Clima, il Mediterraneo a rischio
Il mare nostrum è quello che rischia il maggiore aumento di temperatura e di salinità. Per limitare i danni sono indispensabili misure di adattamento al cambiamento climatico. A lanciare l'allarme è Vincenzo Ferrara, climatologo dell'Enea e responsabile scientifico della conferenza di Roma sul clima
12 September, 2007
<font size="1"><b><i>Silvana Santo</i></b></font>
Sarà il Mediterraneo una delle aree a soffrire maggiormente a causa del riscaldamento climatico. L'allarme viene da Vincenzo Ferrara, dirigente dell'Enea e responsabile scientifico della prima conferenza nazionale sui cambiamenti climatici in corso a Roma. Sarà proprio il Mare nostrum, infatti, il bacino che subirà l'aumento maggiore di temperatura e di salinità. “A rischio di sommersione sarà soprattutto l'alto adriatico - ha precisato il climatologo – ma praticamente tutte le coste basse italiane sono già in erosione”. Anche l'approvvigionamento di acqua potabile potrebbe essere a rischio: “Il bacino del Mediterraneo è una delle potenziali aree di crisi per quanto riguarda la disponibilità delle riserve idriche, dal momento che i prelievi di acqua potabile continuano ad aumentare, nonostante la maggiore frequenza e gravità dei periodi siccitosi”.
E ancora, tropicalizzazione della fauna ittica, comparsa di nuove patologie, dissesto idrogeologico nelle aree costiere: gli effetti del riscaldamento globale sul Mediterraneo sono già evidenti, tanto che, precisa Ferrara, “anche se azzerassimo miracolosamente le emissioni di gas serra, passerebbero anni prima che il clima possa ritornare al suo stato di equilibrio”. È per questo che le misure di mitigazione dell'effetto serra, che pure il nostro paese sta adottando con fatica e lentezza, non bastano più, ma sono necessari anche interventi di adattamento a un cambiamento che ormai è in atto. “L'Italia, in questo, è in gravissimo ritardo – denuncia l'esperto dell'Enea – Non sono state recepite norme europee fondamentali come le direttive Habitat e Acqua, mancano un programma di tutela delle coste e un piano nazionale per il turismo, mentre quelli sul rischio idrogeologico e sulla siccità sono rimasti sulla carta”. Su un punto, in particolare, i climatologo si accalora, suscitando l'approvazione della platea della conferenza: “le norme sulla Valutazione d'impatto ambientale e sulla Valutazione strategica devono essere riviste alla luce del cambiamento climatico: che senso ha autorizzare un'opera destinata a durare oltre cinquant'anni sulla base delle condizioni attuali del territorio?”. Il messaggio per i politici presenti alla conferenza è forte e chiaro. Senza correttivi efficaci, il destino che ci attende è tutt'altro che roseo.