Coronavirus e cibo, cresce il numero dei bisognosi: il lavoro di Banco Alimentare Lombardia
Abbiamo intervistato il presidente Dario Boggio Marzet: "In condizioni normali in tutta la Lombardia assistiamo circa 70 mila persone ogni anno, adesso sappiamo che sono molte di più"
10 April, 2020
di Laura Tajoli
Da trent’anni Banco Alimentare opera in Italia per recuperare le eccedenze alimentari. Lungo tutta la filiera, dalla produzione alla vendita, prodotti che per diversi motivi (vicini alla data di scadenza, esteticamente non perfetti o altro) non sono più commerciabili vengono raccolti e distribuiti a strutture caritative partner che, a loro volta, li danno a famiglie e persone bisognose. “Siamo un collegamento tra il mondo profit e il non profit”, specifica Dario Boggio Marzet, presidente di Banco Alimentare Lombardia, “gestiamo il cibo con professionalità, nel rispetto di tutte le norme igienico-sanitarie, le nostre strutture partner accreditate possono avere una visione generale del bisogno e così offrire un supporto integrato e mirato alle singole persone”.
A Milano e hinterland, in periodi ‘normali’, fuori dall’emergenza sanitaria che stiamo vivendo adesso, Banco Alimentare distribuisce annualmente, attraverso le 240 strutture caritative partner, 5mila tonnellate di cibo, equivalenti a 10 milioni di pasti. Oggi, la situazione provocata dall’epidemia COVID-19 ha fatto insorgere qualche difficoltà. “Molti dei volontari che operano presso enti caritativi come la Caritas sono “over 65 e adesso non sono operativi”, racconta Boggio Marzet. “All’inizio dell’epidemia abbiamo potuto contare su meno di un terzo delle strutture. Ma il mondo del terzo settore ha reagito bene. Nel giro di un paio di settimane è infatti riuscito a ri-organizzarsi e questo anche di fronte a una situazione di bisogno diventata più ampia”. Qualche esempio? “A Milano circa 20 mila ragazzi che provengono da famiglie in difficoltà consumano il loro solo vero pasto principale a scuola, presso la mensa scolastica. Adesso che le scuole sono chiuse, è indispensabile che ricevano il cibo corrispondente in altro modo. In condizioni normali in tutta la Lombardia assistiamo circa 70 mila persone ogni anno, adesso sappiamo che sono molte di più, anche se non abbiamo ancora calcolato esattamente quante sono”.
Il Comune di Milano si sta dando molto da fare su questo fronte, con il Comitato Operativo Comunale, collaborando con Caritas, attivando sette hub sul territorio dove il cibo viene convogliato. Insieme alle ‘vecchie’ segnalazioni ci sono tanti nuovi casi, persone che chiamano il numero istituito dal Comune 020202. Il Comune poi segnala i nominativi di chi ha bisogno. “Sì, i volontari delle diverse associazioni poi preparano i pacchi da distribuire a chi si trova in stato di necessità”, puntualizza il presidente di Banco Alimentare. Prima dell’emergenza chi aveva bisogno di cibo poteva anche recarsi direttamente presso le strutture caritative. “Ma oggi questo non è più possibile, per motivi di sicurezza sanitaria. Nonostante la situazione di grande necessità, dopo l’iniziale difficoltà organizzativa stiamo comunque raggiungendo più o meno lo stesso numero di persone”.
Insieme alle eccedenze, una parte del cibo proviene anche da donazioni. “Tutto il mondo del profit sta dimostrando una grande sensibilità. Supermercati, negozi, singoli donatori, aziende di trasporti: stiamo ricevendo una risposta importante. In condizioni normali, il fresco è più richiesto, mentre in questo periodo le persone prediligono cibi che possono essere conservati, come latte a lunga scadenza, pasta, farina”. La maggior parte del cibo però arriva dalle eccedenze alimentari invendute. “Certo, noi abbiamo tre fonti principali di entrate. L’11 per cento degli alimentari arrivano dalla giornata della colletta alimentare, il 25 per cento dai bandi europei per la distribuzione del cibo e il restante sono recuperi dell’invenduto e dalle donazioni, che comunque sono una percentuale inferiore”.