FISE Assoambiente: le emergenze rifiuti di Lazio, Campania e Sicilia tra carenza di adeguati impianti di riciclo e recupero energetico, turismo dei rifiuti e diseconomie
Pubblichiamo l'analisi di FISE Assoambiente presentata in occasione di Ecomondo 2019
06 November, 2019
“Carenza di un’adeguata impiantistica per il riciclo dei rifiuti, assenza di valorizzazione energetica per quanto non riciclabile, turismo dei rifiuti verso altre Regioni, affidamento eccessivo allo smaltimento in discarica. Le conseguenze? Costi di gestione alle stelle, inefficienze e inquinamento determinato dal continuo trasporto dei rifiuti. Tutto in barba alla circular economy e con l’emergenza alle porte”.
Sono queste i principali risultati dell’analisi “Le emergenze rifiuti in Lazio, Campania e Sicilia” illustrata da FISE ASSOAMBIENTE - l’Associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali, nonché bonifiche - nel corso dell’appuntamento annuale ad Ecomondo (la fiera ambientale in programma dal 5 all’8 novembre a Rimini).
Partendo dagli ultimi dati ISPRA e dal Report FISE Assoambiente nel “Per una strategia nazionale dei rifiuti”, l’Associazione ha esaminato i contesti specifici relativi a Lazio, Campania e Sicilia: regioni che restano sull’orlo dell’emergenza ambientale, caratterizzate da un’endemica incapacità da parte dei governi locali di pianificazione di una corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti.
La gestione della frazione organica, in media oltre il 40% delle differenziate di queste Regioni, viene spesso affidata ad impianti di altre Regioni per l’incapacità di gestirla sul territorio. Dove presenti, gli impianti collocati in Regione utilizzano processi tradizionali che danno vita principalmente a compost e ammendanti vari; l’utilizzo di tecnologie più innovative per la produzione di biogas, biometano e recupero energetico è residuale.
I rifiuti non differenziati (in media oltre la metà) vengono gestiti preliminarmente da impianti di trattamento meccanico-biologico tradizionali, quasi esclusivamente come tappa intermedia verso lo smaltimento in discarica o l’incenerimento e non come elemento dell’economia circolare. Scarsi, infatti, sono i quantitativi di carta, plastica, vetro e materiali ferrosi recuperati in queste strutture e successivamente avviati a riciclo.
Lazio: vince il turismo dei rifiuti
L’assenza di un’adeguata e moderna impiantistica di riciclo, recupero energetico e smaltimento appare particolarmente evidente nel Lazio, la Regione che più di altre alimenta il fenomeno del turismo dei rifiuti verso le altre Regioni. Nel Lazio mediamente ogni abitante produce 502 chilogrammi di rifiuti l’anno. Di questi quasi il 46% (circa 230 kg/ab/anno) viene raccolto in modo differenziato. La frazione organica rappresenta circa il 40% della differenziata con 532.659 tonnellate. Quasi i 2/3 (il 64%) dell’“umido” raccolto nei cassonetti viene inviato fuori Regione per il successivo trattamento, a causa della carenza di adeguati impianti sul territorio. Solo il 36% viene sottoposto nel Lazio a processi che danno vita a compost e ammendanti vari.
I rifiuti raccolti in modo indifferenziato, il 54%, vengono avviati a impianti trattamento meccanico-biologico, ma solo come passaggio preliminare alla discarica (circa 41% dell’indifferenziato) e incenerimento fuori Regione (36,5%), diretti soprattutto verso Lombardia, Molise, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia. Dalla somma di questi due ultimi dati emerge che circa il 77% dei rifiuti provenienti da TMB viene smaltito o incenerito, senza alcuna valorizzazione dei beni nel recupero di materia.
Solo l’11% dei rifiuti raccolti nel Lazio viene avviato a incenerimento, il 18% del totale prodotto viene smaltito nelle discariche presenti sul territorio o in altre Regioni d’Italia (Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo e Puglia). Nei prossimi 6 mesi la capacità residua delle discariche laziali sarà terminata, accentuando ulteriormente lo stato di emergenza. Di fatto la Regione non pianifica impianti sul proprio territorio, ma affida i propri rifiuti a impianti di riciclo, valorizzazione energetica e discarica di altre Regioni, con evidenti diseconomie e forte impatto ambientale.
Sicilia: record di discarica e impianti di riciclo e recupero
La gestione dei rifiuti in Sicilia (457,5 kg/ab/anno) è condizionata dalla percentuale record di conferimento in discarica (73%): circa 1,7 milioni rispetto al totale gestito di 2,3 milioni. Solo il 22% viene raccolto in modo differenziato, dato più basso a livello nazionale.
In considerazione dei limitati quantitativi di frazione organica raccolta separatamente, il 76% di questi rifiuti viene trattato da impianti di compostaggio a tecnologia non complessa presenti sul territorio che li trasformano in ammendanti vari.
Anche qui il passaggio negli impianti di trattamento meccanico-biologico è propedeutico, addirittura per il 96% dei quantitativi, al successivo conferimento in discarica, il recupero di materia resta un’ipotesi residuale. La voce incenerimento non è presa in considerazione per la gestione dei rifiuti nell’isola.
La Regione sembra puntare quasi esclusivamente sul fattore discarica, ricorrendo a periodici ampliamenti delle volumetrie autorizzate. Ma fino a quando sarà possibile?
Campania: sull’orlo dell’emergenza. Raccolta ok, ma con poco riciclo.
La sospensione dell’emergenza rifiuti in Campania (439,5 kg/ab prodotti ogni anno), uscita dalla fase più critica qualche anno fa anche grazie alla realizzazione di un termovalorizzatore di dimensioni medio-grandi ad Acerra, appare solo momentanea e decisamente fragile.
La raccolta differenziata negli anni è cresciuta gradualmente, arrivando al 53%, ma l’assenza di un efficiente sistema di riciclo a valle delle raccolte è ben palesata dall’export dell’88,5% dei quantitativi di frazione organica (50% delle raccolte differenziate) verso altre Regioni d’Italia.
La quasi totalità dei rifiuti indifferenziati passa dagli impianti di trattamento meccanico-biologico per poi essere incenerito (nel 73% dei quantitativi) o finire in discarica (ca. 6%). Solo il 4% dei quantitativi trattati nei TMB viene avviato a riciclo.
Il termovalorizzatore di Acerra tratta circa il 70% dei rifiuti inceneriti al Sud.
Il calo dello smaltimento in discarica registrato in Campania (6% complessivo) negli ultimi anni è dovuto, più che a un reale crescita dell’opzione riciclo, a una carenza impiantisca nella Regione che determina l’invio verso impianti di smaltimento localizzati in altre regioni. Nei prossimi due mesi le capacità residue delle discariche sul territorio campano saranno esaurite.
“Lazio, Campania e Sicilia”, ha evidenziato il Presidente di FISE Assoambiente – Chicco Testa, commentando i risultati dell’analisi, “scontano l’assenza di una strategia di gestione dei rifiuti in grado di fornire una visione nel medio-lungo periodo. Fare economia circolare significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti (riciclo, recupero energetico e smaltimento) con capacità e dimensioni adeguate alla domanda e non limitarsi a delegare ad altre Regioni. Se vogliamo concretamente realizzare la circular economy è necessario superare da un lato l’approccio pregiudiziale verso la realizzazione di qualsiasi tipo di impianto di gestione rifiuti e dall’altro la diffidenza nei confronti dell’uso di prodotti derivati dal recupero degli stessi che ancora oggi vincola in molti casi la domanda”.