'L'80% degli incidenti per i ciclisti è causato dalle auto. Ditelo alla pubblicità...'
Pubblichiamo l'intervento di Giulietta Pagliaccio, presidente Fiab, che critica fortemente la campagna "Sicuri in bicicletta" ideata da FCI, Fondazione ANIA, Polizia Stradale e MIT: "è il frutto prima di tutto di un’idea sbagliata della sicurezza che si fonda sul fatto che il più debole deve difendersi dal più forte"
16 February, 2018
Ogni mattina un automobilista si alza e prende serenamente la sua auto perché sa che il peggio che può succedergli è di non trovare parcheggio e anche la coda in strada non lo impressiona più che tanto perché è nel suo comodo habitat dotato di tutti i comfort: caldo se fuori fa freddo, freddo se fuori fa caldo, musica per le sue orecchie, specchietto per il ripasso del trucco, navigatore tutto fare con cui parli e ti indica la strada, il tuo smart phone con cui mandi le tue mail, o rispondi a qualche messaggio o guardi gli ultimi post su un social qualsiasi.
Ogni mattina un ciclista si alza e deve pensare a cosa gli potrà capitare quel giorno.
Una portiera aperta all’improvviso? Un’auto che ti taglia la strada svoltando a destra? Una ciclabile dove cercare di far scansare il pedone che la percorre? Una ciclabile da cui scendere perché ingombrata dall’auto parcheggiata e ti va bene se non ti devi buttare in una strada dove l’automobilista s’incazza perché tu non sei sulla ciclabile? Una ruota in una rotaia che non sei riuscito ad evitare?
Ogni mattina l’automobilista si sveglia e sa che, comunque vada, avrà qualcuno che lo difenderà perché non è che si può proprio vedere tutto per strada e capita di essere distratti.
Ogni mattina un ciclista si alza e pensa: che ca@@o di pubblicità progresso si inventeranno oggi perché il ciclista si possa sentire in colpa per aver disturbato la tranquilla vita dell’automobilista?
A parte quanto ho commentato su facebook, anche per cercare di riderci su tanto è OT off topic (come dicono i giovani) quella pubblicità, il tema della cattiva comunicazione sulla bicicletta è un elemento che andrebbe affrontato seriamente e anche con strumenti che un’associazione come FIAB non ha e cioè tante risorse economiche e la giusta attenzione dai media nazionali.
Questo video, insieme ad altri che abbiamo visto in questi anni, è il frutto prima di tutto di un’idea sbagliata della sicurezza che si fonda sul fatto che il più debole deve difendersi dal più forte. È un po’ come se si facessero pubblicità “progresso” per dire alle donne “attenzione, non uscite la sera perché potrebbero stuprarvi e se proprio dovete uscire ricordatevi di mettere un abbigliamento consono (e non occorre aggiungere altro perché ci siamo capiti)”; oppure, se domani cominciassero tutti a sparare per strada per motivi vari, si cominciasse con una pubblicità che raccomandasse di indossare il giubbotto antiproiettile prima di uscire di casa.
Insomma, parlare di sicurezza è un tema serio e va affrontato intanto cercando di conoscere i problemi con dati oggettivi e, rimanendo in ambito di sicurezza stradale, i dati ci dicono che meno del 15% degli incidenti capitano al ciclista da solo e nella maggior parte dei casi l’esito non è letale. L’80% degli incidenti ai ciclisti, al contrario, è causato da un’auto e il 70% di questi ha esiti che nessun casco avrebbe salvato.
Inoltre la gran parte degli incidenti negli ultimi anni è causata da distrazione da cellulare (dati della Polizia). Se devo fare una campagna di promozione della sicurezza devo incidere sui comportamenti di chi può fare molto male, non su come difendersi da chi mi può fare male. Per essere più chiari: devo promuovere il NON USO dell’arma e non la vendita del giubbotto antiproiettile.
Poi però il tema va affrontato anche dal punto di vista politico e la domanda è: quale tipo di città vogliamo? Pensiamo che le città debbano essere luoghi di socialità, dove costruire relazioni, sviluppare intelligenze e cultura che creano economia, oppure pensiamo alle città come luoghi dove transitare in auto verso un luogo di lavoro per rinchiudersi in un ufficio e poi riprendere l’auto per transitare verso casa dove cercare un parcheggio, ovviamente sotto casa, e rinchiudersi tra le quattro mura per poter poi “socializzare” via facebook?
Noi pensiamo che le città debbano essere vissute dalle persone che possano muoversi in sicurezza senza dover indossare “il giubbotto anti auto” e per fare questo rivendichiamo con forza il diritto ad avere città adeguate. E mentre adeguiamo le città lavoriamo sulla cultura della condivisione degli spazi di e per tutti, nel rispetto di tutti, ma a partire dal più debole. E il più debole non è quello chiuso in una scatola di metallo.