'Lo sviluppo del Mezzogiorno? Può ripartire dal ciclo dei rifiuti' | L'intervento dell'Istituto REF
L'articolo a firma di Andrea Ballabio, Donato Berardi, Antonio Pergolizzi e Nicolò Valle, analizza il cosiddetto "green deal" del Mezzogiorno annunciato dal governo alla luce delle criticità nel ciclo dei rifiuti
15 December, 2020
La gestione dei rifiuti come leva di rilancio
Il rilancio del Sud è un tema che ritorna ciclicamente al centro del dibattito politico. All’inizio di quest’anno, ha trovato nuovo slancio con l’annuncio di un ambizioso Piano di sviluppo al 2030 promosso dall’esecutivo. Cuore della proposta? La transizione ecologica come elemento cardine sul quale fare leva per far ripartire l’economia nelle regioni del Sud: un green deal incentrato sul Mezzogiorno. Per calare tutto ciò nella realtà del Sud italiano, occorre però partire dal ciclo dei rifiuti.
L’incontro – o scontro – tra l’arretratezza in cui versa il settore nelle regioni meridionali e gli obblighi legislativi per la sua modernizzazione che provengono dall’Unione europea rendono la gestione dei rifiuti un terreno di elezione di ogni iniziativa di sviluppo e rilancio. Guardando ai numeri, l’economia circolare dei rifiuti nel Mezzogiorno potrebbe mettere a valore, ogni anno, 43 milioni di tonnellate di rifiuti, 33 di origine non domestica e 10 di origine domestica e assimilata. Solo tra questi ultimi, ancora oggi al Sud vengono mandati in discarica circa 4,3 milioni di tonnellate.
Poca programmazione e deficit impiantistico
Il Pacchetto economia circolare, che l’Italia ha già recepito, ci impone di portare sotto il 10 per cento lo smaltimento in discarica di rifiuti urbani entro il 2035, ma nelle regioni del Sud la percentuale è ben al di sopra. In particolare, dovrebbe far riflettere il dato di quattro regioni, Campania, Sicilia, Abruzzo e Basilicata. La somma dei deficit di smaltimento e avvio a recupero di queste zone è di quasi 2 milioni di tonnellate/anno: il 40 per cento del deficit complessivo di tutte le regioni italiane. Nella sola Campania – storicamente deficitaria nella gestione dei rifiuti – si registra una carenza impiantistica per oltre 1,2 milioni di tonnellate (anno 2018).
Ma non solo. La mancanza di impianti idonei può essere misurata anche sulle frazioni destinate al recupero di materia (o di energia). Ne sono un esempio i rifiuti organici, esportati dalle regioni del Sud in altre zone d’Italia. È la Campania a detenere il primato dell’export extraregionale di rifiuto organico: 475 mila tonnellate, pari al 29 per cento del totale nazionale.
Continua a leggere su lavoce.info