La raccolta differenziata nella periferia napoletana
Nei quartieri periferici del capoluogo campano è cambiato molto poco rispetto ai giorni più caldi dell’emergenza rifiuti, le strade sono piene di immondizia e la presenza delle amministrazioni è ancora troppo blanda
01 May, 2008
A cinquanta giorni dall’approvazione del piano della raccolta differenziata per il comune di Napoli, la Repubblica ha fatto un inchiesta per verificare l’effettiva utilità dei servizi offerti da Asìa spa. Risultato: operatori di call-center poco informati, mappe della distribuzione dei contenitori per la differenziata non aggiornate e difficoltà per i cittadini volenterosi.
Ma la raccolta differenziata a Napoli è davvero un flop? Siamo andati in giro per le strade della periferia per capire qual è la situazione nei quartieri più degradati della città. Ebbene, lo scenario non è stato dei migliori. In tutti gli assi di supporto ci sono chilometri di rifiuti di qualsiasi tipo. Mobili, frigoriferi, pneumatici, televisori occupano le piazzole di sosta. A Ponticelli vicino ad un campo rom, forse c’è la situazione di maggiore devastazione, chilometri di strade stracolme di rifiuti, ed accanto furgoncini degli abitanti del campo e persone che ogni giorno cercano nell’immondizia qualcosa di utile. Accanto alle case che si trovano nelle vicinanze del campo, non si vedono contenitori. A Poggioreale, a pochi metri dal mercato delle pulci c’è una fila di macchine cariche di scatoloni pieni di rifiuti pronte a scaricare l’invenduto, si tratta principalmente di Raee. Nell’area antistante del mercato, non ci sono ancora spazi destinati alla raccolta. Nelle zone più nascoste di Gianturco, dove ci sono vere e proprie discariche a cielo aperto, la situazione non è migliore.
C’è una parte di Napoli, dunque, che continua ad essere abbandonata a se stessa. Il problema non sta tanto nella raccolta, che grazie anche all’esercito viene effettuata anche in queste zone, ma nel fatto che bastano poche settimane per ritrovarsi nella condizione di partenza. Il nodo centrale è l’assenza di vera attività di informazione sul territorio da parte dell’amministrazione comunale, che sembra aver delegato completamente alla gestione straordinaria il problema dei rifiuti. Il piano della raccolta differenziata presenta ad oggi notevoli ritardi, specialmente per quel che riguarda l’attività di porta a porta, che sarebbe già dovuta partire. Sul sito del comune dalla prima settimana dopo pasqua non c’è un solo accenno all’emergenza. L’attività di sensibilizzazione svolta dall’amministrazione Iervolino si è risolta in quattro giornate di raccolta differenziata straordinaria. Basta questo per la città di Napoli? Nei quartieri periferici di Napoli, caratterizzati da situazioni di forte marginalità, da livelli di istruzione ancora troppo bassi rispetto alla media nazionale e da una forte presenza criminosa, le iniziative per fronteggiare l’emergenza non possono non tener conto del contesto di riferimento. Non possono non prevedere una presenza più massiccia sul territorio, fatta non solo di maggiori controlli, di una migliore dislocazione dei contenitori per il conferimento, ma anche di una più capillare sensibilizzazione rispetto a questi temi, l’unico modo per affrontare anni di mal costume da parte degli stessi cittadini. Questo a Napoli manca ancora.
Intanto, il 30 aprile sono scaduti i termini entro cui i comuni avrebbero dovuto inviare al Commissariato Straordinario per l’emergenza rifiuti la comunicazione finalizzata ad attestare le misure di carattere tecnico - amministrativo intraprese per avviare la raccolta differenziata. Sarà, dunque, il Commissariato a giudicare l’operato dell’amministrazione comunale napoletana.