Spreco alimentare: Milano vuole ridurlo del 50% entro il 2030
Nel 2050, l’80% della popolazione mondiale vivrà nelle grandi città. Urgente ripensare urbanizzazione e sistemi alimentari
10 April, 2019
Alla Design Week di Milano, mentre vengono presentate nuove idee di design che contribuiranno a ripensare e migliorare le città in cui viviamo, Fondazione Barilla e Milan Urban Food Policy Pact (MUFPP) tornano a parlare di un altro aspetto centrale nell’attuale processo di urbanizzazione che ci sta coinvolgendo: il rapporto tra cibo e città. Nei grandi centri urbani, infatti, vive oggi oltre 50% della popolazione mondiale. Dato che nel 2050 si stima salirà all’80%. Una situazione che – alla luce delle 821 milioni di persone (+4,6% rispetto al 2017, fonte FAO) che nel mondo non accedono al cibo – vede affidato ai grandi centri abitati un ruolo di primo piano nel garantire l’accesso al cibo e la lotta allo spreco alimentare. Un quadro che impone un cambiamento dei grandi agglomerati cittadini che vada dal design delle nostre città ai sistemi alimentari che vengono adottati. Sono questi alcuni dei temi discussi oggi nel corso dell’incontro organizzato a Milano dal titolo “Cibo & Città: la grande trasformazione dei sistemi agro-alimentari parte dalle città”.
A conferma che il problema dei sistemi alimentari debba essere al centro del dibattito che riguarda le grandi città del mondo lo confermano i dati dello studio “Cibo e Città – Il ruolo delle città nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, realizzato da Fondazione Barilla, MUFPP e da esperti internazionali e responsabili delle varie municipalità. Alcuni esempi? A Sydney ci sono già oggi 17 mila persone (l’8,5% dell’intera popolazione) che non possono permettersi di acquistare cibo. A Seoul sono stati investiti oltre 2 miliardi e mezzo di dollari per garantire alle fasce più povere della popolazione pasti sani e bilanciati nelle mense delle scuole dell’obbligo. A Milano, invece, è lotta aperta allo spreco alimentare visto che abitudini di acquisto e consumo sbagliate delle famiglie contribuiscono per oltre il 40% alle eccedenze alimentari. “Con questo studio abbiamo analizzato come 7 grandi città nel mondo (New York, Rio de Janeiro, Milano, Ouagadougou, Tel Aviv, Seul e Sydney) stanno affrontando il loro rapporto col cibo, per favorire uno scambio di informazioni a livello globale. “Cibo e Città” vuole fornire a leader e responsabili politici, ma anche a professionisti delle imprese, della società civile e delle organizzazioni internazionali, raccomandazioni utili ad attuare il cambiamento necessario per trasformare il sistema alimentare. Le città devono assumere un ruolo centrale nell’orientare le abitudini di tutti: scambiandosi informazioni e best practice; coinvolgendo i cittadini nei processi decisionali; sviluppando benchmark per monitorare i progressi; creando e implementando soluzioni concrete per ridurre le emissioni di carbonio e aumentare la resilienza della comunità”, ha dichiarato Marta Antonelli, Responsabile del Programma di Ricerca della Fondazione Barilla.
Milano: ridurre lo spreco alimentare del 50% entro il 2030
A Milano è lotta allo spreco alimentare. La città punta a un suo abbattimento del 50% entro il 2030, visto che abitudini sbagliate di acquisto di cibo (e il relativo consumo) da parte delle famiglie contribuiscono per oltre il 40% alle eccedenze alimentari. Eccedenze che, se eliminate, permetterebbero a ciascuna famiglia di risparmiare circa 450 euro l’anno. Comune di Milano e Food Policy Office hanno, per questo, dato vita ad azioni in grado di coinvolgere tutti gli attori del cambiamento. Si è puntato ai privati, riducendo del 20% la tassazione per chi dona il cibo a enti benefici (anziché gettarlo via) e sono state recuperate, in appena sei mesi, 840 tonnellate di cibo. Se questo progetto dovesse continuare anche nel 2019, si stima che si arriverebbe a coinvolgere oltre 10mila aziende private con un impatto sulla cassa comunale di circa 1.8 milioni di euro. Si è puntato anche alle mense scolastiche, dove in 106 casi (su 418) è stato avviato un programma per ridistribuire oltre 140 tonnellate di frutta e pane durante la merenda. Il programma, dove attivo, ha coinvolto 17mila ragazzi in 779 classi e ha permesso di ridurre del 17% lo spreco alimentare nelle scuole. Un risultato eccezionale considerando che Milano fornisce circa 85 mila pasti al giorno per un totale di 17 milioni di pasti l’anno.
Tel Aviv – Yafo: una città che vuole essere 100% sostenibile
Tel Aviv è una perla rara nel campo della sostenibilità ambientale. Nel 2016 ha avviato il programma Bon Appetite, per trovare soluzioni utili a migliorare la salute dei suoi abitanti e promuovere la sostenibilità ambientale. Il progetto ha dato vita a una serie di best practices attuabili a livello globale, come l’iniziativa di agricoltura urbana realizzata sui tetti dei più grandi centri commerciali della città. A oggi sono 38 i tetti usati per creare veri e propri “orti”, coltivati sulla base della tecnologia idroponica, e dove erbe aromatiche e ortaggi sono a disposizione per i ristoranti che si trovano all’interno degli stabili interessati. Il Comune di Tel Aviv – Yafo ha anche istituito la “Green Label”, riconoscimento per le aziende green che hanno adottato soluzioni per migliorare la qualità dell’ambiente. Il riconoscimento è stato ottenuto già da 50 aziende che ogni anno permettono alla città di: risparmiare oltre 250mila dollari di corrente elettrica e di consumo di acqua, eliminare circa 2,5 milioni di prodotti monouso, limitare oltre 3700 consegne nelle ore più trafficate, ridurre di 25 tonnellate lo spreco alimentare e di 650 tonnellate le emissioni di gas serra.
Seoul: la città che guarda al futuro investendo sull’alimentazione dei giovani
Dal 2011 al 2016, la città di Seoul ha investito oltre 2,5 miliardi di dollari per il progetto Eco School, con lo scopo di fornire a tutti i 705mila studenti delle 940 scuole dell’obbligo della città – tra elementari e medie - cibo salutare e di qualità. Il progetto include oggi anche 115 licei. La città di Seoul è stata la prima a guardare alla salute e alla qualità della vita di tutta la popolazione intervenendo sulle mense scolastiche per abbattere le differenze economiche. Una azione rivolta alle famiglie a basso reddito che spesso non possono permettersi di accedere a cibo sano.
Sydney: quale soluzione per le 17 mila persone non hanno accesso al cibo
L'insicurezza alimentare nelle principali città australiane è in aumento e Sydney stima che l'8,5% dei suoi residenti (circa 17 mila persone) non può permettersi di acquistare cibo. Il Comune sta cercando di intervenire grazie a FoodLab Sydney, incubatore di imprese alimentari che mira a combattere proprio questo fenomeno. Sviluppato dall'Università di Sydney - Sydney Environment Institute (SEI) e dall'Università del New South Wales Canberra, il progetto è il primo del suo genere a muovere i passi nella città australiana e punta a: promuovere lo sviluppo di attività imprenditoriali basate sull'alimentazione; educare allo sviluppo di imprese sociali sostenibili; sviluppare una rete di imprese che favoriscano l’accesso a cibo sano e conveniente a tutti.
New York: la campagna di sensibilizzazione per la salute dei cittadini
Negli ultimi anni, la Grande Mela ha dato vita a un processo che ha portato a politiche alimentari innovative per migliorare la salute dei suoi abitanti, ridurre l'insicurezza alimentare, aumentare l'accesso a cibo sano a prezzi accessibili e proteggere l'ambiente. L’intervento più significativo è stato fatto guardando ai ristoranti come punto principale del cambiamento. Per tutelare la salute dei Newyorkesi sono stati vietati gli acidi grassi trans e sono stati studiati menù che mostrassero le calorie di ciascuna portata, per permettere di effettuare la scelta più in linea con la propria salute. Più in generale, sono state previste etichette di avvertimento obbligatorie nei prodotti che hanno elevati livelli di sodio e sono stati adottati standard nutrizionali alimentari bilanciati per i cibi acquistati nei luoghi pubblici.
Rio de Janeiro: la città dalla doppia anima
La città carioca dovrà affrontare una grandissima sfida: gestire la crescita economica e demografica guardando alla sostenibilità e alla tutela del proprio territorio. Rio infatti è una città incredibilmente attiva che è riuscita a integrare il paesaggio naturale che la circonda con il settore agricolo. Tuttavia la città sta ancora muovendo i primi passi in questa direzione, come dimostra il fatto che solo il 33% di tutti gli agricoltori sia effettivamente in possesso dell’autorizzazione necessaria per coltivare, rilasciata proprio dalle istituzioni. In quest’ottica, la città dovrà lavorare sulle strutture di governance per incoraggiare l’economia e la crescita di una vera e propria cultura di cibo sostenibile, sano e inclusivo in grado di coinvolgere tutti i cittadini.
Ouagadougou: 71 bacini acquiferi per sfamare la popolazione
Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha incrementato negli ultimi anni la produzione delle verdure locali per sfamare la sempre più crescente popolazione (passata da 1.13 milioni nel 2000 ai 2.55 milioni nel 2015). La richiesta di questi alimenti è aumentata, rendendo necessaria l’ideazione di uno spazio agricolo all’interno della città e dei suoi sobborghi. Non a caso, sono stati creati 71 bacini acquiferi per un equivalente di 3700 ettari. Di questi, il più virtuoso è quello del distretto di Loumbila in cui i contadini locali si sono auto organizzati in gruppi per ottimizzare gli investimenti e avere visibilità davanti agli stakeholders interessati a supportare iniziative agricole internazionali. In questo modo, il progetto ortofrutticolo del dipartimento di Loumbila è diventato parte di alcuni programmi di cooperazione internazionali che hanno coinvolto anche diverse organizzazioni no profit italiane finanziate dall’Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio (ACRI).