Il deposito su cauzione guadagna terreno in Australia
15 July, 2021
Lo stato più popoloso dell’Australia, il New South Wales (NSW) – che ospita la più grande città australiana, Sydney – lancerà un programma di deposito su cauzione (CDS- Container Deposit Scheme) per i contenitori di bevande a partire dal luglio 2017.
L’annuncio è stato dato lo scorso maggio
dal premier Mike Baird che ha precisato che i costi di gestione
complessivi del CDS saranno finanziati dai produttori di bevande.
Saranno soggetti al deposito su cauzione di 10 centesimi
di A$ i contenitori di bevande da 1,5 a 3 litri. La cauzione verrà
restituita quando il contenitore verrà consegnato in uno dei diversi
punti di raccolta che verranno installati tra centri di deposito,
postazioni ambulanti e postazioni automatizzate (reverse vending
machines).
Se consideriamo che il cauzionamento è già entrato in vigore in due stati: nel South Australia (dal 1977) e nel Northern Territory (dal 2012), quando si aggiungerà nel 2017 lo stato del Nuovo Galles del Sud, dove vive il 32% della popolazione australiana, saranno quattro australiani su dieci a vivere in uno stato coperto dal sistema.
Ma probabilmente la percentuale è destinata a crescere poiché anche lo stato del Queensland, dove risiede il 21% della popolazione australiana è propenso all’introduzione del cauzionamento. Il Liberal National Party ha infatti dichiarato che in caso di una sua rielezione introdurrà il sistema.
“Fornire alle persone un incentivo
economico per fare la cosa giusta contribuirà a ridurre notevolmente i
circa 160 milioni di contenitori di bevande abbandonati ogni anno“, ha detto il Premier Baird.
Jeff Angelo portavoce della Boomerang Alliance – che rappresenta 34
gruppi ambientalisti – ha così commentato l’annuncio del Premier ” Finalmente
dopo 13 lunghi anni di campagne con il sostegno quasi unanime delle
comunità -e i diversi governi che si sono succeduti- è stata
riconosciuta la validità del deposito su cauzione. Il sistema
che verrà introdotto nel 2017 potrà finalmente dimostrare di apportare
benefici all’ambiente e all’occupazione, dopo aver retto alle campagne
di disinformazione, all’opposizione dell’industria del beverage e aver
superato positivamente rigorose analisi di fattibilità economica e
ambientale. Stimiamo che il CDS- se ben progettato- possa aumentare il
fatturato annuo del settore del riciclaggio di circa 150 milioni di dollari attirando circa 160 milioni in investimenti del settore privato per costruire 600
nuovi punti di raccolta e riciclo in tutto lo stato. Ci aspettiamo che
gli altri stati prendano seriamente in considerazione l’adozione di un
CDS per poter ridurre del 45% la quantità dei rifiuti che le comunità devono gestire, sobbarcandosene i costi, e dimezzare la marea di plastica tossica che l’inchiesta recente del Senato ha descritto come una crisi sanitaria incombente.
Il Senato chiede agli stati di introdurre un CDS entro il 2020
Il Senato australiano ha pubblicato a fine aprile 2016 un rapporto dall’eloquente titolo “Toxic Tide”
(Marea Tossica) che ha analizzato l’impatto della plastica
sull’ambiente marino australiano. La raccomandazione che scaturisce dal
corposo rapporto ai senatori è quella di adottare un CDS entro il 2020
in tutta l’Australia.
Dopo aver ricevuto centinaia di proposte e testimonianze da governi
locali, comunità e sentito il parere di eminenti scienziati, il Senato
ha infatti concluso che “il livello di inquinamento da plastica
in Autralia e nelle sue acque è un problema in costante aumento che non
può più essere ignorato” .
Dal rapporto e dagli interventi dei senatori sono emersi alcuni elementi
che dimostrano le potenzialità dello strumento del CDS che si stima in
grado di ridurre di circa 35.000 tonnellate ogni anno
le quantità di imballaggi che finiscono nei corsi d’acqua e nei mari
australiani. Se si prendono in esame i dati sulla quantità e tipologia
dei rifiuti raccolti nel 2012 di Clean Up Australia si evince che negli stati dove non è in vigore un CDS 1 rifiuto raccolto su 3 è
mediamente rappresentato da un contenitore per bevande mentre nello
stato dell’Australia del Sud, dove vide il cauzionamento, la percentuale
è di 1 su 12 rifiuti raccolti. Comparando inoltre le
performance di raccolta e avvio a riciclo dello stesso stato del South
Australia si può notare che, anche qui, i dati si commentano da soli.
L’avvio a riciclo dei contenitori di bevande è all’86% contro il 35% del NSW, il 30% della Tasmania e il misero 10% per quando concerne la percentuale di intercettazione degli imballaggi nei luoghi di vacanza e in occasione di grandi eventi.
I senatori che hanno presentato il rapporto si dichiarano convinti che i
sistemi di cauzionamento rappresentino una modalità semplice e
conveniente per cambiare il comportamento dei consumatori e incoraggiare
una partecipazione diffusa al riciclaggio. Seppur riconoscendo la
necessità di prendere in esame i costi di un programma di CDS i senatori
hanno respinto gli argomenti allarmistici avanzati dall’industria del beverage
nella convinzione che i sistemi di cauzionamento possono coesistere con
i sistemi di raccolta differenziata, e hanno pertanto invitato gli
stati ad attivarsi in tal senso.
Il Senato non ha inoltre accolto favorevolmente alcune iniziative
proposte dall’industria in alternativa ad un deposito su cauzione nello
stato del Galles del Sud come il controverso programma Thirst for Good per
l’inefficacia che esperienze simili attuate all’estero hanno
dimostrato. Maggiori dettagli si possono avere dalla lettura del
documento della Boomerang Alliance che attraverso un breve schema entra nel dettaglio del programma contrapponendogli un’analisi dei costi/benefici di un CDS.(1)
Secondo Greeen Peace Australia in realtà Thirst for Good
è un’iniziativa che ha prevalentemente dietro la Coca Cola, anche se è
stata presentata come una proposta sviluppata e sostenuta dall’Australian Food and Grocery Council per conto dell’industria del beverage.
Non è d’altronde un segreto che la Coca Cola abbia come missione il cercare
di impedire in tutto il mondo la partenza di programmi di CDS,
utilizzando anche l’arma legale come avvenuto con la causa intentata
allo stato del Northern Territory.
Non per nulla Green Peace AU ha preso di mira la sola multinazionale con un video (Litter is not a Joke)
ricordando che nel rapporto annuale del 2012 della multinazionale si
trova un passaggio che chiarisce la posizione della Coca Cola nei confronti di quelle
politiche governative sugli imballaggi che hanno l'effetto di erodere i margini di
guadagno: “beverage container deposits, recycling, eco tax and/or product stewardship” (adottati nei maggiori mercati dove Coca Cola opera) "could affect our costs or require changes in our distribution model,
which could reduce our net operating revenues or profitability“.
Va da sé quindi che la strategia
adottata dalla multinazionale a livello globale sia quella di tentare di
stroncare provvedimenti come CDS, eco-tasse o programmi di ERP
intrapresi da governi. Così è avvenuto in Olanda negli ultimi anni come vi abbiamo raccontato in tre post
quando la Coca Cola si attivò per tentare di cancellare il
cauzionamento sulle bottiglie grandi e impedirne un’estensione ad altri
formati, al punto che sui media olandesi si parlò di un ministero della
Coca Cola. La multinazionale ha commissionato qualche anno fa, insieme
ad altri soggetti industriali, uno studio per quantificare i costi
sull’estensione di un CDS in Olanda alla Wageningen Universiteit (WU).
Lo studio, che doveva servire al Governo per decidere in merito al
sistema nel 2014, si è rivelato uno studio contenente dati appositamente
creati e gonfiati per dimostrare l’insostenibilità economica del
sistema. La questione, come esempio dell’influenza delle lobby
industriali sulle decisioni del governo che concernono gli imballaggi, è
ancora all’ordine del giorno, con il partito del lavoro Partij van de Arbeid, PvdA che ne ha fatto oggetto di un’interrogazione parlamentare ad inizio anno.
Sia la campagna prima citata Thirst for Good che altre
iniziative proposte dalle aziende quando un governo paventa l’intenzione
di introdurre un cauzionamento prevedono lo stanziamento di somme da
parte dell’industria per sovvenzionare campagne di sensibilizzazione,
operazioni di pulizia, approvvigionamento di contenitori per raccogliere
rifiuti o di altri strumenti come telecamere per contrastare
l’abbandono di rifiuti. E’ avvenuto in Olanda, nelle Fiandre
e in diversi altri paesi ogni qualvolta che le responsabilità
dell’industria venivano pubblicamente additate e si palesavano
all’orizzonte possibili azioni governative di regolazione o contrasto al
littering causato dagli imballaggi.
Peccato che per quanto concerne gli imballaggi tutte queste iniziative non abbiano mai, neppur lontanamente ottenuto i risultati che solamente il deposito su cauzione ha dimostrato di poter ottenere -e sul lungo periodo- come dimostrano tutte le esperienze in corso a livello internazionale. Il deposito su cauzione finalizzato
al riuso dei contenitori (che è l’opzione preferibile realizzata entro
confini geografici limitati), o al riciclo, è l’unico strumento efficace per realizzare un’economia circolare degli imballaggi che oltretutto si ripaga da sè.