Gas, scatta l’emergenza
Scorte per tre settimane Le cifre confermate dall’Autorità per l’energia L’Eni: riduzione del 5,4% per i tagli dalla Russia - da Il Corriere della Sera del 24.01.2006
24 January, 2006
Scorte per tre settimane Le cifre confermate dall’Autorità per l’energia L’Eni: riduzione del 5,4% per i tagli dalla Russia
ROMA - Le scorte di gas per non compromettere il funzionamento del sistema energetico ammontano ad appena 3 miliardi di metri cubi. Circa due-tre settimane di «ossigeno». Poi si passerebbe a intaccare la riserva strategica di 5 miliardi di metri cubi ma non sufficiente a garantire la pressione nella distribuzione del gas. La cifra è nota. La si trova nel sito della Stogit, la società dell’Eni per lo stoccaggio del gas, ed è confermata da esperti del settore come Pia Saraceno, direttore del Res, e anche dall’Autorità per l’energia il cui presidente Alessandro Ortis nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme rosso sulle scorte di gas.
IL CONTO -Il conto è presto fatto: dall’inizio di dicembre a oggi sono stati consumati 6 miliardi di metri cubi su un totale di 13 miliardi che è il totale delle scorte. Ne rimangono 7 ma di queste, utilizzabili per lo «svaso», come si dice in gergo tecnico la messa in rete del gas stoccato, sono solo 3. A questa situazione si è arrivati perché il consumo complessivo al giorno di gas ammonta a 400 milioni di metri cubi. Di questi circa 300 sono rimpiazzati dalle importazioni, ma 100 vengono presi dalle riserve. Come si è arrivati a questa situazione di emergenza continua? «I fattori sono quattro - spiega Pia Saraceno - da una parte il freddo, poi i tagli dalla Russia, alcuni problemi tecnici emersi in Libia che hanno di fatto ridotto la produzione, il crollo delle importazioni di energia elettrica».
A questo scenario si aggiunge un sistema di stoccaggio che non è più adeguato ai tempi. Fa notare uno studio del Quotidiano Energia che gli attuali 12,8 miliardi di metri cubi di gas «erano sufficienti quando l’Eni gestiva l’intera filiera del gas con un consumo totale di circa 60 miliardi di metri cubi all’anno». Si parla del 1999 e il rapporto di stoccaggio era del 21%: oggi il consumo di gas è pari a 84 miliardi di metri cubi e la percentuale è scesa al 15%. «Le nuove concessioni per lo stoccaggio stanno ritardando e ci vorrà comunque tempo per metterle in esercizio».
I conti della stretta russa li ha fatti ancora una volta l’Eni: le importazioni di gas dalla Gazprom sono diminuite ieri del 5,4% (-4,1% l’altro ieri). Una segnalazione che ha causato una risentita nota da parte dell’ambasciata russa, secondo la quale non ci sono timori per le forniture europee, ma che viene confermata in serata dall’amministratore dell’Eni Paolo Scaroni: «I nostri conti sono precisi».
LE POLEMICHE -L’Eni resta comunque al centro del dibattito sull’emergenza gas. Carlo Scarpa, esperto di energia dell’Università di Brescia, la accusa di avere responsabilità in questa crisi. «Da anni il vertice Eni ha sostenuto - spiega - la teoria del rischio di una "bolla del gas" e quindi che le infrastrutture progettate erano eccessive, implicitamente minacciando di punire chi volesse avventurarsi su quella strada con prezzi futuri bassi». Tra il gruppo del cane a sei zampe e il ministero delle Attività produttive c’è una certa frizione anche se ieri Scaroni ha commentato positivamente le misure anticrisi annunciate da Scajola. Intanto, il ministro del Map giovedì si recherà a Mosca per cercare di ricucire i rapporti con le autorità sovietiche, incrinati dal naufragio dell’alleanza con l’Eni e con Bruno Mentasti per realizzare una società di commercializzazione diretta del gas sul mercato italiano.
L’INTERVISTA - Ai piani alti del Map non si fa mistero poi di essere rimasti infastiditi dalle parole del numero uno dell’Eni che, in una intervista, ha dichiarato come lui «era da più di un mese» che informava il «ministero con lettere e comunicazioni...». Ma al ministero sostengono di non averle mai viste. E nei corridoi si mormora che sia stata proprio l’Eni a vendere all’estero quantitativi non piccoli di gas: si dice proprio in Germania, dove ci sono i prezzi più alti. Insomma, in una situazione che diventa ogni giorno più difficile da affrontare, le tensioni non mancano.