Montreal: raggiunto un accordo per il dopo Kyoto
Gli Stati Uniti parteciperanno ai colloqui ma rifiutano qualsiasi impegno - da Unità del 12.12.2005
12 December, 2005
<b>di Pietro Greco</B>
157 paesi che hanno sottoscritto il Protocollo di Kyoto inizieranno i negoziati, a partire dal prossimo anno, per andare oltre Kyoto e abbattere una quantità maggiore di gas serra, a partire dal 2012. Lo hanno deciso sabato 10 dicembre (con un giorno di ritardo rispetto alle aspettative vista la difficoltà a trovare un accordo), a conclusione della Conferenza che, per quindici giorni, ha concentrato il circo della ecodiplomazia nella città di Montreal, in Canada.
Insomma, la comunità internazionale intende andare avanti lungo la strada per la soluzione dei problemi ambientali comuni. Con gli Stati Uniti. Ma anche senza gli Stati Uniti.
Washington, che non vedeva di buon occhio l’apertura di questi nuovi negoziati multilaterali, ha deciso di partecipare ai colloqui sulle misure da prendere a lungo termine purché non siano vincolanti: in sostanza ha rifiutato qualsiasi impegno al taglio delle emissioni. Gli Stati Uniti, così, non hanno ufficialmente abbandonato il tavolo delle trattative, ma escono di fatto isolati dalla XI Conferenza della Parti che hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti del Clima Globale. Anche India e Cina, oltre che tutti i paesi OCSE, parteciperanno al nuovo processo, sia pure con molta prudenza e una certa ambiguità. India e Cina sostengono che, per ora, non se ne parla di abbattere le loro crescenti emissioni. Sono invece favorevoli a partecipare a meccanismi che aiutano l’introduzione nei loro sistemi economici di tecnologie più ecoefficienti.
Resta il fatto, politico, che dopo Montreal gli Usa sono sostanzialmente soli. Il resto del mondo, con poche eccezioni, segue la strada della solidarietà e del dialogo multilaterale per affrontare il problema comune del cambiamento del clima e cercare di sventare quella che molti considerano la più grave minaccia che incombe sull’umanità in questo secolo.
In realtà, a essere isolati più che gli Stati Uniti sono gli oltranzisti dell’Amministrazione Bush. Alla Conferenza di Montreal, infatti, ha preso la parola anche l'ex Presidente democratico, Bill Clinton, dando un appoggio pieno al processo di Kyoto e al processo del «dopo Kyoto». D'altra parte molti stati della Confederazione americana, a partire dalla California, si comportano come se il Protocollo valesse anche per loro.
La posizione dell'Amministrazione Bush è nota. No a obblighi formali e a negoziati multilaterali - come quelli del Protocollo di Kyoto che impegna 40 paesi a diminuire del 5,2% le emissioni di gas serra entro il 2008-2012 rispetto alle emissioni di riferimento del 1990 - che definiscano una precisa «road map» per abbattere le emissioni di gas serra. Questa strategia è troppo rigida e costa troppo, sostengono a Washington. Sì, invece, a percorsi volontaristici, basati sulla fiducia nel mercato e nell’innovazione tecnologica.
La gran parte dei paesi del pianeta - 157 su 189 - sostiene che una semplice dichiarazione d’intenti, il mercato e la fiducia nell’innovazione tecnologica non bastano. E che i costi della lotta all’effetto serra non sono poi così terribili come li dipingono a Washington e, in ogni caso, vanno accettati.
Oltre che decidere di andare avanti e di costruire il «dopo Kyoto», i 157 paesi che hanno sottoscritto il Protocollo hanno speso i quindici giorni della Conferenza di Montreal per mettere a punto i meccanismi per la realizzazione dello stesso «processo di Kyoto». È un’altra buona notizia, perché indica che dopo la fase, necessaria, degli impegni solenni si passa alla fase operativa.