Coronavirus, medici ambientali: 'L'inquinamento potrebbe aver accelerato il contagio' | Consulta il position paper
La Società italiana di medicina ambientale (Sima) insieme alle Università di Bari e di Bologna, ha pubblicato una ricerca in cui si fa la chiara ipotesi che il particolato atmosferico possa aver accelerato la diffusione dell'infezione di Covid-19 nel nostro paese
18 March, 2020
Qualche giorno fa avevamo parlato della possibile relazione tra inquinamento atmosferico e diffusione del Coronavirus in Italia, riprendendo un articolo che citava alcuni studi internazionali precedenti alla pandemia in atto, su inquinamento e microrganismi presenti nell’aria.
Ora invece la Società italiana di medicina ambientale (Sima) insieme alle Università di Bari e di Bologna, ha pubblicato una ricerca in cui si fa la chiara ipotesi che il particolato atmosferico possa aver accelerato la diffusione dell'infezione di Covid-19 nel nostro paese. Il documento si può consultare liberamente a questo link “ed è indirizzato in particolar modo ai decisori” sottolineano i ricercatori.
Dallo studio emerge una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di Pm10 registrati nel periodo 10-29 febbraio e il numero di casi di Covid-19 aggiornati al 3 marzo (considerando un ritardo temporale intermedio relativo al periodo 10-29 febbraio di 14 giorni, approssimativamente pari al tempo di incubazione del virus fino alla identificazione dell'infezione).
In Pianura padana - evidenziano gli scienziati - si sono osservate le curve di espansione dell’infezione che hanno mostrato accelerazioni anomale, in evidente coincidenza, a distanza di 2 settimane, con le più elevate concentrazioni di particolato atmosferico. "Le alte concentrazioni di polveri registrate nel mese di febbraio in Pianura padana hanno prodotto un 'boost', un'accelerazione alla diffusione dell'epidemia. L’effetto è più evidente in quelle province dove ci sono stati i primi focolai", evidenzia Leonardo Setti, dell’Università di Bologna.
"Le polveri stanno veicolando il virus. Fanno da carrier - avverte Gianluigi de Gennaro, dell’Università di Bari - Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi. Ridurre al minimo le emissioni e sperare in una meteorologia favorevole", indica.
"L’impatto dell’uomo sull’ambiente - prosegue Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima), sta producendo ricadute sanitarie a tutti i livelli. Questa dura prova che stiamo affrontando a livello globale deve essere di monito per una futura rinascita in chiave realmente sostenibile, per il bene dell’umanità e del pianeta. In attesa del consolidarsi di evidenze a favore dell'ipotesi presentata, in ogni caso la concentrazione di polveri sottili potrebbe essere considerata un possibile indicatore o 'marker' indiretto della virulenza dell'epidemia da Covid19".