Raee, l'Italia raggiunge la soglia europea di 4 kg raccolti pro capite
Presentato a Roma il terzo rapporto sulla raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici. Nel 2010 i ritiri di Raee sono aumentati del 27%, ma rimangono alcune criticità: poca chiarezza normativa, scarsa informazione ai cittadini e troppa burocrazia
22 March, 2011
Per l’Italia il 2010 è stato l’anno della svolta. Dopo tre anni dall’entrata in vigore del sistema di ritiro e trattamento dei Raee (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche), il nostro paese ha infatti raggiunto la soglia europea dei 4 chilogrammi per abitante. Un risultato importante, ma pur sempre inferiore alla media europea di 6 kg pro capite e agli oltre 15 kg di Svezia e Norvegia.
Secondo il terzo rapporto del Centro di coordinamento Raee, nel 2010 la raccolta è aumentata in Italia del 27% rispetto all’anno precedente. «Su questa crescita – ha spiegato il direttore generale del Cdc Raee Fabrizio Longoni – ha influito molto l’acquisto di nuovi televisori in seguito al passaggio al digitale terrestre: ne sono stati raccolti il 40% in più rispetto al 2009. Ma rimane ancora scarsa la raccolta di lampadine a basse consumo e a neon».
Restano molto marcate anche le differenze tra le diverse zone d’Italia. La regione più virtuosa per Raee raccolti pro capite è l’Umbria, che raggiunge quota 7,16 kg. In generale, è al Nord che il sistema di raccolta funziona meglio. Il Trentino Alto Adige è al secondo posto con una media pro-capite di 6,92 kg per abitante. La Lombardia raccoglie più Raee in termini assoluti con 47.101.503 kg, la Valle d’Aosta e l’Emilia Romagna, infine, riescono a servire il 100% della popolazione residente in Regione. Nel Centro Italia restano ancora delle difficoltà, con una media che si ferma a 3,71 kg/ab. Ancora in forte ritardo le regioni del Sud che, sebbene registrino un forte incremento medio nella raccolta (+45%), restano ancora molto al di sotto della media nazionale (2,53 kg/ab.). Due eccezioni sono la Sardegna, che ha una raccolta pro-capite del 5,76 kg/ab., e la Sicilia, che, in un solo anno, ha quasi triplicato le quantità raccolte.
Le criticità
Dopo tre anni di attività, il sistema deve ancora essere migliorato. Massimo Lepri della segreteria tecnica del ministero dell’Ambiente prova a fare un mea culpa: «I tempi di approvazione del decreto sulla raccolta dei Raee sono stati lunghi e la legge è nata già vecchia». I ritardi, sottolinea Ermete Realacci, membro della commissione Ambiente alla Camera, «sono dovuti in parte alla pubblica amministrazione, in parte all’organizzazione del Centro di coordinamento, che ha sotto di sé ben 15 consorzi». Un sistema che però il presidente del Cdc Raee Danilo Bonato giudica «efficiente». «Si tratta di un modello innovativo guardato con attenzione anche da altri Paesi europei», commenta Andrea Fluttero, segretario della commissione Ambiente al Senato.
Ma il problema principale riguarda i volumi dei Raee raccolti, che, come sottolinea il dirigente del servizio tecnico di Federambiente Roberto Caggiano, «rimangono inferiori ai livelli che tutti ci auguravamo». È necessario potenziare, spiega Longoni, «la raccolta dei rifiuti delle categorie freddo e clima, grandi bianchi (lavatrici, forni, lavastoviglie) e piccoli elettrodomestici». Non vanno trascurati neanche gli aspetto normativi e della comunicazione: «Servono maggiore chiarezza legislativa e un’informazione più chiara per i cittadini», afferma Filippo Bernocchi, vicepresidente Anci e delegato ai rifiuti e all’energia. Maria Letizia Nepi, segretario di Fise-Unire, chiede «regole chiare sul re immissione sul mercato di Raee. Oggi molte aziende lo fanno, ma non ci sono standard di sicurezza e qualità che regolino questa attività». Molte aziende insistono poi su una semplificazione burocratica: «Attualmente, per ritirare i Raee, un'azienda deve iscriversi a quattro registri diversi, spiegano alla Cna Lazio.
C’è poi la questione, sollevata alcuni mesi fa anche da Greenpeace, del ritiro uno contro uno. I negozianti dovrebbero cioè garantire gratuitamente ai clienti il ritiro e lo smaltimento dell’elettrodomestico vecchio al momento dell’acquisto di quello nuovo. Questo, secondo Greenpeace. avviene in realtà solo nel 49% dei casi. L’attività di ritiro, secondo la legge italiana, è a carico dei distributori di elettrodomestici, che però lamentano costi, nel 2010, di 18 milioni di euro.