Prima alcune isole minori (Tremiti, Lampedusa e Linosa). Poi anche piccoli ​comuni ​della terraferma (Pollica e Ma​r​a​t​ea). In questi luoghi sono state messe al bando le stoviglie in plastica monouso. Ora cosa accadrà? Anche altre città, piccoli ma anche grandi, potrebbero adottare misure simili? Lo abbiamo chiesto a Gianluca Bertazzoli, amministratore unico di Hub15:

Ho sempre creduto poco ai divieti locali. E’ difficile controllarne l’effettiva applicazione. Nel caso si tratti di paesi piccoli, cosa fai? Controlli ​anche ​quelli che giungono dal comune vicino​ se arrivano con stoviglie in plastica​? Su un’isola è diverso. ​E’ per sua natura circoscritta e ben si presta a questo tipo di iniziative. ​Lì la ​misura​ potrebbe funzionare, sia sul piano simbolico che su quello pratico, e probabilmente troverebbe anche più consenso tra i turisti. ​Invece,​ in un comune della terraferma​, francamente,​ mi sembra un po’ complicato, e in ogni caso, isola o terraferma, andrebbero approfondite anche le compatibilità giuridiche.

Infatti già allora nutrivo qualche dubbio su questo tipo di delibere​. Alla fine ​quelle misure locali ​apparvero più iniziative di testimonianza che non di sostanza.

In quella parte del Paese la questione è molto più avvertita, perché il consumo ​di stoviglie monouso ​è molto più forte. Qualche anno fa il 60% delle vendite di stoviglie​ usa e getta​​ era concentrato al Sud Italia, e non penso che oggi le cose siano cambiate molto. C’è però anche una questione di costume. Al Sud le abitudini alimentari sono diverse (si mangia di più e in maniera più “tradizionale”, anche fuori casa) e anche i modelli di convivialità sono differenti (famiglie e gruppi più allargati, il che significa anche essere facilmente in tanti a tavola, sia in casa che all’aperto). Per non dover gestire grandi quantitativi di stoviglie, oltretutto in condizioni spesso non ottimali, con un numero di commensali più elevato, è più probabile che si opti per il monouso, piuttosto che​ per​ il durevole/riutilizzabile.

​L’optimum sarebbe limitare le stoviglie monouso a situazioni particolari ed emergenziali (per stressare il concetto, faccio un esempio che è volutamente un caso limite: è chiaro che in una tendopoli d’emergenza, dopo una catastrofe naturale, il monouso sia la sola soluzione praticabile). Premesso quindi che il miglior rifiuto da gestire è quello non prodotto, pensando a grandi raduni collettivi (dalla sagra alla festa al concerto) sarebbe bene adottare (e far rispettare!) misure per la minimizzazione dell’impatto, come quelle varate già da anni dalla Regione Toscana, preferendo tra l’altro stoviglie biodegradabili che ne permettono la gestione congiunta con i residui organici che hanno contenuto.