare le acque. Qualche amministratore teme di incorrere in qualche procedura sanzionatori. Manca la fiducia nelle istituzioni e i cittadini non si fidano. Questo significa che siamo costretti a portare all’estero il “polverino” lavorato in Italia.” Tutto questo rende più difficile investire nel settore anche perché sono ancora attesi i CAM sulle strade verdi, i Criteri Ambientali Minimi che dovrebbero essere applicati per gli acquisti della pubblica amministrazioni, i cosiddetti appalti verdi.
L’eccesso di burocrazia sta rallentando l’attività, ancora in fase sperimentale, della AHP-Recycling B.U. Fater che trasforma i pannolini usati: da ogni tonnellata di pannolini si possono ricavare 95 Kg di plastica e 280 kg di materia organica cellulosica e altri materiali. L’impianto è stato realizzato nel 2015 nel Veneto, ma ad oggi non è ancora pienamente funzionante. Sono stati già autorizzati per il riuso del materiale plastico prodotto ma – dopo 3 - non hanno ancora ottenuto l’autorizzazione per la frazione cellulosica e la frazione polimero assorbente. Per questi materiali mancherebbe la norma “end waste”. Guido Poliseno, Business Development Manager della società - che produce i pannolini e tratta l’usato per recuperare varie frazioni da immettere nel ciclo produttivo - dice chiaramente che a causa degli ostacoli burocratici non riescono a chiudere il cerchio di quella che sarebbe a tutti gli effetti una declinazione dell’economica circolare, inserendosi nella trasformazione dei pannolini usati che rappresentano il 2,5% dei rifiuti prodotti in Italia. Per l’esattezza in Italia ogni anno si producono 900 mila tonnellate di pannolini usati che necessitano di 3 discariche. Non riescono ad andare avanti e saranno costretti a sviluppare il progetto in altri Stati.
Il Direttore Consorzio italiano Compostatori, Massimo Centemero, mette in evidenza le ricadute occupazionali e di crescita economica collegate alla raccolta differenziata dell’umido con la possibilità di produrre biometano. Considera che per ogni tonnellata di rifiuto organico si creano 1,5 posti di lavoro e che in totale sarebbero stati creati 9 000 posti di lavoro per 1,7 miliardi di fatturato nel 2015. “La raccolta dell’umido registra una crescita costante ma non in modo uniforme sul territorio nazionale. Per esempio al sud si raccoglie poco umido e ci si chiede se le cause di questo ritardo sono da attribuire alla mancanza degli impianti oppure se non ci sono impianti perché la raccolta dell'umido non funziona bene. In generale lamenta la mancanza di un Piano strutturale per tutto il territorio nazionale e la necessità di pianificare impianti per il trattamento dell’organico al sud e nelle isole. Nello specifico, invece, sottolinea che sono ancora attesi i decreti attuativi sul biometano prodotto dal recupero dei rifiuti organici e che gli sfalci e le potature (che costituiscono ) sono stati invece esclusi dal campo di applicazione delle norme sui rifiuti.