"End of waste, l’emendamento rischia di diventare una legge incostituzionale" - Amendola sul Fatto Quotidiano
L'ex magistrato Gianfranco Amendola, esperto di normativa ambientale, lancia l’allarme sul provvedimento del governo sul proprio blog del Fatto Quotidiano
14 October, 2019
Tanta fatica per arrivarci e adesso l’emendamento End of Waste rischia di rivelarsi incostituzionale. L’allarme arriva da un super esperto del settore, l'ex magistrato Gianfranco Amendola che si è occupato per anni di normativa ambientale. Sul proprio blog sul Fatto Quotidiano Amendola ricostruisce sinteticamente tutte le ultime tappe legislative della lunga vicenda e sull’ultimo provvedimento del governo scrive: “lo Stato viene messo da parte con ruolo solo secondario e nominale per eventuali controlli a campione nell’ambito di un complicato e lungo iter burocratico. E si delega tutto nuovamente alle regioni. Ignorando totalmente il dettato costituzionale, giustamente richiamato dal Consiglio di Stato, secondo cui la competenza per la tutela ambientale in tema di rifiuti spetta solo allo Stato”.
Riportiamo i passaggi principali dell'articolo: “La Ue prevede alcune condizioni in base alle quali decretare la fine-rifiuto, ma ne demanda l’applicazione o a regolamenti comunitari o, in loro assenza, ad atti degli Stati membri – spiega - L’Italia sin dal 2010 ha stabilito che, in assenza di regolamenti comunitari di esecuzione, dovessero essere emanati dal Ministero dell’Ambiente appositi decreti applicativi per singole e specifiche categorie di rifiuti; e che in loro attesa fossero utilizzati alcuni vecchi decreti ministeriali emanati a proposito del recupero semplificato di rifiuti. Ma il Ministero se ne è dimenticato…
invece di fare il suo dovere e affrettarsi a fare i decreti che gli competevano, nel 2016 si è inventato una bella circolare per dire che su Eow decidono le regioni e non lo Stato; di modo che, in assenza di criteri nazionali, ogni regione può decidere sue condizioni e suoi criteri per decretare la cessazione di un rifiuto. Ovviamente con il rischio di gravi pericoli per l’ambiente e di notevoli distorsioni economiche”.
“Il Veneto, tuttavia, aveva ritenuto (giustamente) che la legge valesse più di una circolare, ma il Tar veneto gli diede torto. Si arrivava così al Consiglio di Stato che nel febbraio 2018 con una bella sentenza annullava il Tar… È del tutto evidente che, laddove si consentisse a ogni singola Regione, di definire, in assenza di normativa Ue, cosa è da intendersi o meno come rifiuto, ne risulterebbe vulnerata la ripartizione costituzionale delle competenze tra Stato e Regioni…”
“Riscoppiava il panico. Ci riprovava, a giugno 2019, con un articolo del cosiddetto decreto sblocca cantieri che in realtà non diceva niente di nuovo e aumentava la confusione. Tanto che lo stesso ministro Sergio Costa, di fronte alla Commissione ecomafia, il 12 settembre 2019 riconosceva che questa modifica “non può ritenersi risolutiva di tutte le esigenze del settore”.
“E così arriviamo ai giorni nostri quando, in commissione ambiente, si è raggiunto, con ampia condivisione, un compromesso per cui, in assenza di regolamentazione generale della Ue o dello Stato, possono decidere le Regioni rifacendosi ai criteri comunitari. Lo Stato ha un potere di controllo, a campione, su queste autorizzazioni regionali che devono comunque essere pubblicate in un apposito archivio.
Insomma, lo Stato viene messo da parte con ruolo solo secondario e nominale per eventuali controlli a campione nell’ambito di un complicato e lungo iter burocratico. E si delega tutto nuovamente alle regioni. Ignorando totalmente il dettato costituzionale, giustamente richiamato dal Consiglio di Stato, secondo cui la competenza per la tutela ambientale in tema di rifiuti spetta solo allo Stato”.