Atm - GTT: vantaggi ed equivoci di un'unione
Pubblichiamo un intervento di Marco Gariboldi sull'unione delle aziende per il trasporto pubblico di Torino e Milano
11 February, 2008
<font size="1"><b><i>Marco Gariboldi</i></b></font>
Scopi principali della fusione ATM-GTT:
1) sinergie ed economie di scala per abbattere i costi, creando risorse da investire nel parco mezzi e nella qualità (aziende più grandi hanno generalmente minori costi e maggiori risorse per l’acquisto dei mezzi, per la manutenzione, ecc.); questo crea un vantaggio economico per le aziende, e quindi per i Comuni che ne sono proprietari (e in definitiva per i cittadini-contribuenti); inoltre una migliore condizione economica dà la possibilità di fornire un servizio qualitativamente migliore.
2) poter competere, grazie alla maggior dimensione e ai conseguenti vantaggi economici, con i colossi esteri (inglesi e francesi soprattutto) del
trasporto pubblico nelle gare per l’affidamento del servizio; questo vale sia per una competizione all’estero e nel resto d’Italia, sia per la stessa sopravvivenza nel proprio territorio: se è vero infatti che nel breve periodo le gare possono essere formulate in maniera tale da rendere impossibile o fortemente improbabile un cambio di gestore, se continuasse il divario con i maggiori competitors internazionali alla lunga potrebbe essere insostenibile per gli Enti Pubblici proprietari delle aziende di trasporto sostenerne il costo, quando sarebbe chiaro che un affidamento del servizio ad altra azienda sarebbe meno oneroso.
Vantaggi:
1) i vantaggi di una fusione sarebbero in primo luogo economico-aziendali; essendo tali aziende in mano pubblica, di tali vantaggi beneficerebbero anche i Comuni interessati e quindi in ultima analisi i cittadini
2) aziende economicamente sane hanno le risorse per poter fornire un servizio qualitativamente superiore; inoltre i risparmi generati consentirebbero agli Enti Locali che finanziano il servizio di aumentarne la quantità a parità di costi. Deve essere però chiaro che un servizio qualitativamente e quantitativamente soddisfacente dipende in primo luogo da chi quel servizio lo ordina e lo finanzia, cioè dagli Enti Locali interessati. Non ci può essere un buon servizio se non vi sono adeguati finanziamenti, i quali però devono essere mirati a coprire non i disavanzi aziendali ma i costi del servizio commissionato dagli Enti. In quest’ottica, se lo stesso servizio può essere fornito da un’altra azienda a costi inferiori, non c’è motivo perché questo continui a essere fornito dall’azienda “storica”, generando un’inutile aggravio di spesa per gli stessi Enti. Tuttavia, a livelli comparabili di costi ed efficienza, un’azienda maggiormente radicata nel territorio potrebbe fornire servizi migliori e più rispondenti alle esigenze locali.
3) ATM e GTT sono tra loro “compatibili”: sono territorialmente vicine, sono comparabili come dimensioni (pur essendo ATM più grande), svolgono servizio in realtà simili e hanno reti di trasporto e livelli di efficienza simili.
Equivoci:
1) Non è necessariamente vero che un eventuale cambio di gestione comporti rischi di licenziamento per il personale dell’azienda che perde la gara: basta che questa preveda una “clausola sociale” (com’è sempre stato fatto finora) per cui chi vince si deve far carico del personale impiegato al momento del subentro
2) Non è vero che sono le gare a mettere a rischio la sopravvivenza delle aziende più piccole: anche senza competizione più si allarga il divario con le aziende maggiori, più gli Enti Locali prendono atto che non possono continuare a pagare di più per avere di meno, in un contesto di sempre minori risorse pubbliche per il TPL: prima o poi l’azienda pubblica o viene liqiudata (come successo di recente con il CTNM in Brianza) o viene privatizzata (e quindi acquistata dagli stessi grandi gruppi, si vedano i casi di Trieste, Cremona, Udine e Como, partecipate dall’inglese Arriva, o di Genova, la cui azienda AMT è stata ceduta per il 41% alla francese Transdev)
3) L’avere una grande azienda non comporta necessariamente un servizio migliore: questo avviene solo se vi è un Ente Pubblico, preferibilmente terzo (Authority o Agenzia per la mobilità), per evitare conflitti d’interesse (se il Comune è anche azionista di un’azienda di trasporto), e che sia competente su un intero bacino di traffico, al di là delle divisioni amministrative; tale Ente deve avere competenza assoluta su pianificazione (=disegnare la rete, stabilire la quantità e la qualità del servizio), gestione e allocazione risorse, politica tariffaria, scelta del gestore del servizio e vigilanza sul rispetto dei termini contrattuali da parte del gestore selezionato. Quest’ultimo deve essere selezionato preferibilmente con una procedura trasparente e competitiva (=gara), di modo da garantire che esso sia quello che a parità di quantità e qualità di servizio (stabiliti dall’Authority e non dal gestore, compatibilmente con gli obiettivi di mobilità e le risorse disponibili) costi di meno. E’ chiaro che in un contesto simile l’azienda pubblica “storica” può continuare a gestire il servizio solo se ha dimensioni e capacità paragonabili ai colossi esteri
4) In definitiva, dal punto di vista dell’utenza, qualità e quantità del servizio non dipendono tanto dall’azienda, ma soprattutto da chi quel servizio lo pianifica, lo finanzia e lo controlla, cioè l’Ente preposto (Comune, Provincia, Regione, meglio ancora Authority di bacino).
5) Francamente non ha molto senso parlare di biglietto unico come conseguenza della fusione; è vero da un lato che un’unica azienda facilita l’integrazione tariffaria, tuttavia:
a) come detto la politica tariffaria deve essere di competenza non delle aziende ma degli Enti Locali, visto che sono questi ultimi che pagano il servizio che, giova sempre ricordare, non è MAI in attivo, chiunque sia il gestore; poi è vero che nel caso di Milano e Torino Comune e azienda coincidono, ma come è detto è bene che ente regolatore e azienda siano ben distinti
b) l’integrazione tariffaria esiste anche laddove operano azienda diverse; è vero che poi è difficile suddividere gli introiti tra le varie aziende in quanto occorre stimare i passeggeri trasportati da ognuna, tuttavia le nuove tecnologie (bigliettazione elettronica) aiutano a semplificare il problema
c) non esiste esempio significativo in Europa in cui un’azienda che gestisce più reti in più città offra titoli di viaggio validi in due o più reti da essa gestite. Tanto per fare un esempio, il fatto che le aziende di Strasburgo e Genova siano entrambe di Transdev non significa che esista un titolo di viaggio unico per le due città.
6) Quanto detto è quello che ormai si va affermando ovunque in Europa: in tutte le principali città esiste un’Authority o un Consorzio sovracomunale per i trasporti nell’area metropolitana che svolge la funzione di pianificatore, collettore ed erogatore di risorse e controllore per ogni tipo di trasporto nel territorio di competenza. Purtroppo ciò non è ancora ben chiaro in Italia, dove tuttora non si comprende la necessità di un soggetto unico responsabile dell’insieme dei trasporti di un’intera area metropolitana, indipendentemente dai confini amministrativi, dalle aziende operanti e dalle modalità di trasporto (treno, bus, metrò, ecc.); un soggetto che è pubblico ma distinto dagli Enti Locali esistenti nel territorio, e che sia quindi in grado di agire con la necessaria imparzialità per lo sviluppo sostenibile della mobilità senza fare l’interesse di aziende di sua proprietà. Questo aspetto è fondamentale in un contesto di assegnazione del servizio tramite gara, dove chiaramente è elemento di dubbia trasparenza il fatto che Ente aggiudicante e azienda concorrente siano la stessa “persona”; ma è importante anche in un contesto non competitivo (affidamento diretto), dove però vi sia (com’è sempre auspicabile) un contratto ben definito tra Ente e azienda con annesse possibilità sanzionatorie in caso di inadempienza (come si può multare se stessi?). La mancanza di un’Authority sovracomunale è poi la causa prima dell’attuale disparità, al tempo stesso tariffaria e di offerta (quantità e qualità del servizio), tra Comune capoluogo e Comuni di cintura, che quasi ovunque in Italia hanno un servizio molto più caro e al tempo stesso molto più scadente semplicemente perché sono “al di là del confine” e non sono azionisti dell’azienda che eroga il servizio, nonostante ormai dal punto di vista sociale ed urbanistico capoluogo ed Hinterland constituiscano un corpo unico senza soluzione di continuità.
Dati fusione GTT-ATM e comparazione con i colossi esteri (dati 2006):
<img src="http://www.ecodallecitta.it/img/tab1.png" border="1">
<font size="1">** TRANSDEV è partecipata al 25% da RATP
°° i dati includono le società partecipate</font>
Dalla tabella si evince come la fusione ATM-GTT porterebbe alla creazione del 9° gruppo più grande d’Europa a livello di fatturato (attualmente sono rispettivamente al 14° e 16°). Si vede anche come la competizione internazionale, se da un lato porta all’affermazione di grandi gruppi, dall’altra non necessariamente questi per affermarsi devono avere una proprietà di tipo privato (RATP è 100% pubblica, Keolis e Transdev sono miste pubblico-private). Dunque l’essere di proprietà di due Comuni non costituisce di per sé un handicap per la competizione internazionale.
Per quanto riguarda l’assetto societario di ATM-GTT, il nodo principale è la diversa dimensione delle due imprese, di cui non si potrà non tener conto. L’operazione richiederà quindi il giusto equilibrio e i giusti correttivi che evitino uno squilibrio eccessivo a favore della componente milanese. Per il momento l’ipotesi più accreditata è la creazione di una holding di proprietà dei due Comuni; il passaggio più delicato sarà quindi stabilirne la quota. La holding a sua volta controllerà il 100% delle due società operative, a Torino e a Milano. In questo modo, le due aziende resterebbero di fatto autonome, condividendo però quelle funzioni che, centralizzate, possono garantire maggiori efficienza e risparmio di costi (finanza, acquisti, logistica)