RAEE, “C’è ancora molto da fare”: l’intervista al Direttore Generale di ReMedia Danilo Bonato
In seguito alla presentazione del Centro di Coordinamento Raee degli ultimi dati sul trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche Eco dalle Città intervista il Direttore Generale del Consorzio ReMedia Danilo Bonato, neoeletto Presidente del Centro di Coordinamento RAEE
05 November, 2010
Direttore, sulla base dell’esperienza maturata dal Consorzio ReMedia, quali sono i provvedimenti più urgenti da attuare in materia di raccolta dei RAEE?
L’emanazione del DM n.65 ha segnato un passaggio normativo importante, atteso da tempo dal settore e che potrà dare forte e decisivo impulso alla raccolta dei Raee e quindi al riciclo. Dal 18 giugno è, infatti, operativo il cosiddetto sistema “1 contro 1”, che ha avviato e normato le modalità di conferimento dei RAEE preso i punti vendita: a titolo gratuito il negoziante è tenuto a ritirare un Raee equivalente per ogni nuovo acquisto. Tale modalità stenta però a decollare, per mancanza di informazione e spesso per mancata organizzazione da parte dei punti vendita e ciò costituisce un handicap grave per il decollo della raccolta: consideriamo che in altri Paesi, dove tale modalità di raccolta è attiva già da tempo, attraverso questo canale viene raccolto circa il 30% del totale dei Raee.
A ciò si aggiungono interventi normativi che attengono principalmente a sistema di gestione dei RAEE in Italia: benché definito dallo stesso decreto di riferimento (DLgs. 151/2005), non funziona infatti, il Registro Nazionale dei Produttori, cioè lo strumento attraverso il quale vengono registrate le aziende obbligate al trattamento dei RAEE (i “produttori”) e definite le relative quote di responsabilità rispetto alla raccolta nazionale; da tale situazione discende direttamente la mancanza in Italia di controlli sui soggetti che operano nel settore, verifiche ed eventuali sanzioni in relazione a modalità e correttezza nella conduzione delle attività.
In Europa il 67% dei RAEE sono fuori dal controllo dei consorzi. E in Italia? E’ possibile quantificare il danno economico che deriva dal mancato conferimento dei RAEE agli appositi centri di raccolta?
I dati sull’Italia fotografano una situazione vicina a quanto accade in Europa: circa il 30% dei Raee prodotti in Italia viene intercettato dal sistema dei Consorzi, il 70% è fuori controllo. Ciò significa che c’è molto da fare.
È difficile tradurre tale situazione un preciso dato economico; quello che è possibile quantificare è la quantità di materiale che sfugge al riciclo. Infatti, ogni anno in Italia il circuito virtuoso del riciclo dei Raee – da cui si ottiene alluminio, ferro, rame, oro, vetro e plastiche – perde 435.000 tonnellate di materiali potenzialmente derivanti dal corretto invio a riciclo di tutte le 830.000 tonnellate di Raee prodotte in Italia, di cui solo 250.000 vengono correttamente indirizzate al sistema nazionale dei consorzi.
Deve dunque essere consolidato il sistema di raccolta differenziata che dal cittadino passa attraverso i Comuni, ora anche i punti vendita, e arriva ai Consorzi e agli impianti di riciclo.
Il mancato conferimento dipende dalla scarsa informazione/volontà dei cittadini o dalla mancanza di una raccolta capillare sul territorio?
C’è ancora molto da fare per accrescere responsabilità e consapevolezza da parte dei cittadini verso la raccolta differenziata dei Raee, ma questa situazione si scontra con la realtà di una rete di isole ecologiche sul territorio insufficiente e fortemente squilibrata tra Nord, Centro e Sud del Paese.
Sono poco più di 3.000 in tutta Italia, di cui oltre 2.000 concentrati solo al Nord, circa 400 al Centro e quasi 500 al Sud.
Occorre dunque agire concretamente su entrambi i fronti, richiamando i cittadini alle proprie responsabilità, ma mettendo anche a loro disposizione le necessarie infrastrutture. Una riflessione che porta di nuovo a richiamare l’attenzione su quanto sia cruciale il pieno funzionamento della modalità ”1 contro 1” presso i punti vendita, a valle dei quali è comunque necessaria una rete di punti di centri di raccolta capillare su tutto il territorio nazionale.
C’è qualcuno che ci guadagna se i RAEE non vengono conferiti nei centri di raccolta?
Sono diversi i motivi per cui un Raee non arriva fino all’isola ecologica per essere quindi avviato a riciclo: esistono piccoli operatori che offrono servizi di raccolta e successivi percorsi di valorizzazione non controllati, da cui spesso deriva la raccolta dei soli componenti o materiali di valore (come i compressori dei frigoriferi o i gioghi di deflessione delle TV a tubo catodico che tra l’altro, se estratti impropriamente provocano dispersione di materiali inquinanti nell’ambiente); in altri casi operatori sconsiderati che offrono un servizio a pagamento si liberano poi dei Raee abbandonandoli in campagna o nei fiumi; oppure singoli cittadini irresponsabilmente abbandonano nell’ambiente i propri Raee domestici.
Da queste dinamiche non deriva certo alcun guadagno per l’ambiente o la collettività; inoltre, è una situazione che penalizza lo sviluppo del mercato e dell’industria del riciclo, fatta di tante aziende di qualità.
Quali sono i principali rischi che derivano dal trasporto illegale dei RAEE?
Il traffico illegale dei rifiuti – e dei Raee in particolare – è un fenomeno internazionale che è ben presente a livello di istituzioni europee e costituisce un tema di grande attenzione. Infatti, un mancato invio a corretto trattamento e riciclo e l’uscita di questi rifiuti dai canali legali, si è tradotto in questi anni nella nascita e proliferazione di discariche illegali, per esempio in Africa, dove esistono situazioni di grande degrado e rischio per la salute delle popolazioni.
ReMedia guarda con attenzione a questo problema ed ha già promosso spazi di sensibilizzazione ed approfondimento su quanto sta accadendo per esempio in Ghana, nei sobborghi della capitale Akkra, dove adulti e bambini a mani nude smontano vecchi computer, TV, frigoriferi, per ricavare piccole quantità di metalli preziosi, ma mettendo a rischio la propria salute e contaminando l’ambiente.
Si tratta di un problema serio, su cui occorre l’intervento da parte delle istituzioni internazionali con strumenti di controllo e repressione. Come Consorzio riteniamo sia un tema sul quale occorre tenere alta l’attenzione: motivando ciascuno a fare al meglio la propria parte (inclusi i cittadini ma soprattutto le aziende che oggi spesso smaltiscono i RAEE attraverso operatori non specializzati), è possibile comunque fare qualcosa per mettere un freno a tali dinamiche.
Come si spiega questo ennesimo ritardo per la revisione della normativa Waste Electrical and Electronic Equipment? E’ un problema di priorità in agenda o qualcosa fa pensare ad un “ritardo strategico”?
Non si tratta né dell’una né dell’altra ipotesi. Attualmente sono in discussione in sede UE due proposte di testo, una elaborata dal Consiglio Europeo, l’altra proposta della Commissione Ambiente del Parlamento. Ciò fa sì che sia necessario uno spazio di dibattito più ampio per maturare una piena condivisione di orientamento su quello che sarà il testo definitivo. Ad oggi è possibile stimare che la nuova Direttiva Europea WEEE possa essere varata per la primavera 2011, aprendo poi il percorso di recepimento da parte dei diversi Paesi.