Plastic tax. La maggioranza dei cittadini è favorevole. Corepla: ‘A rischio fino a 20 mila posti di lavoro’
Ad Agorà, il programma mattutino di approfondimento di Rai 3, va in scena un talk sulla plastic tax. Se in un sondaggio la maggioranza dei cittadini è favorevole rimangono aperte molte questioni, prima fra tutte i posti di lavoro
21 October, 2019
Ad Agorà, il programma mattutino di approfondimento di Rai 3, va in scena un talk sulla plastic tax. La misura era stata ampiamente annunciata e adesso arriva la conferma nero su bianco nel Documento programmatico di bilancio 2020 che il governo ha inviato all'Unione Europea: dal primo giugno 2020 l'esecutivo introdurrà una tassa di un euro per ogni chilo di imballaggi in plastica. Si tratta di un'aliquota cinque volte maggiore rispetto a quanto anticipato nelle indiscrezioni dei giorni scorsi, quando si parlava di 20 centesimi a chilo. Raggiunto da Eco dalle Città, l’ufficio stampa dell’onorevole Castelli ha confermato la novità e i numeri del provvedimento: un euro per ogni chilogrammo di plastica per un miliardo di gettito in sei mesi. “Noi ci crediamo, non è una punizione per l’industria del settore - ha aggiunto il vice ministro - considerando che c’è il superammortamento per la sostituzione dei vecchi macchinari che funziona in questo senso e quindi è coerente con Industria 4.0”.
Durante la trasmissione l’Onorevole Muroni ha detto che condivide il principio ma ritiene “che sia il metodo più sbagliato per realizzarla. È importante usare la leva fiscale per cambiare i consumi e orientare il mercato e la produzione ma questo tipo di tassa va studiato con tutti gli operatori del settore”.
Per Antonello Ciotti (Presidente di Corepla) il problema è che con questa tassa “sono a rischio dai 10 ai 20 mila posti di lavoro. Questa tassa non va a vantaggio dell’ambiente perché l’economia circolare parte dal cittadino e consumatore che deve fare la raccolta differenziata e dalle industrie che devono immettere materiali facilmente riciclabili. Questa tassa colpisce tutti, il cittadino non viene spinto a raccogliere di più e meglio mentre le aziende non sono spinte a introdurre nuovi prodotti.