Kiev, la raccolta differenziata non c’è e i cittadini si organizzano nel solco dell’economia circolare
Abbiamo incontrato Eugenia Aratovska (fondatrice nel 2015 della Ong NoWaste Ukraine) nella “Recycling Station” alla periferia di Kiev, una struttura di 200 metri quadrati nella quale i cittadini portano i loro rifiuti differenziati
29 October, 2018
Per noi italiani è normale uscire di casa per gettare i rifiuti e differenziare. Per i più fortunati esiste il porta a porta e i rifiuti vengono a prenderli direttamente dietro la porta di casa. Ma non tutto il mondo è Italia e ogni città ha il suo sistema di raccolta e gestione rifiuti. Siamo stati a Kiev (Ucraina) per capire cosa succede in una città dove la raccolta differenziata non esiste e (anche se non viene espressamente definita così) il recupero di materia è attorno a un ipotetico 5% nel 2017. L’unico dato certo è del 2015 dove la raccolta differenziata era allo 0,1%. Mentre il 20% dei rifiuti urbani viene bruciato e tutto il resto va in discarica.
Kiev con i suoi quasi 3 milioni di abitanti è, in questi ultimi anni, la capitale dell’est Europa più promettente dal punto di vista della vivacità culturale e dello sviluppo economico. Certo è che passeggiando per la città si notano tutti i limiti di una nazione incastrata tra un passato post sovietico e la voglia di recuperare il gap con le alte capitali europee. Senza dimenticare il peso della guerra nel Donbass e della delicata questione della Crimea.
Ma la corsa di Kiev verso l’integrazione nella Comunità europea e la crescita economica rischia di inciampare su un tema delicato come quello della gestione dei rifiuti. Dai dati emerge che non c’è la raccolta differenziata e i rifiuti urbani vengono stoccati per più del 60% nella discarica di Pidhirtsi - una specie di Malagrotta ma a cielo aperto - che avrebbe dovuto chiudere il 1° ottobre di quest’anno ma a quanto pare è ancora in attività, continuando in maniera quasi indisturbata a inquinare il suolo e la falda, con tutti i rischi ambientali e sanitari che ne conseguono.
In realtà la Comunità europea sta cercando di far cambiare passo all’Ucraina sul fronte dei rifiuti attraverso gli accordi che accompagnano il processo di adesione dell’ex stato sovietico alla Ue, ma la strada è lunga e prevede quasi esclusivamente l’incenerimento per risolvere il problema entro il 2030.
In un quadro di questo genere la gestione dei rifiuti è un serio problema, che rischia di trasformarsi probabilmente nel secondo più grande disastro ambientale ucraino dopo Chernobyl, ma la popolazione non è ferma e impassibile. Qualcosa si muove nonostante l’immobilità della classe dirigente. Nelle scuole elementari di Kiev cominciano ad apparire timidi progetti sulla produzione di compost, addirittura un intero ‘Krusciov’ (in pratica una edificio popolare di cinque piani dell’era sovietica) ha deciso di farsi la raccolta differenziata per conto proprio e vendersi i materiali raccolti alle aziende interessate.
Ma c’è anche chi prova a fare di più ponendo le basi per una proto infrastruttura a servizio della raccolta differenziata cittadina, creando lavoro e proponendo campagne di sensibilizzazione per provare a fare la differenza e inserire la gestione sostenibile dei rifiuti all’interno dell’agenda civile e politica del Paese.
Abbiamo incontrato Eugenia Aratovska (fondatrice nel 2015 della Ong NoWaste Ukraine) nella “Recycling Station” alla periferia di Kiev, una struttura di 200 metri quadrati nella quale i cittadini portano i loro rifiuti differenziati. Sì, qui sono i cittadini che con propri mezzi portano i rifiuti. Addirittura una ragazza incontrata ha riferito che per arrivare alla “Recycling Station” alcune volte ci impiega anche due ore.
Qui i rifiuti vengono raccolti, selezionati a mano dagli operatori, suddivisi per materiale per poi essere pressati e rivenduti alle aziende che trasformeranno quanto raccolto in materie prime seconde. Il ricavato della vendita (assieme anche alle entrate provenienti dagli altri progetti della Ong - per quei pochi che non conoscono l’ucraino, e vogliono capirci qualcosa, utilizzate il servizio di traduzione pagine di Google, nda) serve non solo per far fronte alle spese dell’organizzazione (affitto locale, spese di gestione e amministrative ecc..), ma a garantire lavoro per dieci persone. L’ennesima riprova che la raccolta differenziata e più in generale l’economia circolare genera buona occupazione.
Dal maggio di quest’anno, da quando è stata inaugurata la nuova sede della “Recycling Station”, vengono recuperati e riciclati una media di 20 tonnellate di rifiuti al mese di cui il 30% è rappresentato da carta e cartone, 30% da materiali plastici, 30% da vetro, 4% metalli e la restante parte rifiuti che loro definiscono “pericolosi” (come pile, accumulatori, il variegato mondo delle lampadine e quelli che chiamiamo Raee).
Gli strumenti di lavoro della stazione di riciclo di NoWaste Ukraina sono semplici ma efficaci. Grandi tavoli per la separazione dei manuale dei materiali, enormi sacchi per contenere il materiale selezionato e un piccolo compattatore (probabilmente una pressa di qualche officina meccanica modificata per il bisogno) per pressare i rifiuti voluminosi e un vano per lo stoccaggio. Senza dimenticare il furgone utilizzato per trasportare i materiali da vendere.
Visitare una realtà come questa e vedere l’energia e la voglia di far bene il proprio lavoro fa ben sperare per un futuro sostenibile della città e per uno slancio di tutta l’Ucraina verso l’economia circolare. Durante la chiacchierata, Eugenia si è definita una “pazza” ma in realtà il termine corretto è visionaria.