Diario di un esordiente. Quarto giorno
Sull'auto ametano o sulla pista da ballo sostenibile
11 October, 2009
di Luigi Carnevale
Mentre mi incamminavo a chiedere un panino al bar, sono stato fermato da due hostess che mi hanno invitato ad uscire nel piazzale retrostante per poter provare una macchina a metano. Perché no, mi sono detto. Ho preso il panino e sono uscito fuori. Arrivato nel posto indicatomi ho compilato due fogli con tutti i miei dati e sono stato introdotto - dall'istruttore-accompagnatore Rino Bellu verso la macchina a metano. Devo dirlo, non me l’aspettavo così grande! Un PK lungo credo 5 metri. Inserisco la chiave e parto. Nessuna differenza dalle auto normali a benzina. Confermo! L’unica cosa che mi fa strano è la sensazione di guida rialzata rispetto al livello delle auto che mi affiancano. Apprendo da Rino Bellu tutti i dettagli tecnici dell’autovettura. Ma poco mi interessano, non devo comprarla. Lui lo capisce e ci concentriamo sul fattore metano. Mi dice che utilizzando un’autovettura di media cilindrata alimentata a metano per percorrere i 720 chilometri che separano Torino da Roma si arriva a risparmiare in termini economici più della metà di ciò che si pagherebbe utilizzando un’autovettura a benzina. Senza parlare ovviamente del grande risparmio che si avrebbe sulle emissioni di Co2. Purtroppo continua, “le cose si possono fare, è che mancano gli intenti”. A giro finito, leggo l’opuscolo consegnatomi gentilmente da Cristina, l’addetta allo stand della “Great wall”, che è la produttrice di questo grande Pk a metano. Leggo che in Valle d’Aosta ed in Sardegna non sono ancora presenti stazioni di rifornimento. Che per garantire il funzionamento del veicolo bisogna sottoporlo a controlli decisamente costosi (costi revisione più 200 euro circa per montaggio o smontaggio dell’impianto) ogni 4 o 5 anni. E che il rifornimento in modalità self-service può avvenire solo con l’assistenza a distanza del personale addetto, e dunque solo nelle ore del giorno. Mi rendo conto che non è facile attuare un cambiamento su larga scala. Credo che se non mi fosse capitato di provare l’auto e quindi di cercare dati sul metano, ne avrei saputo molto poco. Ed è qui che entra in gioco la comunicazione, che su temi così importanti ha un ruolo primario. Nella sala Montreal stamattina si è parlato di “energia e cambiamento. Il ruolo della comunicazione”. E’ emerso dal dibattito che esiste una quantità abbondante di informazione che gira su tematiche legate all’energia. Il problema sta però nell’inesattezza di ciò che viene comunicato. “Luoghi comuni da sfatare, dati inesatti e pregiudizi sono nemici di un’informazione trasparente” si ricordava nella conferenza. A proposito di luoghi comuni ho scoperto con piacere uno spazio all’interno di “Experimenta” interamente dedicato ai bambini nel quale si impara giocando. Un po’ imbarazzato mi sono seduto tra di loro e ho cercato di ascoltare! L’animatrice-insegnante tramite musiche e giochi vari poneva alcune domande al , al pubblico dei piccoli il quale rispondeva, quasi sempre in modo sbagliato: ma proprio grazie a questi piccoli errori riusciva ad apprendere cose che comunemente vengono trattate in modo superficiale. Tanto per fare un esempio quando l’animatrice ha chiesto: “secondo voi l’effetto serra fa male?”, tutti hanno risposto in coro “si, fa male”. In verità anche io avrei risposto come loro. Fatto sta che l’effetto serra – spiega l’animatrice - permette al pianeta di mantenersi caldo, altrimenti “staremmo tutti con gli orsi polari e i pinguini!”. Meno imbarazzato e più informato mi alzo e vado verso la sala Montreal per assistere al convegno di Michel Smit e j.j.h. Paulides. Entrambi fanno parte del progetto “Soustenable dance floor” , la chiacchieratissima e poco calpestata pista da ballo istallata qui in questi giorni. Parlando con alcuni ingegneri presenti ho appreso che a Rotterdam è nata la prima discoteca sostenibile d’Europa, il “club watt”. Si tratta di un dancefloor sospeso su particolari cristalli in grado di produrre energia piezoelettrica, che da quanto mi dicono, non sarebbe altro che energia ricavata appunto da materiali come il quarzo ad esempio, che una volta fatti vibrare emettono una scarica elettrica. Funziona in pratica come alcuni accendigas che troviamo comunemente in giro.
Le batterie della mia “macchina fotografica” sono un po’ scariche. Vado a ricaricarle in vista della giornata di domani, l'ultima di questa densa kermesse sulle frontiere energetiche per il futuro.