Superare gli inceneritori
Per una strategia nazionale di gestione dei rifiuti in accordo con le nuove disposizioni della Direttiva europea sull’economia circolare
05 May, 2019
In Italia le mutiutilities hanno proposto la realizzazione di 24 nuovi inceneritori per superare le criticità della gestione dei rifiuti, ma un inceneritore anche se con recupero energetico non chiude il cerchio bensì interrompe la circolarità del recupero di materia.
Di seguito proponiamo il contributo della dott.ssa Margherita Bologna (ex giornalista scientifica e autrice progetto Riciclo Totale) che spiega quale sia la via migliore per una vera economia circolare.
In un paese come l’Italia, povero di materie prime, lo sviluppo dell’economia circolare
va declinato mettendo in atto soluzioni ed interventi che consentono di realizzare il pieno rispetto del principio gerarchico che regola la gestione dei rifiuti sia per ridurre il consumo di risorse che per salvare quel che rimane del nostro disastrato e bistrattato ambiente.
Chi propone ancora un “sistema integrato” per la gestione dei rifiuti con l’intento di validarlo all’interno di un modello di economia non più lineare bensì circolare, rivela di non avere colto la grande opportunità del cambio di paradigma offerto dal modello di economia circolare che deve necessariamente cominciare dalla progettazione dei beni immessi al consumo.
Nel recepimento della direttiva europea il legislatore dovrà pertanto adottare e sviluppare tutti gli strumenti economici necessari per la sua implementazione vincolando il produttore a criteri ben precisi riguardanti la riciclabilità dei prodotti immessi al consumo, considerando l’impatto generato sia nella produzione che durante tutto il ciclo di vita. Il principio della responsabilità estesa del produttore dovrà essere applicato anche a quei beni che oggi sono esclusi dalla distinzione tra imballaggi e non imballaggi in base alla quale opera Conai, distinzione frutto di una convenzione inadeguata per gestire la totalità delle merci. La conseguenza di ciò è che tanti materiali riciclabili finiscono bruciati negli inceneritori.
Il disaccoppiamento tra la crescita della produzione e la riduzione dei rifiuti non si realizzerà finché non ci doteremo di strumenti appropriati per governare il cambiamento e gli incentivi previsti non saranno spostati verso i livelli superiori della scala gerarchica sopprimendo le sovvenzioni in contrasto con la gerarchia dei rifiuti. Gli strumenti per chiudere il cerchio sono la tassazione delle discariche, dell’incenerimento e misure tecniche e fiscali finalizzate a sostenere lo sviluppo del mercato dei prodotti riciclati. Vogliamo cominciare ad applicare queste indicazioni?
Imitare i paesi Nord come la Germania può andare bene se li imitiamo innanzitutto nella costruzione di impianti di trattamento meccanico biologico (tmb) che da noi si limitano a praticare una selezione sommaria e grossolana funzionale all’incenerimento o alla discarica mentre da loro sono implementati per selezionare al massimo le componenti del rifiuto indifferenziato.
La soluzione dell’incenerimento proposta dalle multiutilities a chiusura del ciclo, trascura altre soluzioni più idonee al recupero di materia e più in linea con la Direttiva europea sull’economia circolare offerte proprio dai tanto bistrattati tmb.
Basterebbe aggiungere una macchina ai tradizionali impianti di trattamento meccanico biologico esistenti, che gli esperti vicini alle multiutilities hanno bollato come poco efficienti, per migliorare subito il rapporto tra l’energia consumata e la materia prodotta. È sufficiente separare ulteriormente la frazione organica del sottovaglio dalla frazione secca per consentire il recupero di entrambe. L’organico è destinato alla digestione anaerobica e la frazione secca è recuperabile con le tecnologie che trattano le plastiche miste di scarto. Perché, checché ne dicano i negazionisti sostenitori dell’incenerimento, le tecnologie per riciclare le plastiche miste di scarto ci sono ed hanno sviluppato conoscenze sufficienti per riciclare tutti i polimeri inclusi i poliaccoppiati mediante l’inserimento in specifici compound. Va solo sviluppato il mercato. Per far decollare il settore creando un mercato diffuso gli operatori del settore esprimono le seguenti richieste:
a) emanazione del Decreto attuativo sul credito di imposta del 36% per le aziende che acquistano imballaggi riciclati e riduzione dell’IVA dal 22% al 10%.
b) istituzione di un casellario delle aziende che producono manufatti in plastica riciclata al quale i comuni devono fare riferimento chiedendo i preventivi a tutte le aziende del settore.
c) fare chiarezza sulla necessità o meno di imporre un ulteriore contributo sugli imballaggi riciclati immessi al consumo che in molti casi li rende meno competitivi. Il contributo Conai non dovrebbe essere una tassa finalizzata innanzitutto a responsabilizzare il produttore circa la riciclabilità a fine vita del prodotto immesso sul mercato?
Certamente la Germania va imitata quando sovvenziona il riciclo delle plastiche miste postconsumo ed una grande multinazionale di origine tedesca come la Hahn, dalla quale parecchie ditte italiane acquistano i materiali estrusi, ha potuto trarne beneficio imponendo i suoi prodotti anche da noi.
Chi evidenzia la necessità di dover gestire l’intero ciclo dei rifiuti che comprende non solo gli urbani e gli assimilati ma anche i rifiuti pericolosi non sa (o non vuol sapere?) che per trattare questa tipologia di rifiuti esistono tecnologie maggiormente efficienti che generano energia sotto forma di idrogeno ma senza produrre emissioni. “Ah, ma i termovalorizzatori non sono semplici inceneritori perché producono energia” si obietta, senza considerare che l’energia prodotta con l’incenerimento ha un costo equivalente all’energia necessaria per riprodurre con materie prime i materiali in plastica bruciati.
Inoltre le emissioni di CO2 prodotte dall’incenerimento sono superiori a quelle derivanti dal riciclo dei vari materiali. Per quanto riguarda la plastica, i processi di rigenerazione consentono un’immissione nell’ambiente di circa un decimo di CO2 rispetto ai processi complessivi di produzione dei polimeri vergini.Concludendo:
in una prospettiva di sviluppo di una economia circolare gli
inceneritori con recupero energetico non costituiscono in nessun modo
la chiusura del ciclo ma piuttosto l’interruzione della circolarità
del processo di recupero di materia
che dovrebbe imitare i processi di circolarità della natura sia
attraverso il riciclo dei materiali ma anche attraverso la simbiosi
industriale dove lo scarto diventa input per un nuovo processo
produttivo.
Tra l’altro nel paese del sole la produzione di energia bruciando risorse non rinnovabili è una diseconomia evidente, dal momento che le tecnologie del solare offrono la possibilità di una produzione decentrata (e per di più democratica) dell’energia e risparmi evidenti per la nostra bilancia dei pagamenti.
Le nuove tecnologie TMB esistenti oggi sul mercato sono in grado di gestire i rifiuti indifferenziati evitando l’incenerimento ed inviando in discarica circa il 10% degli scarti. Non sarebbe il caso di togliere gli incentivi a una tecnologia industriale ormai superata per lasciare spazio ad altre tecnologie maggiormente performanti sotto tutti i punti di vista?