Energie rinnovabili, Italia in ritardo in-sostenibile
Lo studio di Legambiente sulle energie rinnovabili
27 January, 2004
CONSUMI CHE CRESCONO TROPPO (+15% IN 10 ANNI CONTRO IL 12% DELL’UE) TANTI PANNELLI SOLARI QUANTI LA GERMANIA NE INSTALLA IN SOLI TRE MESI ENERGIE RINNOVABILI IN STALLO (DA 10 ANNI FERME AL 4% DEI CONSUMI ELETTRICI) RAPPORTO SULLE RINNOVABILI 2004 UNO STUDIO DI LEGAMBIENTE REALIZZATO DALL’ISTITUTO DI RICERCHE AMBIENTE ITALIA COL CONTRIBUTO DI ENERGIA E IN COLLABORAZIONE CON CARSA In 10 anni i consumi energetici italiani sono cresciuti del 15%, in barba ad ogni idea di risparmio e a fronte del 12% della media europea. l’Italia resta uno dei Paesi che, per il suo approvvigionamento energetico, più fa affidamento sul petrolio: il greggio e i suoi derivati coprono il 49% del fabbisogno nazionale. La media dei partner europei è del 40%. E se è vero che su questa dipendenza ha influito la scelta giustissima di mettere al bando il nucleare, altrettanto vero è che poco o niente è stato fatto per dare spazio alle fonti rinnovabili: da 10 anni in qua l’apporto delle fonti pulite e a basso impatto ambientale (esclusi dunque i rifiuti e il grande idroelettrico) non va oltre il 4% della domanda di energia elettrica. Queste cifre bastano a dare il polso del larghissimo ritardo accumulato dell’Italia nella partita delle energie rinnovabili e nello sviluppo di un sistema energetico sostenibile. E’ solo un assaggio dei dati contenuti nel ricchissimo Rapporto sulle rinnovabili 2004 di Legambiente, un volume di oltre 200 pagine (prezzo di copertina 19€) pubblicato per i tipi di Carsa edizioni e realizzato dall’Istituto di ricerche milanese Ambiente Italia col contributo di Energia. Presentato il 27 gennaio a Milano da Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente, Massimo Orlandi, amministratore delegato di Energia, e dal curatore, Rodolfo Pasinetti, di Ambiente Italia, il Rapporto vuole essere, nelle parole di Ferrante, “una guida completa sullo stato dell’arte nel nostro Paese e nel mondo, sia a livello tecnico che normativo, ed essere uno strumento utile per gli addetti ai lavori ma anche un manuale di facile consultazione per chi vuole avvicinarsi per la prima volta al mondo delle energie pulite”. Un mondo fatto di innovazione e tecnologia che ha fatto passi da gigante: in 10 anni la produzione mondiale è cresciuta del 16,4%; il comparto eolico fattura 5 mld$ e cresce al ritmo del 40% annuo; la superficie di pannelli solari è più che decuplicata in dieci anni. Ma l’Italia è restata i margini di questo nuovo mondo. “Il nostro Paese – ha spiegato Ferrante illustrando il rapporto – è drammaticamente in ritardo sia rispetto agli obiettivi di Kyoto che nello sviluppo delle fonti rinnovabili. E’ sufficiente il confronto con i vicini europei a dimostrarlo. Basti pensare ai nostri miseri 785 MW di eolico installato a fronte degli oltre 12.000 MW della Germania, o agli oltre 900 MW che la Spagna realizza ogni anno (raggiungendo quasi i 5000 MW nel 2002)”. Negli ultimi 10 anni (1990-2001) le rinnovabili hanno a stento tenuto il passo della crescita dei consumi: il loro apporto, passato dai 9 Mtep del ’90 ai 13,9 del 2001, è restato attorno al 6-7% (7,4% nel 2001) del fabbisogno complessivo. Quanto alla produzione di energia elettrica, se poi escludiamo l’idroelettrico sopra i 10MW e i rifiuti, sulla cui definizione nazionale di rinnovabilità ci sono notevoli perplessità espresse di recente anche dalla Commissione Europea, la fetta resta fissa al 4%. La Germania produce ogni anno 15 volte i MWh eolici prodotti dall’Italia. La Spagna ne produce 5 volte tanto. E che dire del rapporto 12 a 1 fra i 278 MW degli impianti solari della brumosa Germania e i 23 scarsi del Paese del sole? “Colpa di governi tiepidi o disinteressati – continua Ferrante - che pochissimo hanno fatto e stanno facendo per dare un impulso decisivo alle rinnovabili come al risparmio energetico. Ma colpa anche di movimenti sedicenti ambientalisti che in nome di una visone sacrale del paesaggio e del dogma dell’intangibilità fanno muro contro quelle che attualmente sono le uniche soluzioni praticabili per combattere i cambiamenti climatici e l’inquinamento crescente”. Sulla necessità di un cambiamento concorda Massimo Orlandi di Energia: “Si impone un ripensamento a medio-lungo termine delle politiche energetiche globali e locali – ha detto nel corso della conferenza stampa. Lo stato attuale di sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia è da considerarsi ancora largamente insoddisfacente, così come la promozione del risparmio. Difficilmente gli obiettivi fissati nell’accordo di Kyoto potranno essere raggiunti senza il ricorso alla tecnologia dei cicli combinati a gas naturale, o senza incentivi come l’incremento della quota di produzione da fonti rinnovabili o l’avvio del meccanismo dei certificati di efficienza energetica. Difficilmente si ridurranno le emissioni climalteranti senza pensare ad una forte promozione del risparmio negli utilizzi civili, al sostegno dell’introduzione massiva di nuove tecnologie di illuminazione, alla promozione della generazione combinata, anche di piccola taglia, di energia elettrica e calore. Né queste iniziative vanno disgiunte da una radicale semplificazione per gli adempimenti fiscali e dallo snellimento del processo di autorizzazione che rendono oggi impraticabile lo sviluppo di molte tecnologie già mature. Sono queste le linee guida che indirizzano il lavoro di Energia e che ci hanno spinto a promuovere l’elaborazione del Rapporto, nella speranza di dare un contributo alla conoscenza degli operatori e alla crescita della sensibilità verso l'energia pulita in Italia”. “Purtroppo – così Rodolfo Pasinetti giustifica, dati alla mano, la preoccupazioni che emergono dal Rapporto - persistono molte barriere allo sviluppo delle rinnovabili e poco si è fatto per rimuoverle. Questo ha fatto sì che nonostante la crescente sensibilità sull’argomento e gli stimoli provenienti da politiche internazionali e comunitarie, in Italia il contributo relativo delle fonti rinnovabili al sistema energetico complessivo non abbia subito delle particolari evoluzioni durante gli ultimi dieci anni. E, purtroppo, non vi è ancora una certezza che tale contributo possa evolvere in senso positivo nei prossimi anni”.