Sacchetti al bando, Unionplast: "Si rischiano 5000 posti di lavoro e mancano biopolimeri"
Le indicazioni dei Ministeri non chiariscono gli interrogativi e le preoccupazioni dei produttori. Intervista a Enrico Chialchia, Direttore di Unionplast:"La disponibilità di bioresine per la produzione di sacchetti biodegradabili non è sufficiente per riconvertire il settore. Il bando si traduce in almeno 5.000 persone senza lavoro"
10 January, 2011
Direttore Chialchia, alla luce dell’entrata in vigore del bando, Unionplast intende intraprendere azioni legali?
Impugnando un comunicato stampa? Rendiamoci conto della situazione: il decreto è entrato in vigore da dieci giorni e i Ministeri si sono limitati alla diffusione di un comunicato stampa che ha gettato nel caos un intero settore. Stiamo parlando di 5.000 lavoratori a casa, in un Paese in cui l’occupazione e il diritto al lavoro dovrebbero essere al centro dell’interesse nazionale, e invece evidentemente non importa a nessuno. Come associazione valuteremo le prossime azioni, nulla è ancora stato deciso, anche perché siamo nell’imbarazzo di trovarci davanti ad un comunicato che interpreta la legge.
Io aspetterei a parlare di ricorsi perché la situazione è caotica: piuttosto sarebbe necessario un tavolo di confronto con i Ministeri e anche con Legambiente, per capire come uscirne proteggendo l’ambiente ma anche i lavoratori, che da un giorno all’altro si trovano in cassa integrazione. Oltretutto il comunicato faceva riferimento unicamente allo smaltimento delle scorte dei commercianti, non a quelle dei produttori, che hanno investito centinaia di migliaia di euro in quelle giacenze.
Lei ritiene possibile una riconversione delle aziende nella produzione di sacchetti biodegradabili, per salvare i posti di lavoro?
Io ritengo sia importante cercare un confronto sul tema bioplastica, che dal mio punto di vista vale tanto quanto la plastica, tant’è che tre anni fa ho creato per mia volontà all’interno dell’associazione il gruppo Unionbioplast, che riunisce un gruppo importante di aziende che producono e distribuiscono il biopolimero. E’ senz’altro opportuno un confronto per studiare nuove applicazioni tecnologiche, ma la verità è che al momento non c’è una sufficiente disponibilità di biopolimeri.
Produrre queste bioresine non è come stampare un sacchetto, non è certo alla portata di piccoli produttori. Non è un caso se al mondo possiamo contare al massimo su una decina di aziende produttrici di biopolimeri, e si tratta di grandi aziende. La stessa Novamont, che ha dato ampie rassicurazioni sulla propria disponibilità, rassicurazioni che io ho apprezzato, non può però certamente rifornire un intero mercato nazionale.
Le aziende non hanno scartato il biodegradabile per ragioni ideologiche, o per disinformazione: i media hanno dato risalto alle campagne di Legambiente, e alle raccolte firme per l’abolizione del sacchetto. Si sono invece confrontate con il mercato, e quello dei polimeri biodegradabili non è stato un mercato molto favorevole fino ad ora, ma soprattutto con la scarsa disponibilità di materiale, che è un problema reale e concreto.
1 commenti
Scrivi un commentoAnnalisa
13.01.2011 23:01
Ma a nessuno interessa..