End of Waste, Pipere: 'L'emendamento è un passo in avanti ma può essere migliorato'
Eco dalle Città ha intervistato Paolo Pipere, docente e divulgatore tra i massimi esperti in materia di diritto ambientale, secondo il quale l’emendamento “End of waste” al decreto “Crisi aziendali” può essere migliorato nella fase di conversione in legge
22 October, 2019
di Tiziana Giacalone
Con l’approvazione in commissione al Senato dell’emendamento “End of waste” che consente alle regioni di rilasciare le autorizzazioni con cui i rifiuti cessano di essere tali e possono essere utilizzati nei processi produttivi, si riuscirà finalmente a far decollare l’economia circolare? Oppure ci saranno dei problemi come alcuni stanno ipotizzando? Ne abbiamo parlato con Paolo Pipere, consulente in diritto ambientale e tra i massimi esperti in materia.
Dott.
Pipere con l'emendamento “end of waste” spariranno definitivamente gli ostacoli alla
circular economy?
Sia l’approvazione della legge di delegazione europea sia l’accordo tra i partiti di maggioranza sull’emendamento per sbloccare gli impianti di recupero dei rifiuti costituiscono importanti passi in avanti. Mentre la legge delega consente alle regioni e alle province di autorizzare, in assenza di regolamenti europei o di decreti nazionali, “caso per caso” gli impianti che trasformano i rifiuti in prodotti, l’emendamento al decreto “Crisi aziendali”, invece, se inserito in un decreto-legge consentirebbe anche agli impianti di recupero dotati di autorizzazione ordinaria o di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) di continuare ad operare usando tecnologie più avanzate rispetto a quelle esistenti quando furono emanati i decreti del 1998 e del 2002.
Un
decreto-legge per superare i limiti dello “sblocca cantieri” del
giugno scorso quindi e colmare un vuoto normativo presente ormai da troppi
anni.
Lo sblocca cantieri ha paradossalmente colpito gli impianti che sono stati autorizzati dopo un’approfondita istruttoria condotta da molti organi della pubblica amministrazione e quelli che trattano tipologie di rifiuti per i quali sono stati fissati obiettivi inderogabili di riciclo e recupero. Il recupero di un frigorifero o di un condizionatore e la preparazione per il riutilizzo di un imballaggio industriale che ha contenuto una sostanza pericolosa sono diventati impossibili. Il ricorso a un decreto-legge è giustificato dall’emergenza che sta colpendo gli impianti di recupero soprattutto in alcune zone, come la provincia di Brescia, in cui si minaccia la revoca delle autorizzazioni.
L’emendamento preoccupa alcune aziende soprattutto per il controllo a campione attribuito allo Stato e per il ruolo di regioni e province che non avrebbero sempre competenze adeguate per il rilascio delle autorizzazioni. Cosa ne pensa?
La
proposta di emendamento introduce nuove procedure di controllo che
centralizzano e rendono molto complesse le verifiche. Deve essere
ricordato, però, che le autorità
competenti,
ovvero regioni, province e agenzie regionali per la protezione
dell’ambiente, sono già tenute per legge a pianificare e
realizzare controlli periodici su tutti gli impianti di trattamento
di rifiuti. La conoscenza del territorio è un elemento decisivo per
garantire l’efficacia delle verifiche. I problemi fondamentali sono
più che altro costituiti dalla dotazione di personale e dalla
formazione continua dei funzionari, non certo dall’assenza di norme
che prevedono controlli.
I
controlli aggiuntivi potrebbero rallentare le filiere virtuose?
Si
allungherebbero i tempi mentre un sistema di controllo esiste già.
Bisogna invece creare un contesto più favorevole per l'economia
circolare, l’impiego dei rifiuti in sostituzione delle risorse
naturali non rinnovabili deve essere concretamente realizzato.
L’economia circolare non deve restare solo un argomento da
dibattere nei convegni.
Meglio
un solo decreto “End of waste” oppure un sistema “caso per
caso”?
L’idea
che sia necessario disciplinare con una moltitudine di decreti il
recupero di ogni tipologia di rifiuto si è dimostrata fallimentare.
Dal
2008 a oggi nell’unione europea sono stati emanati solo tre
regolamenti sull’End of waste – non si è arrivati a un accordo
neppure sulla carta o sulla plastica - e anche in Italia i decreti
sulla cessazione della qualifica di rifiuto sono solo tre. La
modifica della direttiva quadro sui rifiuti prende atto
dell’insuccesso di questa strategia e consente alle autorità
competenti di ogni Stato di valutare l’effettiva capacità del
singolo impianto di trasformare i rifiuti in prodotti. Cogliamo
questa opportunità: se il trattamento di recupero del rifiuto genera
un prodotto in tutto e per tutto rispondente alle norme che
disciplinano l’immissione sul mercato di quel tipo di bene
l’obiettivo è stato raggiunto. Non servono disposizioni che
disciplinino esclusivamente le caratteristiche dei fogli di carta
riciclata, sono più che sufficienti le norme che individuano le
caratteristiche minime che ogni foglio di carta deve avere per poter
essere immesso sul mercato.
Qual
è dunque la soluzione?
La
soluzione per uscirne secondo me è una sola. Il Ministero
dell’Ambiente deve emanare una norma per dire in modo chiaro alle
regioni e alle province che rilasciano le autorizzazioni di
verificare che il prodotto ottenuto a seguito del trattamento di
recupero sia rispondente a norme cogenti, norme tecniche richiamate
dalle cogenti, che dicono nel dettaglio quali caratteristiche deve
avere un prodotto. Se queste norme non ci fossero allora si farà
riferimento alle norme di settore. Per esempio la carta da macero ha
la sua norma di settore con 30 diverse qualità di macero. Se quello
che si ottiene alla fine del trattamento non ha le qualità indicate
parliamo ancora di rifiuto e non di prodotto. Male che vada si
potrebbe anche pensare di ricorrere agli usi commerciali raccolti
dalle Camere di commercio insieme ai listini dei prezzi all’ingrosso
dei materiali. Milano ad esempio ha più di 3 mila quotazioni e più
di 300 riguardano materiali che sono ottenuti dal recupero di rifiuti
o da sottoprodotti.
In
conclusione possiamo dire che l’emendamento è un buon punto di
partenza da migliorare?
Ribadisco
che sia la legge delega sia la proposta di emendamento al decreto
“Crisi aziendali” sono da considerare passi avanti decisivi che
consentiranno di superare la grave situazione che si è creata. Nel
caso in cui l’emendamento sia inserito in un decreto-legge ci sarà
il tempo di migliorarlo in fase di conversione in legge.