Stati generali della carta da macero: 'In crisi uno dei principali cardini dell’economia circolare italiana'
Si sono svolti il 22 gennaio a Bologna gli Stati generali della carta da macero organizzati da Unirima, Unione Nazionale Imprese Recupero e Riciclo Maceri. On line la nota stampa
23 January, 2020
Il
settore del riciclo della carta è in crisi. Tra mercati saturi,
esportazioni bloccate e carenza impiantistica (cartiere), il comparto
rischia la paralisi completa. In
Italia ogni anno si producono circa 6,6 milioni di tonnellate di
carta da macero,
oltre la metà di tale materia prima secondaria proviene dalle
raccolte differenziate di carta e cartone delle attività
commerciali, artigianali ed industriali, sono quindi rifiuti
speciali, mentre il resto, pari a circa 3,5 milioni di tonnellate,
proviene dai rifiuti urbani. Una parte della carta da macero prodotta
è destinata alle cartiere italiane (circa 4,8 milioni di tonnellate)
mentre il resto viene esportato. Da circa 15
anni,
dunque, il
nostro Paese è un esportatore netto di
quei quantitativi di carta da macero che nel sistema economico
nazionale rappresentano un “surplus” rispetto al fabbisogno
interno delle cartiere.
Negli
ultimi anni abbiamo assistito a un notevole incremento delle quantità
di carta proveniente dalle raccolte differenziate (sia “speciali”
che “urbani”), in linea con i target delle direttive europee, a
cui non ha fatto seguito un pari incremento della capacità delle
cartiere nazionali. Questo
surplus, arrivato a circa 1,9 milioni di tonnellate nel 2018,
è stato finora assorbito
principalmente dalla Cina
e da altri paesi asiatici. Ma il
blocco delle importazioni da
parte del governo cinese, connesso anche la guerra con gli Stati
Uniti nonché all’incremento del loro sistema interno di raccolta,
hanno di fatto portato al calo
drastico delle nostre esportazioni di carta da macero.
Basti pensare che, se negli anni 2015 e 2016 venivano esportate in
Cina oltre un milione di tonnellate di carta da macero, nel 2019 le
esportazioni sono scese sotto le 250.000 tonnellate. Inoltre, gran
parte del materiale americano che veniva utilizzato nel mercato
cinese, è stato dirottato su altri mercati causandone la completa
saturazione.
La
crisi del settore,
però,
interessa non
solo l’Italia
ma tutta l’Europa
che ha un surplus di produzione di carta da macero rispetto alla
capacità delle cartiere europee pari a circa 8 milioni di
tonnellate. «Tutte
le criticità segnalate
– dichiara Fabio
Montinaro, componente Consiglio Direttivo di Unirima
- sono ancor più gravi se contestualizzate nei territori del
mezzogiorno e delle isole, dove, a fronte di incrementi sempre più
importanti nelle percentuali di raccolta differenziata, non sempre
corrispondono livelli di qualità accettabili. A ciò si aggiunga la
cronica penuria infrastrutturale e la maggiore distanza dai mercati
di riferimento del settore rispetto al centro-nord».
L’assenza di uno sbocco sul mercato per la carta da macero ha causato un crollo netto dei prezzi, nel 2019 molte tipologie di carta da macero non trovano più una negoziazione o la trovano a valori residuali. Nel caso del cartone, ad esempio, il prezzo da gennaio a dicembre 2019 è sceso dell’88%, toccando il minimo da sempre.
Inoltre
il Contributo Ambientale Conai (CAC), che nel 2014 era sceso a 4,00 €
a tonnellata ed è rimasto tale fino al 2017, a causa di tale
situazione dal 1 gennaio 2020 è passato a 35,00 € a tonnellata con
un incremento del 40% rispetto al 2019 e del 250% rispetto al 2018.
«La
filiera della carta
– commenta il Vicepresidente
di Unirima Pio Savoriti
– e nello
specifico la nostra attività di raccolta e recupero, sono sempre
state una eccellenza. Siamo ormai da anni degli ottimi raccoglitori e
recuperatori, in termini di quantità e soprattutto di qualità: la
produzione di materia prima seconda "nostrana" ammonta a
circa 13 ton/min. L’Italia ne ricicla circa 10 ton/min e
attualmente c'è un surplus di 3 ton/min che in 1 anno fa oltre 1,5
milioni di tonnellate: abbiamo quindi bisogno di nuove cartiere e di
export, in poche parole di sbocchi. Ne va delle tasche degli Italiani
e delle imprese ma soprattutto dell'ambiente».
Unirima
sta da mesi ponendo all’attenzione delle istituzioni e
dell’opinione pubblica tale grave situazione
del nostro comparto industriale, in ultimo il comunicato stampa del
25 novembre scorso. Cosa c’è da fare a medio lungo-termine lo
abbiamo già scritto nel nostro Rapporto 2019 pubblicato a luglio con
le nostre proposte di policy per una reale circular economy. Ma
intanto il nostro comparto rischia adesso di essere schiacciato sia
per la
perdita di importanti quote di mercato,
a causa dei sempre più frequenti casi di assimilazione di rifiuti
speciali ai rifiuti urbani (spostamento della gestione dei flussi di
rifiuti speciali con costi a carico del produttore verso gli urbani
che ricevono i corrispettivi dei consorzi di filiera del Conai), sia
per il rischio, sempre più concreto, di blocco totale degli impianti
per mancanza di sbocco al materiale in uscita, a cui si aggiungono
bilanci pesantemente intaccati con imprese che hanno già chiuso o
sono sul punto di farlo con la conseguente perdita di migliaia posti
di lavoro. Nel frattempo, la politica tace, malgrado tre audizioni
parlamentari durante le quali abbiamo ampiamente esposto la
problematica che sta impattando pesantemente sul nostro settore.
Se la politica industriale vuole veramente puntare sull’economia circolare e sulla sostenibilità dovrebbe supportare con più decisione il settore industriale del recupero di materia dai rifiuti. Spiega Giuliano Tarallo, Presidente di Unirima. L'industria italiana ed europea del recupero/riciclo non può più sopportare tali condizioni di mercato per un terzo anno consecutivo a cui si aggiungono barriere normative ed aumento dei costi di gestione connessi all’ eccesso di burocrazia. Nel breve termine, in attesa dell’incremento delle capacità annunciate dal settore cartiere, visto lo sviluppo notevole delle raccolte differenziate finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riciclo fissati dalle nuove direttive europee, urgono interventi urgenti e rapidi volti a favorire l’export e fermare l'applicazione di restrizioni commerciali per ripristinare un accesso libero ed equo ai mercati internazionali necessario per bilanciare domanda e offerta. Chiediamo inoltre un controllo ed una maggiore attenzione verso fenomeni di assimilazione di dubbia legittimità.