Il Coronavirus non ferma i roghi tossici: ‘Non mettiamo in secondo piano le questioni ambientali’
Come in una pugliese ‘terra dei fuochi’ l’agro di Terlizzi (Ba) è un pullulare di discariche illegali che puntualmente vengono incendiate. Abbiamo intervistato Francesco Paolo Barile (Puliamo Terlizzi) per capire cosa sta succedendo
17 March, 2020
Il Coronavirus non ferma i roghi tossici. Nonostante l’invito a restare in casa e l’obbligo di uscire solo in caso di necessità le attività criminose non si arrestano. È quello che succede in Puglia e precisamente a Terlizzi dove nella serata di martedì 17 marzo l’aria si è fatta irrespirabile. Tutto a un tratto la città, col calare del buio, è stata invasa da un forte odore di plastica bruciata.
Non è la prima volta che accade, ora mai i cittadini sono costretti a vivere con un’aria irrespirabile moltissime sere all’anno. C’è chi da la colpa ai frantoi che smaltiscono in maniera illegale i residui della lavorazione delle olive, chi incolpa le aziende del settore florovivaistico che bruciano i teli in plastica utilizzati nelle serre e altre attività imprenditoriali borderline. Fatto sta che, come in una pugliese ‘terra dei fuochi’, l’agro cittadino è un pullulare di micro (e neanche tanto, ndr) discariche illegali che puntualmente vengono date alle fiamme.
L’amministrazione comunale da qualche tempo è corsa ai ripari per rispondere all’ondata di indignazione popolare, ma nei fatti gli unici che da anni (qui un video realizzato da Eco dalla Città nel 2015 durante il progetto Puglia Differente) si interessano della questione sono i volontari di Puliamo Terlizzi. La loro è una instancabile corsa contro il tempo per evitare un disastro ambientale annunciato, ripulendo e bonificando (per quanto è possibile) le aree inquinate. Hanno realizzato più di duecento interventi di pulizia, mappato il territorio per aiutare le forze dell’ordine a contrastare il fenomeno, fatto attività di sensibilizzazione e prevenzione sulla cittadinanza. Addirittura con l’ausilio di droni sorvolano i cieli per identificare il prima possibile i roghi e lanciare l’allarme.
Con l’arrivo del Coronavirus la loro attività è stata messa in stand-by e si sa, quando il gatto non c’è i topi ballano. Abbiamo intervistato Francesco Paolo Barile, presidente dell’Associazione Puliamo Terlizzi, per capire cosa sta accadendo.
Eravamo alla vigilia di una grande manifestazione organizzata con il Friday for Future, e rinviata per via dell’emergenza Coronavirus. Durante la fase di preparazione della manifestazione l’amministrazione, per la prima volta, ha sentito la pressione dell’opinione pubblica dopo l’episodio del 21 gennaio quando un enorme rogo di materiali di scarto provenienti dalla lavorazione delle olive, ha inondato la città di una nebbia bianca e relativi cattivi odori. Da quel giorno è cambiato qualcosa anche da parte di chi appicca quotidianamente i roghi.
L’amministrazione è corsa ai ripari?
Sembra di si, ma il problema non è quello di segnalare i roghi con l’istituzione di Sentinelle che per soli due mesi monitoreranno il territorio. Perché una rete cittadina volontaria ed efficacie esiste già. Parlo di una rete che grazie ai droni ha la capacità di fornire in pochissimo tempo la posizione esatta del focolaio. Quindi la questione non è segnalare ma trovare dall’altra parte, e mi riferisco ai vigili urbani o ai carabinieri, la disponibilità di una pattuglia che in pochi minuti possa recarsi sul posto e cogliere in flagrante chi sta commettendo il reato. Questo era e rimane il problema.
Pare che sia stato aggiunto un agente nell’ufficio ambiente dei vigili urbani, quindi da uno si è passati a due. È già una buona notizia.
In questi giorni le segnalazioni di roghi continuano ma sono diminuite rispetto qualche settimana fa, forse grazie alla minore mobilità delle persone. Comunque sia la prova del nove sarà in estate, il momento in cui si registra un numero di roghi molto altro. Da pratiche illecite per il recupero dei metalli fino al gommista che brucia pneumatici fuori uso acquistati con canali non ufficiali e che quindi non può smaltire legalmente. In estate i roghi quotidiano mediamente triplicano.
Parliamo di numeri, puoi azzardare una media?
Se ci riferiamo a segnalazioni giornaliere ci aggiriamo sulle due ogni ventiquattro ore. In questi giorni siamo a una ogni quarantotto ore. Ovviamente in estate aumenteranno. La scorsa estate ci sono stati giorni in cui al tramonto non sapevamo proprio da dove cominciare, perché c’erano cinque focolai contemporaneamente. È un grande problema.
Ora mai abbiamo imparato a riconoscere il rogo tossico dove si bruciano rifiuti urbani e non da quello acceso dai contadini per bruciare le ramaglie. Poi c’è gente che comincia a bruciare rifiuti e poi passa alle ramaglie e quindi il fumo inizialmente è nero poi diventa bianco. Insomma ce n’è per tutti i gusti.
Secondo la tua esperia chi brucia materiali misti per ricavarne metalli come fa? Aspetta che il rogo si esaurisca per recuperare i metalli o…
Sì, deve aspettare che la combustione finisca e questo può permettere alle forze dell’ordine di beccarlo in flagrante. Principalmente queste attività vengono tranquillamente svolte nelle loro proprietà di notte, rischiando la confisca della proprietà. In estate ci sono state notti dove ininterrottamente l’odore della gomma bruciata invadeva le camere da letto dei cittadini. Sappiamo, per esempio e per certo, di un gommista che smaltisce così i pneumatici acquistati sul mercato nero e dopo un confronto pare abbia smesso. Il timore è quello che li stia accumulando da qualche parte per poi ricominciare.
Dopo sette anni quali risultati avete ottenuto?
Sicuramente una maggiore consapevolezza sull’opinione pubblica. Vediamo gente davvero più attenta sui temi ambientali e sull’aria che respira. Grazie alle nostre attività siamo diventati un punto di riferimento. Addirittura riceviamo lettere anonime di persone che per timore non non sporgono denuncia ai carabinieri ma scrivono a noi, convinti che faremo da intermediari con le forze dell’ordine facendo noi la denuncia. È il caso del lago di sansa creato nella zona industriale dove siamo stati noi a doverlo segnalare ai carabinieri forestali.
Appena finirà l’emergenza cosa farete?
Davanti a me ho un elenco di siti da bonificare, quindi il lavoro non manca. Un intervento importantissimo, anche di prevenzioni ai roghi tossici, è quello della pulizia del tratto orientale dell’Appia Traiana. In questa zona sono stati abbandonati più di cento pneumatici di automobile. Si tratta di un intervento massiccio perché oltre ai Pfu porteremo via i rifiuti urbani che ciclicamente vengono ammassati e inesorabilmente dati alle fiamme. Per farlo ci faremo aiutare da una nuova associazione Via Francigena Traiana Terlizzi, nata proprio con lo scopo di tutelare quel tratto di Via Appia sul territorio comunale.
Voi lanciare un appello?
L’unico appello che mi sento di fare in questo momento drammatico è di non mettere in secondo piano le questioni ambientali.