Viaggio nel mercato “Trieste” di Roma che dona il cibo ai migranti, dove convivono commercio, solidarietà e tutela del bene comune
Tra i banchi di frutta e verdura abbiamo incontrato Amedeo Valente, presidente del Consiglio direttivo degli operatori del mercato Trieste, per capire che cosa li ha spinti a donare l'invenduto ai migranti di Baobab Experience: "Siamo contro la discriminazione e qui ci sono diversi migranti ben inseriti e che lavorano"
17 July, 2018
di Francesco Fanoli e Viola de Andrade Piroli
In via Chiana, nel centro di Roma, poco distante da Villa Ada, c’è il mercato Trieste. I commercianti che vi lavorano sono protagonisti di un'iniziativa di solidarietà che avevamo già raccontato in un nostro precedente articolo: ogni giorno raccolgono l'invenduto di frutta e verdura e lo donano al presidio di prima accoglienza per migranti Baobab Experience. Lo depositano su un banco dedicato, in uno spazio appositamente allestito, e i volontari della ONG spagnola No Name Kitchen prelevano i prodotti, li caricano sulla loro “furgoneta” e li portano al presidio di piazza Maslax, dove vengono cucinati dai migranti che vi risiedono o vi transitano. Siamo andati al mercato ad incontrare Amedeo Valente, da due anni presidente del Consiglio direttivo degli operatori del mercato Trieste, per capire che cosa li ha spinti a mettere in atto questa iniziativa.
“È un'attività è rivolta a migranti e transitanti, perché la volontà di fare qualcosa per chi ha bisogno non prevede distinzione di nazionalità e questa non è l’unica attività collaterale al commercio che il mercato mette in campo”. Alcuni scaffali ad esempio sono stati adibiti al “book crossing” e di organizzare diverse iniziative. Inoltre il mercato che, il martedì e il venerdì resta aperto sino alle 20 per venire in contro alle esigenze di chi non può recarcisi la mattina, ogni quindici giorni è teatro di concerti, esposizioni fotografiche, presentazioni di libri e spettacoli serali. Sono state organizzate un’esposizione di Enrico Benaglia, pittore tra gli abitanti storici del quartiere, e una raccolta fondi per restaurare la lapide di Ugo Forno, partigiano morto giovanissimo in uno scontro a fuoco con i nazisti. È stato presentato il rapporto “Magna Roma”, scritto per Terra! Onlus da Francesco Panié. E da un paio mesi gli operatori hanno appunto accettato di donare l’invenduto al Baobab Experience.
“La proposta è stata accolta con favore da tutti – racconta Amedeo - Noi siamo contro la discriminazione e qui ci sono diversi migranti ben inseriti e che lavorano, come Frank. Certo la situazione non è facile e nessuno è in grado di offrirgli un posto stabile, ma ogni giorno lui trova un banco dove lavorare”.
Anche il sistema di raccolta dei rifiuti del mercato funziona molto bene. L’area dove sono collocati i secchioni per la differenziata è pulita, ordinata e abbellita dagli scatti del fotografo Franco Mapelli, dedicati alle periferie romane. Inoltre il consiglio direttivo sta cercando di migliorare ulteriormente il sistema, tramite l’acquisto di compattatori per l’alluminio e il cartone, di modo che gli esercenti possano integrare gli utili. L’idea è creare un’area di smaltimento per tutto il quartiere, dove gli abitanti possano portare i rifiuti ricevendo in cambio dei buoni sconto, modulati in base ai quantitativi corrisposti. Anche questo è uno dei progetti per cercare di far fronte alle difficoltà che sono comuni alla maggior parte dei mercati rionali.
Dei 127 mercati rionali presenti a Roma, il Trieste fa parte dei 51 in autogestione, mentre i restanti sono gestiti dal Comune. Nel 2011, il sito era stato adocchiato dalla CAM che progettava di ristrutturare l’edificio: allargare l’area dei parcheggi e renderlo molto simile a un supermercato. Numerosi esercenti si erano opposti, ma siamo nel centro di Roma e il quartiere Trieste è ovviamente preso di mira da numerosi interessi affaristici. Tuttavia, grazie anche ai comitati cittadini, la delibera di affidamento alla CAM non fu approvata.
Sono poco più di sessant’anni che da Corso Trieste i banchi sono stati trasferiti in una struttura coperta. “Prima lo spazio era poco. Si stava strettissimi, con gli ottanta banchi quasi uno sopra l’altro. Lavoravamo gomito a gomito”- ci racconta divertito Luigi, uno degli operatori della vecchia guardia, che ha vissuto le diverse fasi del mercato - “poi la struttura è stata ampliata e quindi è diventato più facile muoversi”.
Amedeo, ha idee chiare e
precise su quali siano le potenzialità del luogo. “Per come la
vedo io, un mercato rionale è uno spazio pubblico, di aggregazione e
di accoglienza. È un bene comune, che se attivato può divenire un
polo di socialità per il quartiere. Per questo abbiamo aperto le
porte ad associazioni ed eventi. Chiediamoci, come mai nel più
grande comune agricolo d’Italia i mercati stanno chiudendo? I
problemi – continua Valente - sono molti. Innanzi tutto, stiamo perdendo la clientela in favore
dei supermercati. Vuoi per una questione di orario, di prezzo o per
una mancanza di informazioni, molti preferiscono i prodotti di
peggior qualità offerti dalla grande distribuzione ai nostri. Il
fatto è che i consumatori spesso non conoscono bene la filiera, non
sanno quanto la freschezza e la qualità degli alimenti offerti al
mercato sia superiore a quelle dei supermercati. C’è un lavoro
importante da fare, poiché quasi nessuno nei mercati rionali espone
informazioni precise e dettagliate sulla provenienza dei prodotti, in
modo da farli conoscere, renderli tracciabili e far sì che i
consumatori possano essere maggiormente consapevoli delle loro
scelte. Inoltre, il sistema delle assegnazioni soffre di blocchi e
lungaggini esasperanti. Ci sono le questioni legati ai bandi. Non
solo sono pochi, a peggiorare il tutto si aggiunge il fatto che le
procedure sono complesse e troppo lunghe. Nell’ultimo bando del
2013, a chi aveva ricevuto la concessione all’utilizzo dei banchi
vuoti l’assegnazione è arrivata solo nel 2017. Non c’è da
stupirsi che molti abbiano rinunciato, quattro anni dopo avevano
fatto altri progetti. Qui ci sono ottanta banchi in tutto e quelli
aperti sono solo sessanta”.
È chiaro che in queste
condizioni non è facile mandare avanti un mercato rionale in
autogestione, pagare la sovvenzione al Comune e svolgere i lavori
ordinari di manutenzione, tutti a carico degli organizzatori visto
che la città provvede solo alla manutenzione straordinaria, come i guasti all’impianto elettrico o le ristrutturazioni. “Eppure –ci
dice ancora Valente- bisogna combattere per mantenere l’autogestione.
Ad ogni modo, anche visto che i rapporti con il Municipio sono
buoni, non c’è motivo di pensare che la convenzione non sia
rinnovata alla fine dell’anno”.
Nonostante la crisi del
settore e i banchi vuoti, il potenziale inespresso, le iniziative
intraprese e la determinazione di Amedeo fanno ben sperare. Gli
chiediamo se la decisione di donare le eccedenze al Baobab, la
volontà di creare un sistema di tracciabilità dei prodotti e
l’invito di un collaboratore di Terra –associazione che ha svolto
un ruolo attivo nella denuncia del brutale sfruttamento dei migranti
che lavorano nelle campagne italiane- non sia anche un tentativo da
parte dell’Assemblea di creare una sinergia con le lotte di chi si
batte per una maggiore giustizia in agricoltura. Ci risponde che “non
tutti gli operatori sono arrivati a tale consapevolezza ma siamo
sulla stessa linea. Sono già in molti i commercianti che prestano
attenzione a questo criterio. Così la tracciabilità è innanzi
tutto un obbligo imposto dalle normative europee e una risorsa per
spiegare meglio le caratteristiche del prodotto. Ma è anche
importante per permettere ai consumatori di fare scelte etiche”.
Tra alcuni operatori del settore agroalimentare s’afferma l’idea
che per rilanciare il comparto sia necessario un piano complessivo in
cui, cambiamento dei modi di fare mercato e apertura all’esterno,
lotta contro la discriminazione e l’ingiustizia sul lavoro,
contrasto allo spreco e all’inquinamento, vanno pensati e praticati
insieme. Sono dei primi passi e resta ancora molto da fare. Ma sono
segnali incoraggianti. Soprattutto in un momento in cui alcuni,
cavalcando il malcontento e alimentando paure, promuovono la
chiusura delle frontiere e l’esclusivismo come parole d’ordine
dell’agenda politica nazionale.
A questo link l'intervista video ad Amedeo Valente.