Roma iniziò con qualche gaffe «Ma ora ci ha copiato Londra»
16 February, 2004
Nell’ottobre 2001, mese e anno di grazia in cui nel centro di Roma debuttarono le prime telecamere, fu una specie di caos. «Arrivarono multe un po’ a tutti, compresi gli autobus del Comune, e anche a gente che non aveva mai messo piede a Roma - spiegano alla Sta, l’agenzia per la mobilità locale - e il motivo era che l’occhio elettronico, specialmente quando il veicolo sfrecciava sotto l’obiettivo a velocità elevata, non riusciva a immortalare in modo nitido numeri e lettere della targa... in più i vigili, che in quei mesi non avevano gradito molto l’arrivo delle nuove tecnologie, diciamo che non si erano neppure troppo preoccupati di controllare fino in fondo i dati del veicolo in questione». Problemi della prima ora, comunque. Perché oggi il sistema di telecamere che sorveglia la Ztl romana (nella capitale il blocco dura dalle 6,30 alle 18, altro che le nostre tre ore mattutine) riscuote così tanto successo che si pensa di estenderlo anche nella zona universitaria e sull’Appia Antica. A inorgoglire gli ideatori del sistema capitolino ci hanno pensato gli assessori al Traffico di Londra i quali, prima di acquistare le porte del «road pricing», si sono fatti un giretto sotto il Colosseo. E i soliti furbi delle quattro ruote, invece, come se la sono cavata? «All’inizio - spiegano sempre alla Sta - ci hanno provato in diversi modi. Quello più usato era il metodo Smart. Ai possessori di questa vetturetta per beffare le telecamere bastava alzare il portellone posteriore. E’ bastata una buona dose di multe perché questi signori abbiamo poi rinunciato alla scorciatoia». Un altro stratagemma super-utilizzato è stato quello della targa sporcata ad arte. Ma anche lì, dopo i primi sequestri, i furbi hanno desistito. Terzo trucco (ancora in vigore): l’ingresso contromano per non ritrovarsi a tu per tu con l’occhio della telecamera: «Sì, è vero, lo hanno fatto in molti - confermano i vigili romani - ma ogni volta che li pizzichiamo sono verbali dolorosi». A Roma (come del resto succederà, da lunedì, a Torino) l’unico modo per entrare «motorizzati» all’interno della Ztl è in sella a una moto. «Per le due ruote c’è il via libera - spiegano ancora in municipio -, se l’assessore Di Carlo le avesse bloccate ci sarebbe stata la rivolta popolare». La prima idea, di affidare a un occhio elettronico la selezione dei veicoli diretti in centro, venne, ormai cinque anni or sono, all’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli. Ma fu solo nei primi mesi dell’amministrazione Veltroni - 1° ottobre 2001 - che il provvedimento diventò realtà. I giorni del debutto furono scanditi da una mattanza di multe: «Molti ancora ignoravano il provvedimento - spiega l’assessore Di Carlo - arrivammo a farne 15 mila al giorno. Oggi quel numero si è ridotto a 6 mila di cui l’83% è costituito da trasgressori non abituali e spesso neppure romani». In Campidoglio, insomma, sono soddisfatti della performance dei 22 occhi elettronici sparsi come sentinelle attorno ai 4 chilometri quadrati del centro cittadino: «Nell’ultimo anno - dice ancora l’assessore - lo smog si è ridotto del 20 per cento, e il traffico del 15: le auto che entravano ogni giorno erano 90 mila, poi sono di colpo scese a 70 mila». Ma ci sono pure cittadini che ancor oggi non condividono il provvedimento e vi si accaniscono contro, spiegando che è soltanto un modo per fare cassa: «In un anno il Comune ricava 2 milioni di euro soltanto dalle multe di chi entra nella Ztl abusivamente, ecco la vera ragione del provvedimento: il business». I permessi, in realtà, sono molto più cari che a Torino e arrivano a costare una media di 350 euro a tagliando. La ragione? «Se non li facessimo pagare - ha spiegato più volte l’assessore Di Carlo - saremmo al punto di prima. Ma sa lei quanti ministeri, enti o autorità aventi diritto al permesso risiedono nel centro storico?».