Sacchetti dell'ortofrutta, si attende ancora il via libera del Ministero della Salute sulle retine riutilizzabili
Ciafani, Legambiente: "La Ministra Grillo non ha battuto un colpo su questo punto e sono già passati sette mesi da quando hanno preso in mano la situazione. Ci sono tante catene di supermercati già pronte con le retine da distribuire ai clienti, ma sono in attesa che il Ministero dica chiaramente che sono ammesse"
22 January, 2019
di Tiziana Giacalone
È passato un anno dall’entrata in vigore della norma che ha vietato l’uso dei sacchetti usa e getta in plastica tradizionale per il trasporto degli alimenti sfusi. La disposizione normativa, introdotta nel cosiddetto decreto Mezzogiorno, aveva recepito la direttiva comunitaria 2015/720 che obbliga gli stati a ridurre l’uso dei sacchetti di plastica potendo decidere le misure da adottare. Il legislatore italiano ha stabilito che i sacchetti per il cosiddetto ortofrutta devono essere biodegradabili e compostabili, con un contenuto minimo di materia rinnovabile di almeno il 40%, e rigorosamente a pagamento. Cosa che determinò molte polemiche.
Le attenzioni di molti consumatori ma anche di diversi addetti ai lavori si concentrarono più sul costo dei sacchetti (da 1 a 3 centesimi) che sulla riduzione della plastica e i benefici per l’ambiente. A tal punto che furono fatte delle stime in negativo sulle vendite di frutta e verdura sfuse a vantaggio dei prodotti preconfezionati e dunque in controtendenza con l’obiettivo comunitario di riduzione degli imballaggi in plastica tradizionale. Ma contrariamente alle previsioni, da una recente ricerca è emerso che “l’introduzione dei biosacchetti a pagamento non abbia affatto compromesso l’andamento del comparto, bensì che i 12 milioni di basso-acquirenti di prodotti ortofrutticoli siano già da tempo più orientati al peso imposto per motivi di praticità e risparmio”.
Rimane tuttavia ancora in piedi la questione sollevata dalle associazioni ambientaliste, che chiedevano la modifica della norma o l’intervento dei Ministeri competenti (Ambiente, Sanità e Sviluppo Economico) per dare la possibilità ai cittadini di portarsi i sacchetti riutilizzabili da casa, che siano retine o altri imballaggi. In questo modo si eviterebbe un uso smisurato di sacchetti che seppure compostabili, da conferire con l’organico, costituiscono comunque un rifiuto da gestire. Sulla vicenda il 4 aprile 2018 è arrivato il parere del Consiglio di Stato richiesto dal Ministero della Salute. I giudici di Palazzo Spada dopo avere precisato che “la necessaria onerosità dei sacchetti risponde alla finalità di sensibilizzazione del consumatore relativamente all’utilizzo della borsa in materiale plastico, in quanto materiale inquinante”, si erano espressi favorevolmente sulla possibilità per i clienti di portare da casa i sacchetti monouso, biocompostabili o di carta e altri contenitori. Ma proprio per “preservare l’integrità degli alimenti in vendita” si legge nel parere “sull’esercizio commerciale, grava l’obbligo di controllo su tutti i fattori potenzialmente pregiudizievoli per la sicurezza dei prodotti compravenduti all’interno del punto vendita, tra cui, evidentemente, anche eventuali sacchetti che il consumatore intende utilizzare”.
È dunque l’esercizio commerciale. che nel rispetto della normativa in tema di igiene e sicurezza alimentare, deve garantire l’integrità dei prodotti ceduti e “può vietare l’utilizzo di contenitori autonomamente reperiti dal consumatore solo se non conformi alla normativa di volta in volta applicabile per ciascuna tipologia di merce, o comunque in concreto non idonei a venire in contatto con gli alimenti”.
Insomma, all’atto pratico il Consiglio di Stato non è riuscito a dare il via libero al riutilizzabile e l’attesa circolare esplicativa del Ministero della Salute non è ancora arrivata. “L’appello che facciamo al Ministro Giulia Grillo è che dimostri il cambiamento rispetto all’inazione del Ministro precedente, Beatrice Lorenzin. E non lo sta facendo - ci dice Stefano Ciafani, presidente di Legambiente - Visto che dobbiamo combattere l’uso della plastica tradizionale e ridurre l’uso della plastica compostabile, dobbiamo dare la possibilità di utilizzare le retine. Questa decisione spetta al Ministro Grillo che non ha battuto un colpo su questo punto e sono già passati sette mesi da quando hanno preso in mano la situazione. Ci sono tante catene di supermercati già pronte con le retine da distribuire ai clienti, ma sono in attesa che il Ministero della salute si pronunci e dica chiaramente che sono ammesse".
“Chi non ha ancora emanato la circolare forse non c’è mai stato in un supermercato” aggiunge Ciafani, riferendosi alle condizioni igieniche non proprio ortodosse ai banconi dell’ortofrutta, dove c'è una continua manipolazione degli alimenti da parte dei clienti, il più delle volte sprovvisti di guanti: “Queste situazioni non favoriscono forse la presenza dei batteri? Eppure non mi pare che in Italia ci siano mai stati morti causate da questi gesti che vengono ignorati.”
Tra i primi ad essersi dotati di retine che i clienti possono acquistare presso il punto vendita e riusare più volte nello stesso negozio c’è il gruppo Ecor NaturaSì, mentre l’ultima iniziativa è quella dei supermercati Tosano, presenti in alcune regioni del Nord, soprattutto nel Veneto. “Dal primo gennaio 2019 oltre a mettere in vendita le nostre retine con il nostro logo, che i clienti possono usare solo nei nostri supermercati, risolvendo così il problema dovuto al calcolo della tara, abbiamo affidato all’addetto alla pesatura dei prodotti ortofrutticoli anche il compito di controllare lo stato delle retine portate dai clienti e se non fossero in buono stato può rifiutarle" (Massimo Tomanin Referente controllo qualità).