Packaging sostenibile e circolare: a quando?
19 September, 2019
La sfida che le aziende hanno davanti è quella di adottare quelle innovazioni tecnologiche che, oltre a rispondere alle esigenze funzionali richieste dal packaging, generino un impatto sistemico positivo sotto l’aspetto sociale, ambientale ed economico.
Prima parte di un intervento pubblicato nel volume “20 anni di gestione degli imballaggi orologi economici – Cosa è stato fatto, cosa resta da fare”, a cura dell’Associazione Comuni Virtuosi con la collaborazione di ESPER. La seconda parte si trova qui.
A distanza di cinque anni dal lancio della campagna “Meno Rifiuti più Risorse in 10 mosse” , indirizzata al mondo della produzione e della distribuzione per sollecitare un approccio alla progettazione di beni e imballaggi in chiave sostenibile, lo scenario è sì cambiato, ma non in meglio.
La produzione di rifiuti urbani, industriali e da imballaggio è in crescita, così come quella quota del packaging dal basso valore post consumo che non può essere riciclata.
Nonostante i proclami a favore dell’ambiente in cui le aziende amano spendersi, quando si tratta di progettare un prodotto o un imballaggio la valutazione sull’impatto del fine vita rimane spesso confinata sullo sfondo.
Non è mistero che nella progettazione di un imballaggio siano gli aspetti attinenti alle varie funzionalità dell’imballaggio, insieme a considerazioni di ordine economico e di marketing, a determinarne le scelte. “Molte delle innovazioni che riguardano gli imballaggi cellulosici sono funzionali al prolungamento della shelf life dei prodotti” spiega Comieco in una recente intervista.
Da quando il tema dello spreco alimentare ha acquisito maggiore rilevanza sui media e nell’opinione pubblica la tesi che l'industria propone con maggior forza è quella che il miglioramento della shelf life di un prodotto giustifichi lo spreco di materia e l’inquinamento provocato dallo smaltimento (evitabile) dei rifiuti da imballaggio come se fosse “un male minore”.
In realtà per poter affermare con cognizione di causa, che sia davvero impossibile progettare per uno specifico prodotto un imballaggio che possa coniugare funzionalità, l’appeal estetico e riciclabilità si dovrebbe entrare nel merito dei singoli casi.
Quando, ad esempio, i supermercati dedicano metri e metri di banchi frigo a monoporzioni di frutta o verdura tagliata e sbucciata pronta all’uso, e a flaconcini di latticini vari (non riciclabili per le loro dimensioni) si sta risolvendo- o creando- un problema di spreco?
La tipologia dell’offerta, più o meno imballata, che si trova sugli scaffali della GDO ha un peso importante nell’indirizzare le scelte dei consumatori. Pertanto, se si vuole agire per ridurre lo spreco alimentare, così come del packaging, è necessario intervenire anche sulla natura dell’offerta che i cittadini trovano a scaffale rendendola più sostenibile.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) per sostenere la richiesta di risorse da parte della popolazione mondiale al 2030 avremo necessità del 40% in più di legname e fibre cellulosiche, del 40% in più di acqua , del 50% in più di cibo e del 40% in più di energia.
Seguendo anche il filo della campagna “Meno rifiuti più risorse” diventa pertanto più che mai urgente intervenire prima che il rifiuto venga generato.
La prima mossa rivolta al mondo produttivo recita infatti: disegnare i prodotti e i servizi del futuro in una visione di design sistemico (o di economia circolare) ispirata ai sistemi naturali dove nulla va sprecato. L’economia circolare è infatti un’economia rigenerativa dove i prodotti a fine vita vengono metabolizzati in un sistema biologico per tornare alla terra, oppure tecnico per essere utilizzati in nuovi cicli produttivi mantenendo il valore economico dei materiali il più a lungo possibile.
DIRETTIVE EUROPEE SUI RIFIUTI E CIRCULAR ECONOMY
L’Europa sta spingendo per avviare una transizione verso un’economia circolare che punta a ridurre il prelievo di risorse naturali, ridurre al minimo i rifiuti da smaltire attraverso modelli di produzione e di consumo che prevengano la generazione del rifiuto, prolunghino il ciclo di vita dei prodotti, promuovano il riuso e massimizzino il riciclo.
Il primo passo concreto e rilevante in questo percorso sarà l’attuazione della nuova Direttiva europea sui rifiuti e del pacchetto sull’economia circolare che dovrebbe essere approvata entro fine 2017.
La Commissione ha fissato specifici target di riciclo degli imballaggi, differenziati per materiale, che i paesi membri devono perseguire: entro il 2025 ogni stato dovrà riciclare almeno il 65% dei suoi rifiuti da imballaggio e, nello specifico, il 55% della plastica, il 60% del legno, il 75% dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro e della carta. Entro il 2030, invece, il target da raggiungere dovrà essere quello del 75%, con un obiettivo del 75% per gli imballaggi in legno e dell’85% per quelli in acciaio, alluminio, vetro, carta e cartone. Per la plastica rimane il 55%. (questo dato verrà a breve aggiornato con l’uscita del documento definitivo ndr)
QUALCHE DATO SULL’AUMENTO DEGLI IMBALLAGGI
Secondo i dati del Conai la produzione di imballaggi in Italia ha avuto nel 2016 una crescita del 3,2% rispetto al 2015 e l’impiego di imballaggi è cresciuto del 4,4% .
Nel 2016 il peso degli imballaggi immessi al consumo ha raggiunto i 12,6milioni di tonnellate con una crescita del 2,2% rispetto al 2015.
Uno studio di GEO (Green Economy Observatory) dello IEFE-Università Bocconi presentato recentemente ha stimato quanti di rifiuti da imballaggio potrebbero essere prodotti al 2030. Il modello utilizzato dallo studio ha quantificato in 4 milioni di tonnellate la quantità di rifiuti che sarebbe possibile evitare grazie a politiche di riduzione e innovazione tecnologica. Quest’importante riduzione viene però minimizzata da un aumento nella produzione di rifiuti – che vale più del doppio– dovuto alle modalità di consumo e stili di vita . Tra i fattori che contribuiscono all’aumento degli imballaggi c’è un crescente ricorso agli acquisti online e la riduzione della dimensione dei nuclei famigliari che favorisce un maggior consumo di cibo pronto all’uso e monoporzioni a maggiore impatto di packaging.
GOOD NEWS
Lo studio di GEO è portatore di una buona notizia perché il raggiungimento degli obiettivi di riciclo al 2030 posti dall’Unione Europea per il settore degli imballaggi non comporterà solamente un aumento dei quantitativi di rifiuti da gestire, e relativi costi, ma anche importanti benefici occupazionali ed ambientali.
Secondo lo studio il raggiungimento dei target al 2030 comporterà un aumento dell’occupazione diretta nel settore di circa 15.000 unità rispetto al 2015 e il risparmio di circa 18 milioni di tonnellate di CO2eq. Se monetizzato, tale risparmio ammonterebbe a circa 1 miliardo di euro di esternalità evitate.
RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI DI RICICLO
Per raggiungere gli obiettivi di riciclo previsti per il 2025 e 2030 è necessario agire sia a livello di normativa che attraverso il coinvolgimento del mondo industriale a livello volontario.
Come evidenziato anche dallo studio di GEO le filiere degli imballaggi che continueranno ad avere maggiore rilevanza, sia in termini di quantità avviate a riciclo che di costi, sono quelle della carta, vetro e plastica.
La filiera degli imballaggi in plastica è quella che incontrerà una maggiore difficoltà nel centrare gli obiettivi e al tempo stesso quella che genera il maggiore impatto economico dal punto di vista dei costi netti per la gestione di una singola tonnellata di rifiuti.
In Italia il deficit di catena reso noto da Corepla nel suo Bilancio di Sostenibilità per il 2016 è pari a 382€ a tonnellata calcolato dividendo i costi industriali sostenuti (al netto dei ricavi della vendita dei materiali) per i quantitativi imballaggi conferiti nella raccolta differenziata urbana (da superficie pubblica sono stati 980.000 t). Qualora invece mettessimo in relazione gli stessi costi industriali sostenuti con le quantità effettivamente riciclate dal sistema Corepla ( senza il contributo del settore del riciclo indipendente) risulterebbe che per ogni tonnellata riciclata sono stati investiti poco meno di 700€ a tonnellata.
Quale scenario economico possiamo aspettarci qualora le quantità di plastica raccolte aumentassero al ritmo attuale del 7% annuo e ci trovassimo a dover gestire al 2025 un 50% in più circa delle quantità attuali ?
Con il rischio che, se non viene aumentata drasticamente la percentuale di riuso (con il contenitore a rendere) e la riciclabilità con l’eco progettazione, non si arrivi, nonostante gli ingenti investimenti a raggiungere il 55% di target di riciclo.
La gestione della plastica è sempre più sotto i riflettori internazionali per le problematiche connesse al marine litter ed è oggetto di una nuova comunicazione della commissione europea “Strategy on Plastics in the circular economy” che verrà pubblicata a fine 2017 come parte del piano di azione per l’economia circolare. Alla plastica viene dedicato nel volume un box di approfondimento a fine articolo.
Dato per scontato che sono le scelte industriali in fase di progettazione di un bene o imballaggio a determinare una sua riusabilità o riciclabilità, è evidente che la partecipazione del mondo industriale è imprescindibile. Per spingere l’industria verso l’ecodesign e un maggiore utilizzo di imballaggi riutilizzabili o ricondizionabili (sia nel settore B2B che B2C), servono però sia incentivi fiscali che obiettivi di prevenzione/riuso/riciclo obbligatori per legge .
Condividiamo a tale proposito come Associazione Comuni Virtuosi (ACV), unico membro italiano della piattaforma europea Reloop (per la promozione del riuso e del deposito su cauzione per gli imballaggi), l’appello fatto alla Commissione europea di non approvare un obiettivo aggregato per riutilizzo e riciclaggio così come previsto nella bozza del pacchetto per l’economia circolare proposto dalla Commissione europea.
Un obiettivo aggregato non permette infatti di monitorare e agire sulle due aree di intervento con azioni promozionali o di eventuale incentivazione mirate ad accrescere le due diverse prestazioni. Solo assegnando target separati da raggiungere per il riciclaggio e il riutilizzo ci può essere la garanzia che la gerarchia di gestione dei rifiuti venga rispettata, che il riutilizzo venga incoraggiato e che le imprese non si concentrino esclusivamente sul riciclaggio.
Sino a quando sarà più conveniente per le aziende fare ciò che non è ambientalmente più corretto, continuare con i prodotti usa e getta o l’incenerimento dei rifiuti, non vi sarà alcun incentivo a perseguire la sostenibilità nel business per la maggior parte delle aziende. Promuovere vantaggi fiscali per gli imballaggi riutilizzabili diventerebbe invece un modo per aumentare chiaramente l’appeal economico del riutilizzo.
Condividiamo nello specifico la necessità di fissare quote di riutilizzo riferite a “categorie” di imballaggi come i contenitori per bevande, gli imballaggi secondari e terziari e il resto del packaging come evidenzia il Direttore di Reloop Clarissa Morawski
“Il Parlamento europeo si è mostrato intenzionato a fissare una quota di riutilizzo per il packaging (non vincolante) compresa tra il 5 e il 10% e questo è un passo importante nella giusta direzione. Tuttavia, questi obiettivi, oltre ad essere vincolanti, dovrebbero essere perseguiti singolarmente da ciascuna categoria di imballaggio (contenitori per bevande, gli imballaggi industriali e il resto del packaging). Dovrebbe essere fissata entro il 2025 il raggiungimento di una quota obbligatoria del 10% di imballaggi riutilizzabili rispetto a quelli immessi sul mercato per categoria, che andrebbe aumentata di un ulteriore 20% entro il 2030 rispetto allo status raggiunto nel 2018.”
****UN PIANO CIRCOLARE PER L’ECONOMIA DELLE PLASTICHE****
Il programma ( e rapporto) The New Plastics Economy NPE lanciato nel 2016 dalla Fondazione Ellen McArthur per l’economia Circolare ha prodotto ad inizio anno 2017 il suo piano d’azione “Catalysing action” con l’obiettivo di rendere riciclabili o riusabili tutti gli imballaggi di plastica. Il piano di azione identifica allo scopo tre strategie di intervento basate su riprogettazione, riuso e riciclo. Entrando nel merito delle tipologie e quantità di imballaggio il piano indica quale quota rispetto all’immesso al consumo in peso può essere facilmente riciclata (50% ), quale riutilizzata (20% ) e quale necessita di una riprogettazione radicale ( 50% dell’immesso al consumo come unità e 30% in peso).
Il programma che vede la partecipazione di oltre quaranta soggetti prevalentemente industriali è stato lanciato un anno fa per aumentare il basso tasso di riciclo (14% a livello globale) e introdurre nuovi modelli circolari nell’utilizzo del packaging.
Oltre alle esternalità di ordine ambientale l’attuale modello economico lineare delle plastiche fa sì che il 95% del valore del packaging – stimabile in 60/120 miliardi di dollari- si perda dopo un singolo utilizzo. Delle 78 milioni di tonnellate di packaging immesso al consumo il 72% non viene recuperato. Mentre il 40% va in discarica, il 32% sfugge ai sistemi di raccolta “legali”. Questi ad altri dati sono contenuti nel rapporto The New Plastics Economy del 2016.
In seguito all’impulso dato dalla Fondazione McArthur, e dal suo specifico programma, le multinazionali aderenti hanno annunciato recentemente i propri obiettivi al 2025 in linea con le indicazione contenute nel piano. Brand come MARS, M&S, PepsiCo,Coca Cola, Unilever, Werner & Mertz e Mark & Spencer hanno dichiarato che entro il 2025 utilizzeranno solamente imballaggi riciclabili e maggiori quote di materia prima seconda.
Tra gli impegni più interessanti risaltano quelli di M&S e Werner & Mertz . Il primo, oltre agli obiettivi prima citati, si è impegnato, entro il 2022, ad introdurre prodotti che contengano plastica riciclata, ad eliminare tutte gli imballaggi e parti di imballaggio che possono più facilmente finire nell’ambiente e nei mari e valutare la possibilità di utilizzare un solo polimero per le sue tipologie di imballaggio per semplificare la differenziata e aumentare il riciclo. Werner & Mertz si è impegnato a passare dalle 70 milioni di bottiglie realizzate con il 100% di plastica riciclata (65% della sua produzione) ad un completo utilizzo di plastica riciclata per tutto il suo packaging entro il 2025.
La Coca Cola, oltre a raddoppiare la percentuale di PET riciclato nelle sue bottiglie ed arrivare ad almeno il 50% , ha preso più recentemente un impegno piuttosto sfidante all’interno del Sustainability Action Plan for Western Europe: di collaborare cioè con partner locali e nazionali affinché il 100% del suo packaging venga raccolto. La multinazionale ha rivisto la sua posizione di chiusura rispetto al deposito su cauzione per la prima volta in Scozia nel febbraio del 2017 dichiarando che avrebbe sostenuto un sistema di cauzionamento “ben disegnato” . E’ probabile che la stessa posizione valga per tutto il Regno Unito dove il sostegno al sistema sta crescendo anche da parte della Grande Distribuzione che ha visto anche Tesco aderire recentemente. Solamente l’Irlanda del Nord si è dichiarata ancora contraria ad una sua adozione.
Un’altro effetto positivo del programma è stato quello di riunire in un’alleanza “The Global Plastics Outreach Alliance” tre importanti associazioni di riciclatori di cui una americana: Association of Postconsumer Plastic Recyclers (APR), e due europee: Plastics Recyclers Europe e European PET Bottle Platform. Scopo dell’alleanza è realizzare uno standard/protocollo globale di riferimento per tutti le aziende e i progettisti di imballaggi in plastica armonizzando le linee guida sulla progettazione e i metodi di test per valutare la riciclabilità degli imballaggi (Design Guides and Testing Protocols) sin qui sviluppati in modo autonomo. E’ stata pubblicata intanto da Plastics Recyclers Europe PRE la versione aggiornata di Design for Recycling Guidelines, le linee guida per l’ecoprogettazione e il riciclo sviluppare Il documento sarà presto integrato all’interno di RecyClass, lo strumento di valutazione della riciclabilità degli imballaggi in plastica sviluppato da PRE.
**Pubblicata in data 16 gennaio 2018 “Rifiuti di plastica: una strategia europea per proteggere il pianeta e i cittadini e responsabilizzare le imprese”
Segue la seconda parte dal titolo : Packaging sostenibile e circolare: come arrivarci?
Per approfondimenti sui numeri evidenziati dal rapporto The New Plastics Economy leggi anche: Plastica : anche per gli imballaggi la sostenibilità non può attendere.