'Cacciatori di tesori: dai rifiuti hi-tech agli scarti del mercato', gli Ecomori su La Stampa
Il quotidiano torinese ha dedicato un articolo alla storia che vede protagonisti alcuni dei volontari africani del progetto di Porta Palazzo: "Frugavano in discarica, ora sono volontari al mercato" - da La Stampa del 20.11.2017
20 November, 2017
di Maria Teresa Martinengo
Sembra «circolare», la storia di Steven, Ekow e Kobi, giovani richiedenti asilo ghanesi, arrivati in Italia da poco più di un anno, ospiti di un centro di accoglienza ad Alpignano. Sembra. Perché in partenza, nel loro Paese, e poi qui, ci sono stati e ci sono i rifiuti. Là computer, cellulari, televisori scaricati da Europa, Stati Uniti e Australia legalmente e illegalmente, scarti del mondo ricco dai quali, attraverso processi di combustione pericolosi per la salute, i poveri ricavano metalli vendibili. Qui frutta e verdura che gli ambulanti abbandonano a fine mercato ancora recuperabili e commestibili.
LA SCOPERTA
Steven, Kobi e Ekow sono tre giovani profughi che, insieme a molti altri, si sono offerti volontari all’associazione ambientalista Eco dalle Città che ogni giorno, a Porta Palazzo, raccoglie frutta e ortaggi abbandonati, componendo cassettine che su una bancarella vengono donate a chi ha bisogno, evitando che anziani e poveri frughino a terra tra i rifiuti. «Qualche giorno fa - racconta Paolo Hutter, direttore di Eco dalle Città - abbiamo accompagnato i ragazzi a visitare la mostra The victims of our wealth, Le vittime della nostra ricchezza, di Stefano Stranges, e lì hanno riconosciuto la discarica dove avevano lavorato per anni». Allestita all’Arteficio di via Bligny 18, le fotografie documentano l’immensa discarica nei pressi di Accra, in Ghana, dove i poveri degli slums frugano per trovare metalli preziosi: nelle apocalittiche immagini di «Sodoma and Gomorrah» - così è nota la più grande pattumiera di rifiuti digitali del mondo -, Steven, Kobi e Ekow hanno rivisto il luogo avvelenato dove si sono arrabattati insieme a migliaia di altri poveri (in 50 mila vivono nell’area di Agbogbloshie) che estraggono materiali preziosi dai nostri vecchi tablet e pc tra roghi e liquami.
LE STORIE
«È il lavoro più facile, per cominciare non devi chiedere il permesso a nessuno. Guadagni in base a quanto raccogli, a quanto sei fortunato», racconta Ekow, 22 anni. «Puoi raccogliere anche alcuni chili di rame al giorno oppure niente. Un chilo, 5 euro. Respiri fumo di gomma e plastica, senti la pelle bruciare». Ekow ha cercato rame, alluminio e acciaio per cinque anni. «Ma il mio lavoro vero è quello del carrellista. Spero di farlo anche qui», spiega. E mostra sul telefonino una foto che lo ritrae su un muletto giallo. Ekow è stato fortunato. Dal Ghana alla Libia, da cui poi è arrivato in Sicilia, il viaggio è durato solo un mese. Diverso, per Steven, 27 anni, uno passato a frugare a Sodoma and Gomorrah: ha trascorso due drammatiche settimane nel deserto e in Libia è rimasto un anno e mezzo. Lui sul cellulare mostra con orgoglio la foto di un divano opera delle sue mani: «Sono tappezziere, spero di poter continuare ad esserlo anche qui». Kobi, 23 anni, alla discarica ne ha passati quattro, da ragazzino, cinque li ha lavorati in Libia, muratore. Tutti e tre i giovani ghanesi frequentano corsi di italiano e professionali. Lavorare non possono ancora, non finché la commissione per i rifugiati non valuterà la loro posizione. L’attesa dura da un anno e un mese e ancora non c’è l’appuntamento fissato.
Erica Carnevale è una dei responsabili del progetto di recupero dell’ortofrutta a Porta Palazzo. «Me li sono vista arrivare - racconta - dopo che un altro ragazzo africano era stato accolto tra i volontari. Vogliono dare un senso alla loro vita, è difficile stare con le mani in mano alla loro età». Steven, Kobi e Ekow non hanno dubbi: «Aiutare le persone che hanno bisogno ci fa sentire bene, utili. Sì, anche qui raccogliamo ciò che diventerebbe rifiuto, ma non è come in Africa». Per vedere com’è la vita a Sodom and Gomorrah c’è ancora tempo oggi (10-13 e 16-22).