LETTI PER VOI - Il blocco delle auto tra inutilità e bugie
di Guido Viale - da Repubblica del 20.01.2006
20 January, 2006
Passata l´abbuffata del Natale e dei saldi, sono ripresi in molte città italiane i blocchi del traffico. Non che nelle scorse settimane l´aria fosse più pulita; ma impedirci di fare lo shopping in macchina durante le feste avrebbe depresso i consumi. Le misure adottate ora sono le più svariate, ma rientrano grosso modo in due tipologie fondamentali: 1) il blocco domenicale del traffico privato o l´introduzione, per un giorno, per alcuni giorni, o per alcune ore al giorno, delle targhe alterne; 2) il divieto di circolazione, sempre per periodi determinati – ma in alcuni casi, e in prospettiva, per sempre – per i mezzi non catalizzati o appartenenti a una categoria inferiore a una delle molteplici classi di veicoli "euro" (euro 1, 2, 3, 4 e, prossimamente, 5). Il tutto è stato preceduto da veri e propri esorcismi delle autorità, per invocare pioggia, neve e vento, nella speranza che lo scatenarsi degli elementi li esentasse da quella che considerano la più impopolare delle misure. Tranne poi accorgersi che anche una robusta nevicata non migliora le cose.
Il sistema targhe alterne e/o blocco del traffico è "imparziale": colpisce tutti i veicoli che non svolgono un servizio pubblico o di pubblica utilità; tranne, ovviamente, quelli esentati per i motivi più diversi: dalla partecipazione a un matrimonio al trasporto della moglie del sindaco; oppure coloro che dispongono di due vetture, anch´esse a targhe alterne. Ma questo sistema rischia di paralizzare il metabolismo urbano, perché insieme alle auto di coloro che potrebbero farne a meno – con maggiore o minor disagio; ma a volte persino con qualche beneficio – si bloccano anche attività vitali per la città e spostamenti – consegna di merci, trasporto di disabili non registrati, lavori di manutenzione e riparazione, interventi urgenti, ecc. – che con gli attuali servizi di trasporto pubblico locale (Tpl) non possono essere effettuati. Per ovviare a questo inconveniente bisognerebbe aver aperto per tempo un negoziato con i diversi utenti della viabilità urbana, per concedere esenzioni tarate sulle effettive necessità della città. Ma per farlo occorre una conoscenza puntuale delle diverse funzioni della vita urbana – e nessuno le conosce meglio dei diretti interessati, o delle loro rappresentanze di categoria – e la volontà di sollecitare, con molto anticipo, la loro collaborazione; supportando il negoziato con incentivi e penali, oltre che con divieti e autorizzazioni mirate.
L´esclusione dei veicoli più antiquati è invece apertamente discriminatoria: colpisce chi non si è potuto permettere di cambiare l´auto in tempi recenti e risponde agli stessi criteri "di mercato" che ispirano il sistema londinese – e non solo londinese – del congestion charge: premia i ricchi e castiga i poveri. La differenza però c´è: i proventi del congestion charge confluiscono nelle casse della città e vengono utilizzati per potenziare il Tpl; con il rinnovo dei veicoli a guadagnarci sono invece solo i produttori di automobili – a volte anche incentivati da contributi statali pagati dai contribuenti – che perpetuano così un sistema di mobilità che non ha più ragione di esistere. Non c´è comunque da scandalizzarsi: c´è anche una fascia della popolazione – forse sempre più numerosa – che la macchina proprio non se la può permettere; e che per questo è esclusa dalla mobilità comunque: a meno che non li soccorra uno degli scassatissimi servizi di Tpl delle nostre città. Anche questo secondo sistema, comunque, è problematico: non è detto che la capacità di pagare corrisponda alla rilevanza della funzione che ciascuno di noi svolge nell´ambito del metabolismo urbano: si rischia di lasciar circolare i parassiti e di bloccare chi è veramente indispensabile. A meno di avviare, anche in questo caso, un negoziato per tarare l´importo della tariffa sulle effettive esigenze delle diverse categorie.
Con i blocchi del traffico ricomincia anche la diatriba annuale sulla loro utilità. A che cosa e a chi servono? A niente e a nessuno, rispondono alcuni; per qualche giorno il piemmedieci diminuisce, poi torna come prima. A far respirare per qualche giorno vecchi e bambini – e anche gli adulti – ribattono altri. Ma da entrambe le parti si riconosce che non sono una soluzione, ma solo di una risposta di emergenza in attesa di interventi strutturali.
Ma cos´è mai un intervento strutturale? Non certo i parcheggi sotterranei o in struttura, che molte amministrazioni continuano ad autorizzare o finanziare; e nemmeno "semafori intelligenti" e/o nuovi sottopassi o cavalcavia per "fluidificare" il traffico: tutte cose che non fanno che richiamare più auto, più congestione, più inquinamento. E meno ancora il rinnovo dei mezzi del Tpl che, finché saranno costretti ad avanzare a cinque chilometri l´ora, continueranno a inquinare: con gli scarichi o con la produzione dell´energia che li alimenta. E meno che mai l´idrogeno, di là da venire, o il metano, che dovrebbero comunque aspettare il rinnovo del parco macchine e della rete distributiva: cioè non meno di 20-25 anni il primo e 10-15 il secondo, se venissero promossi da ora con ogni mezzo. Forse l´introduzione del pedaggio urbano, che avrebbe solo bisogno di varchi elettronici e telepass, ma che le amministrazioni comunali rifuggono come la peste.
L´inquinamento dell´aria non è l´unico e nemmeno il principale inconveniente provocato dalle auto; il congestion charge si chiama così perché combatte anche ingorghi, perdita di tempo, difficoltà nello spostarsi e nello spostare cose. E, più di tutto, a danneggiare la vita urbana è l´occupazione delle strade da parte delle auto: soprattutto quelle parcheggiate, perché quelle in movimento non sono mai più del 10-15 per cento delle prime: un´occupazione che sottrae lo spazio pubblico all´esercizio fisico, al gioco, all´incontro tra diversi, alla socievolezza; per consegnarlo all´isolamento tra le lamiere della propria auto (una su cinque trasporta un solo passeggero) e alla competizione selvaggia alla ricerca di un varco nel traffico o di un parcheggio. È il traffico privato a essere incompatibile con la vita urbana e l´unico intervento strutturale che può funzionare è ridurre - il più drasticamente possibile, anche se in modo graduale - il numero dei veicoli in circolazione. Se pensiamo che, per una crisi internazionale, il mondo intero potrebbe ritrovarsi da un momento all´altro a corto di petrolio (o di metano); che quello disponibile andrebbe comunque dirottato verso usi più essenziali che "spostare mezza tonnellata di ferraglia per trasportare 50-80 chili di ciccia"; ma, soprattutto, che questa situazione è comunque destinata a verificarsi tra qualche anno, per il progressivo esaurimento dei giacimenti petroliferi e la continua crescita della domanda mondiale, ben prima che arrivino a sostituirlo altri combustibili (che forse, anzi, non arriveranno mai; o, per lo meno, non con l´abbondanza di oggi); bene, allora i blocchi del traffico potrebbero essere una scuola per allenarsi e abituarsi gradualmente al mondo di domani.
Sempre che le aziende di Tpl, le amministrazioni locali e i governi nazionali e transnazionali li promuovano e utilizzino in tal senso: per far correre più veloci i mezzi pubblici esistenti, su strade finalmente sgombre; per mettere in funzione nuovi mezzi e nuovi servizi a domanda, comodi e personalizzati; per promuovere un maggiore utilizzo di collegamenti online che risparmino inutili spostamenti; per riabituare la gente a camminare e a usare la bicicletta; insomma, per sperimentare, un po´ per volta, come far funzionare bene – e meglio – le nostre città; anche senza obbligare i suoi abitanti a possedere e utilizzare un´auto propria.