Smog, l’usura di pneumatici e freni inquina più dei gas di scarico
“L’usura soprattutto degli pneumatici e anche dei freni influisce addirittura per il 57% nella produzione delle polveri sottili” queste le conclusioni del Seminario Internazionale RespiraMi 3: Air Pollution and our Health
29 January, 2019
“Il tubo di scappamento degli autoveicoli incide per il 43% nella produzione delle polveri sottili, ma secondo alcune stime l’usura soprattutto degli pneumatici e anche dei freni influisce addirittura per il 57% - osserva Sergio Harari, co-presidente del Seminario e Direttore Unità Operativa di Pneumologia Ospedale San Giuseppe di Milano - Gli pneumatici sopportano il peso del veicolo e nell’attrito con l’asfalto si frantumano, producendo piccoli frammenti di gomma che poi di disperdono nell’aria e si depositano sulle strade, secondo il peso del particolato o il vento. Oggi sappiamo che il 60% di questa polvere microscopica che deriva dagli pneumatici può entrare nei polmoni, con effetti dannosi che solo di recente si sono iniziati a comprendere. Se calcoliamo che uno pneumatico perde circa il 20% del proprio peso otteniamo una quantità enorme di materiale disperso nell’ambiente”.
La fabbricazione della gomma per pneumatici coinvolge molti prodotti chimici tossici, dal benzene alla nafta, dai solventi clorati, fino a composti plastificanti, petrolio, acidi a cui si aggiungono metalli pesanti fra cui zinco, cadmio e piombo. Un mix ‘sporco’ di sostanze cancerogene e neurotossiche, che rendono il particolato inquinante presente nelle strade più trafficate particolarmente deleterio. “Nelle zone dove il traffico è intenso le polveri da pneumatici possono contribuire all’incremento degli attacchi di asma in bambini e anziani – aggiunge Pier Mannuccio Mannucci, co-presidente del Seminario, Professore Emerito di Medicina Interna, Università degli Studi di Milano – Inoltre la polvere degli pneumatici non solo può incrementare le allergie generiche ma essere causa anche di quelle specifiche, perché la gomma con cui sono prodotti deriva da una combinazione di lattice naturale e gomme sintetiche da derivati del petrolio: entrambi questi componenti possono indurre allergie e quella al lattice è particolarmente diffusa. La perdita della parte di battistrada dovuta al consumo, sotto forma di pulviscolo e microparticelle, si riversa sulle strade ed entra nei polmoni soprattutto dei bambini che, inalano più particelle degli adulti, in quanto camminano o vanno sui passeggini più a rasoterra. In questi casi sarebbe perciò preferibile l’utilizzo di zaini o marsupi. La polvere da pneumatico costituisce una particolare minaccia anche per gli anziani perché hanno polmoni già indeboliti dall’età e dalle malattie soprattutto se fumatori”.
“Purtroppo non è semplice misurare i tassi, il formato, la distribuzione e la composizione di questo inquinante poco conosciuto e largamente sottovalutato né esiste un rimedio a tale problema. Ma una proposta per ridurne l’impatto potrebbe essere lavare più spesso le strade per rendere più pulita anche l’aria che respiriamo” conclude Harari.
I numeri dello smog
- 9 milioni di morti premature ogni anno nel mondo, 790mila in Europa, 81mila in Italia, secondo gli studi epidemiologici del Global Burden of Disease e del World Health Organization;
- per ogni metro cubo d’aria, un aumento di 20 microgrammi di PM produce un aumento dell’1% delle morti da tutte le cause;
- 136 morti ogni 100mila abitanti ogni anno in Italia, meno rispetto a Germania (154) e Polonia (151), ma più che in Francia (105) e Regno Unito (98);
- 3 milioni di miliardi di dollari i costi da ‘aria cattiva’ per le malattie respiratorie;
- nel 2018 Viterbo capitale italiana dell’aria pulita, maglia nera a Brescia con 87 sforamenti, seguita da Torino e Lodi con 69, secondo i dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
Più bravi a scuola se si studia nel verde
Il verde fa bene alla mente e non solo perché è un colore rilassante: nuovi studi mostrano che scuole “green”, con alberi e piante nelle immediate vicinanze o anche nei cortili o nei corridoi, aiutano gli studenti ad avere voti migliori. L’aria inquinata infatti “soffoca” i polmoni ma pure il cervello, come spiegano gli esperti riuniti a Milano dal 24 al 26 gennaio per il Seminario Internazionale RespiraMi 3: Air Pollution and our Health organizzato dalla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dalla Fondazione Internazionale Menarini: lo smog peggiora le performance cerebrali e addirittura accelera il declino cognitivo correlato all’età, aumentando anche il rischio di Alzheimer. Vivere e studiare in ambienti verdi, dove alberi e piante ripuliscono naturalmente l’aria, è un ottimo “antidoto”: nelle scuole più green l’apprendimento migliora, fin dalla primaria, grazie a un miglioramento della memoria e delle capacità di attenzione.
“Un numero sempre maggiore di studi indica che lo smog, che ogni anno in Italia uccide prematuramente oltre 80.000 persone per colpa dei suoi effetti dannosi sull’apparato respiratorio e sul sistema cardiovascolare, è deleterio anche per la funzionalità cerebrale – osserva Sergio Harari, co-presidente del Seminario e Direttore Unità Operativa Pneumologia, Ospedale San Giuseppe di Milano – Un’ampia ricerca su circa 25.000 cinesi ha per esempio dimostrato che i livelli di esposizione all’inquinamento atmosferico correlano con le capacità in test matematici e di linguaggio: quanto più si è esposti allo smog, tanto più con l’andare degli anni peggiorano le abilità cognitive necessarie a svolgere i test, soprattutto negli uomini e in chi appartiene a fasce socioculturali svantaggiate. Altri dati confermano che lo smog si associa a un peggioramento delle capacità cognitive a ogni età, con un aumento del rischio di demenze e Alzheimer nei soggetti più anziani: l’associazione è particolarmente evidente con alcuni inquinanti derivanti dal traffico veicolare, come ossidi di azoto e particolato fine”.
I meccanismi precisi attraverso cui lo smog può diventare tossico sul sistema nervoso centrale non sono noti, ma sembra che possano essere coinvolti un incremento dell’infiammazione delle cellule immunitarie presenti soprattutto nei bronchi e nei polmoni che a loro volta innescano una reazione infiammatoria generalizzata e sistemica, nonché un’alterazione delle difese antiossidanti. I danni sono evidenti a ogni età e perfino se si è esposti allo smog durante il periodo fetale: una recente ricerca su oltre 700 bambini olandesi, seguiti dalla gestazione fino a dieci anni d’età, ha verificato che anche livelli di inquinamento inferiori alle soglie stabilite dall’Unione Europea (medie annuali di PM10: 40 microgrammi per mm3) comportano alterazioni nello sviluppo del cervello dei bimbi. La corteccia cerebrale risulta più sottile in alcune aree e questo sarebbe correlato a una maggiore impulsività e quindi a un maggior rischio di problemi come il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività. “Altrettanto dimostrati sono i rischi per le donne in gravidanza – commenta Harari - l’esposizione prolungata alle polveri sottili si associa ad una riduzione del peso alla nascita del neonato che, in proporzione, respira volumi d’aria doppi rispetto all’adulto, mentre elimina in modo meno efficiente le sostanze tossiche”.
“L’esposizione allo smog è dannosa sulle capacità cognitive, ma c’è un modo per proteggersi – interviene Pier Mannuccio Mannucci, co-presidente del Seminario e Professore Emerito di Medicina, Interna Università degli Studi di Milano – Il verde delle piante purifica l’aria delle nostre città intrappolando le polveri sottili, con un effetto positivo non soltanto per la salute cardiorespiratoria (non a caso infatti in città più verdi si vive più a lungo), ma anche per il cervello. Uno studio spagnolo su quasi 2600 bambini della scuola primaria ha dimostrato che gli spazi verdi nella scuola e nell’ambiente circostante aiutano l’apprendimento, portando a un miglioramento dello sviluppo cognitivo. Piante e alberi riducono l’inquinamento atmosferico e in parallelo nell’arco di un anno portano i ragazzini ad avere un miglioramento nelle capacità di memoria e di attenzione, a tutto vantaggio della performance scolastica. Tutto ciò dimostra che, se l’urbanizzazione che oggi riguarda il 55% della popolazione mondiale e raggiungerà nel 2050 il 75%, ha ridotto drammaticamente la qualità e la quantità delle aree verdi, è ormai necessaria un’inversione di rotta. Aumentare gli spazi verdi nelle città e soprattutto vicino alle scuole sarebbe certamente il miglior mezzo per proteggere il “capitale mentale” della popolazione. Tuttavia le piante vanno scelte con attenzione evitando quelle che possono avere effetti allergizzanti, che possono essere amplificare dall’inquinamento atmosferico, come ad esempio le graminacee. La capacità degli alberi di ripulire l’aria da particolati e ozono però dipende soprattutto dalla specie. Bisogna pertanto prevedere la scelta di determinate piante in determinate aree in base alle sostanze inquinanti presenti in quella zona. Anche negli ambienti chiusi è preferibile scegliere piante ‘anti-smog’ come ficus, benjamin ed edera più efficaci contro benzene e ammoniaca che sono le sostanze inquinanti maggiormente presenti in scuole, case e uffici”.