La pandemia accresce la consapevolezza ambientale
Indagine BCG: dopo il Covid-19 il 70% delle persone è più consapevole della minaccia per il clima e dei rischi per l’umanità. Il 76% ritiene i problemi ambientali preoccupanti come quelli della salute. Il 40% adotterà comportamenti più sostenibili d’ora in avanti
28 September, 2020
Se c'era il timore che la crisi Covid-19 avesse fatto perdere di vista l'urgenza della crisi del cambiamento climatico e la necessità di un'azione per l’ambiente, questo non è accaduto. Anzi, dopo la pandemia le persone si dicono più preoccupate di prima delle sfide ambientali del pianeta e più impegnate a cambiare il proprio comportamento per promuovere la sostenibilità.
Lo rivela l’indagine “The Pandemic Is Heightening Environmental Awareness” realizzata da BCG, leader globale nella consulenza strategica, su oltre 3.000 persone a livello globale, in cui oltre il 70% dei cittadini si definisce oggi più consapevole rispetto a prima del Covid-19 del fatto che l'attività umana minacci il clima e che il degrado dell'ambiente, a sua volta, sia una minaccia per gli esseri umani. Tre quarti degli intervistati (76%), inoltre, sostengono che i problemi ambientali siano preoccupanti allo stesso modo o di più di quelli della salute.
Effetto Covid sulla sostenibilità. Dopo la crisi Covid-19 le persone si dicono più attente non solo ai problemi sanitari, ma anche a quelli ambientali. Come prevedibile, al primo posto tra le preoccupazioni, ci sono le malattie infettive evidenziate dal 95% degli intervistati (il 67% è più preoccupato rispetto a prima del Covid-19). Ma ben il 92% delle persone si preoccupa poi dell’inquinamento dell’aria, il 91% della gestione e della scarsità di acqua, il 90% della distruzione dell’habitat naturale, l’89% del cambiamento climatico, con quote in crescita di circa un terzo dallo scoppio della pandemia ad oggi. E aumenta anche l’attenzione sul cambiamento climatico, sulla perdita di biodiversità, sull’inquinamento del suolo, sull’uso insostenibile di risorse.
I comportamenti individuali. La crisi sta guidando il cambiamento anche a livello individuale: un terzo dei rispondenti sta già praticando comportamenti “green” in modo costante, il 25% di più da quando la crisi è iniziata. Ben il 40% intende avere comportamenti più sostenibili in futuro. Le principali azioni già compiute regolarmente dai cittadini sono la riduzione del consumo energetico domestico (una realtà per il 50% delle persone), l'aumento o il miglioramento del riciclaggio e del compostaggio (49%), l'acquisto di beni di produzione locale (40%) o quello di prodotti senza plastica monouso (37%). Poi ci sono comportamenti verso l’obiettivo “rifiuti zero”, l’acquisto di meno prodotti confezionati, i viaggi su territori vicini, il cambiamento nelle abitudini di trasporto per ragioni di sostenibilità.
Il ruolo di imprese e governi. Nel valutare la risposta alla pandemia da parte dei diversi soggetti in campo, in cima alle preferenze dei cittadini c’è il personale sanitario, il cui operato è giudicato “buono o eccellente” dall’83% del campione, seguito a distanza da ONG (54%) e agenzie globali per la salute (54%). Sono valutate meno positivamente invece le autorità nazionali, quelle locali o regionali e, ancor meno, le imprese.
Ma il rinnovato impegno per la sostenibilità ha importanti implicazioni per aziende e governi. Per la maggioranza delle persone (il 54% del totale) la ripresa economica e le questioni ambientali dovrebbero essere affrontate con lo stesso livello di priorità. E due terzi degli intervistati pensano che i piani di ripresa dovrebbero porre le questioni ambientali come priorità. Per l’87% dei cittadini le aziende devono integrare considerazioni ambientali nei loro prodotti/servizi e nel loro modo di operare, per il 77% le imprese che beneficiano di aiuti o sovvenzioni pubblici dovrebbero prendere specifici impegni nei confronti dell’ambiente.
La spinta dei giovani. L'impegno per la sostenibilità è più presente tra i giovani, che hanno maggiore convinzione delle altre generazioni del fatto che il comportamento personale possa fare la differenza e che chiedono con forza di porre il tema ambientale al centro dei piani di ripresa. Analizzando le risposte per età, infatti, si scopre che il 34% dei 25-34enni oggi è più convinto del fatto che la sua azione personale possa combattere il cambiamento climatico (contro il 19% tra 55-64enni e il 10% tra gli ultra 65enni), il 35% che questa possa proteggere la fauna selvatica e la biodiversità (il 17% tra i 55-64enni e il 9% tra gli ultra 65enni), il 38% che possa ridurre i rifiuti non sostenibili (il 20% tra i 55-64enni e il 16% tra gli ultra 65enni). Inoltre, i più giovani dimostrano più fiducia nella capacità di risposta alla crisi da parte loro governi e chiedono più delle altre generazioni che le questioni ambientali abbiano la stesse importanza di quelle economiche.