La ricerca di Legambiente
versione provvisoria (senza tabelle)
09 April, 2008
La rottamazione delle automobili produce davvero vantaggi ambientali? E’ possibile che dopo anni di decreti per la rottamazione delle automobili a nessun Governo sia mai venuto in mente di calcolare se effettivamente questo provvedimento ha ripercussioni positive sull’ambiente e sull’atmosfera? E ancora: può essere considerata sostenibile (non solo da un punto di vista ambientale, ma anche per l’economia familiare) una norma che sollecita a buttare un prodotto quando potrebbe ancora durare qualche anno di più?
Detto questo, si può tentare una valutazione della correttezza di questa affermazione partendo dall’analisi delle emissioni complessive di CO2 prodotte da una autovettura nell’arco dell’intero ciclo di vita (produzione, uso, approvvigionamento petrolifero, smaltimento). Il nostro caso di studio esamina due potenziali scelte di uno stesso automobilista che percorre mediamente 15mila chilometri ogni anno: nel primo caso opta per cambiare macchina ogni 10 anni, nel secondo sceglie di tenere la stessa vettura per 15 anni. Il lasso di tempo su cui è stata fatta l’analisi è di 30 anni.
Nel primo caso dunque dopo dieci anni – usufruendo del contributo per la rottamazione – cede la sua vettura e compra un modello analogo. Poi dopo dieci anni ripete la stessa operazione. In un trentennio dunque avrà utilizzato complessivamente tre autovetture (la seconda più efficiente e meno inquinante della prima, la terza migliore da un punto di vista ambientale della seconda) e coperto 450mila chilometri.
Nel secondo caso cambia l’automobile una sola volta e avrà dunque utilizzato in 30 anni due autovetture sempre per fare 450mila chilometri.
I nostri calcoli evidenziano come il maggiore ricorso al rinnovo del parco auto porti a una maggiore quantità di emissioni di CO2, esattamente il contrario di quello che hanno sostenuto finora sia il Governo che le case automobilistiche nel presentare i vantaggi della rottamazione. E’ vero, certo, che i nuovi modelli sono ambientalmente meno impattanti rispetto ai precedenti, ma la minore produzione di emissioni per chilometro percorso non compensa (nel breve-medio periodo) la quantità di energia (e dunque di emissioni supplementari) necessarie a costruire le vetture. Va peraltro sottolineato che per fare questa valutazione abbiamo utilizzato i valori di una berlina diesel attualmente in commercio, tra le più “ecologiche” del suo segmento, mentre la vettura di partenza (acquistata 10 anni fa) non aveva particolari doti ambientali.
A proposito dei dati di partenza. Per poter fare il calcolo c’è evidentemente bisogno del Life Cycle Assessment (della valutazione del ciclo di vita) del prodotto, un metodo oggettivo di valutazione e quantificazione dei carichi energetici ed ambientali e degli impatti potenziali associati dall’acquisizione delle materie prime al fine vita (dalla culla alla tomba). Qui c’è la prima difficoltà. Nonostante le numerose rottamazioni decise da governi di colore diverso e nonostante l’assunto che lo svecchiamento del parco automobilistico rappresenti automaticamente un vantaggio ambientale nessuno ha mai pensato di valutare tecnicamente l’efficacia del provvedimento. Peraltro di LCA, Life Cycle Assessment, l’industria automobilistica ne ha prodotte in assoluto pochissime e per questo motivo non c’è una gran scelta di modelli su cui fare analisi comparative.
Una delle poche marche automobilistiche che ha realizzato una analisi di questo tipo è la Volkswagen: per alcuni suoi modelli è disponibile l’inventario delle emissioni del ciclo di vita della vettura. E’ da qui dunque che si può partire per provare di realizzare una valutazione dell’efficacia del rinnovo del parco automobilistico sulla riduzione delle emissioni.
L’esame parallelo interessa una Vw Passat 1.9 TDI del 1998 e una Vw Passat Estate 1.9 TDI DPF BlueMotion del 2007, pubblicizzata dalla casa costruttrice in questo modo: “efficiente per natura, grande attenzione ai risparmi e all’ambiente con filtro antiparticolato di serie”.
Vediamo le principali caratteristiche delle due vetture utili al nostro esame:
Cilindrata Peso Alimentazione Produzione CO2 Consumo medio
Passat 1998 1.9 ca 1300 kg Diesel 148 g/km 5,5 lt/100 km
Passat 2007 1.9 ca 1500 kg Diesel 137 g/km 5,2 lt /100 km
E’ bene far precedere l’esame comparato da alcune informazioni preliminari. Il ciclo di vita di una vettura può essere suddiviso in quattro macrofasi. La produzione, l’approvvigionamento di carburante (tutte le operazioni che servono a portare il greggio dai pozzi al serbatoio), l’uso, lo smaltimento. Per i modelli esaminati le varie fasi pesano sulla produzione di CO2 nelle percentuali dello schema riportato qui sotto.
Può essere utile anche sapere quali materiali compongono la vettura:
I numeri.
I primi dieci anni, in base all’ipotesi considerata, portano una produzione complessiva di CO2 pari a 35,3 tonnellate.
Nel 2008, nel primo scenario, il proprietario rottama la sua vettura e la sostituisce con l’evoluzione (meno inquinante) della sua auto precedente. Nei dieci anni successivi – grazie al miglioramento del processo produttivo, ai minori consumi e all’abbattimento delle emissioni inquinanti – la sua produzione di CO2 sarà più contenuta: 28,72 tonnellate e una riduzione del 15% circa rispetto al modello rottamato. Dieci anni dopo, nel 2018, si comporterà allo stesso modo. Rottamerà la sua vettura acquistando un modello simile per cilindrata e prestazioni. Ipotizzando anche un’analoga evoluzione della tecnologia (ossia un ulteriore risparmio di circa il 15% delle emissioni) la sua produzione di emissioni in questo caso sarà di 24,3 tonnellate. Complessivamente, nell’arco dei trent’anni e con tre auto, il primo proprietario avrà dunque emesso 88,31 tonnellate di gas serra.
Nel secondo scenario, invece, l’automobilista arrivato al 2008 (e dunque con un auto che ha 10 anni e 150mila chilometri) decide di mantenere la sua vettura ancora per un quinquennio. Dall’uso della vettura per altri 75mila chilometri deriverà una quantità di CO2 pari a 11,1 tonnellate a cui vanno sommate 3,2 tonnellate per l’approvvigionamento del petrolio. Demolisce quindi la sua vettura nel 2013 passando, come nel primo scenario, a un modello simile per cilindrata e prestazioni. Anche qui si può ipotizzare un analogo trend del taglio dei gas serra per la produzione e l’uso dell’auto, ossia un abbattimento di circa il 24% nel 2013 rispetto al modello precedente. Con questa nuova vettura produrrà nel corso dei quindici anni successivi 37,2 tonnellate di CO2. Il secondo proprietario, perciò, avrà emesso in totale, sempre in trent’anni ma con due soli veicoli, 86,66 tonnellate di CO2.