Piero Gnudi: «Dimissioni? Non ho fatto errori. Piuttosto gli italiani consumino meno»
15 October, 2003
GIANCARLO MAZZUCA Squilla il telefono del presidente dell'Enel, Piero Gnudi. Il week end del black out si è trasformato in un inferno per il manager bolognese. Tutti lo cercano, tutti lo vogliono nel giorno della Caporetto per l'energia elettrica in Italia. Allora, presidente, quali le cause del black out nella notte tra sabato e domenica che ha bloccato tutta l'Italia? «Le cause non le conosciamo ancora in modo preciso. Riteniamo che un'interruzione nell'erogazione dell'energia elettrica importata dalla Francia e dalla Svizzera abbia causato un forte calo nell'offerta energetica che non è stata rimpiazzata da parte delle centrali nazionali causando effetti a catena in tutta la penisola». Insomma, l'Italia sta pagando le conseguenze di una politica energetica che, negli ultimi anni, è stata vergognosa. Non bisognava certo essere addetti ai lavori per comprendere come il nostro Paese fosse molto vulnerabile dovendo dipendere dall'estero. Durante l'estate, subito dopo le interruzioni programmate di luce, lei aveva lanciato l'allarme, ma le sue grida sono restate una voce nel deserto. Tutti ci dicevano di non preoccuparsi, e oggi ci stiamo invece leccando le ferite... «Il nostro problema è sempre quello: dipendiamo troppo dall'estero. Se pensiamo che il 17 per cento del nostro fabbisogno energetico è coperto dalle importazioni, e di notte il 20 per cento, non è difficile comprendere in quale misura siamo a rischio black out. Purtroppo siamo di fronte a sistemi complessi e non possiamo certo cambiare la situazione da un giorno all'altro. E oggi dobbiamo rivedere completamente la politica degli investimenti nel settore. Di fronte a una domanda che è continuata a crescere in tutti questi anni, anche durante la recessione, l'offerta non è affatto salita, anzi. Il problema non è solo italiano: basta guardare cosa è successo, alla vigilia di Ferragosto, negli Stati Uniti e, successivamente, in Inghilterra e Scandinavia. Le autorità dei vari Paesi, chi più chi meno, hanno considerato il settore energetico ormai maturo e quindi sono stati dati via libera agli investimenti sempre più con il contagocce». Le conseguenze di questa politica cieca sono, con un gioco di parole, sotto gli occhi di tutti: l'Italia è al buio. E per fortuna il black out non si è verificato in un'ora di punta, ma di notte e durante il week end, quando molte aziende industriali sono ferme. Cosa succederà quando i consumi raggiungeranno i soliti picchi, soprattutto d'inverno? «Il blackout dell'altra notte è stato piuttosto anomalo e nel fabbisogno d'energia si è verificato un 'buco' di 4-5000 megawatt. Anche se quel tipo di black out non sarà forse ripetibile, andremo comunque incontro a un inverno molto difficile. I picchi dei consumi raggiungono in questa stagione, soprattutto in dicembre, livelli molto alti». Non vogliamo drammatizzare la situazione: soprattutto in questi momenti occorre infatti avere i nervi saldi ed evitare qualsiasi forma di panico o di isterismo. Lei stesso ha però detto che ci vorrà tempo per rivedere tutta la politica energetica italiana: quanto potrà durare l'emergenza? «Almeno fino al 2005 quando saranno completati i lavori di ammodernamento e di ristrutturazione che sono oggi in corso in molte centrali italiane. Fino ad allora siamo a rischio di nuovi black out». E' proprio il caso di toccar ferro. Ci viene anche il sospetto fondato, come afferma lo stesso professor Clò, che questi black out siano la conseguenza di una riforma sbagliata: con la liberalizzazione del settore, i produttori, a cominciare dall'Enel, pensano solo ai loro bilanci e non alle esigenze strategiche del Paese... «Non lo credo. La nostra debolezza arriva da lontano, da quando c'era ancora un produttore monopolista d'energia. Sono deficit strutturali che risalgono agli anni Ottanta». .....e che rischiano di riportarci in pieno Medioevo. Come è possibile che si sia perso tanto tempo senza adeguati interventi? Come è possibile che le autorità non abbiano riconsiderato il «no» dell'Italia al nucleare? «Il dossier del nucleare non è un problema di oggi. Nel futuro, pernso che l'opzione nucleare dovrà essere riconsiderata. Il problema è che queste scelte sono di lungo periodo mentre l'emergenza, l'abbiamo visto la notte scorsa, è già scattata». Dottor Gnudi, che effetto le fa, come presidente dell'Enel che è di gran lunga il maggior produttore elettrico italiano, assistere a un black out di simili dimensioni che ha bloccato tutta l'Italia per ore e ore? «Sono molto dispiaciuto. Dispiaciuto ed amareggiato perché, come lei stesso ha detto, da mesi, a differenza di altri che tendevano a minimizzare il problema, insistevo sulla necessità di prendere provvedimenti seri per rimediare ad una situazione seria». Oltreché amareggiato, il «numero uno» del maggiore produttore italiano di energia elettrica non dovrebbe forse chiedere scusa agli italiani? «Enel ha fornito tutta la potenza richiesta. Credo che dovremmo essere tutti grati ai diecimila uomini e donne di Enel che con il loro lavoro sono stati in grado di riattivare il sistema elettrico italiano in tempi molto più ridotti di quelli impiegati dai loro colleghi americani».