Stati Generali dell’Usato: “L’Italia schiacciata dai rifiuti? Ricominciamo dal Riutilizzo”
L’Europa ha chiesto da anni agli Stati Membri di inserire il Riutilizzo ai primi posti della gerarchia di operazioni da compiere all’interno del Piano di Gestione dei Rifiuti: con la legge 205/2010 l’Italia recepisce la direttiva, ma siamo ancora in attesa di decreti attuativi per normare il lavoro di migliaia di operatori che restano ai margini dell’abusivismo: è il settore dell’Usato e del Riutilizzo che, come ricorda la Rete O.N.U. "L'Italia dei rifiuti non può più permettersi il lusso di ignorare"
01 April, 2011
C’è un Paese che non sa più dove mettere i suoi rifiuti, in cui vivono migliaia di persone che di quei rifiuti vorrebbero portarsene via la metà, per riportarli a nuova vita e guadagnarsene una anche loro.
E’ lo stesso Paese che ha sì inserito la gerarchia delle “4 erre” nella legge sui rifiuti (Riduzione, Riutilizzo, Riciclo, Recupero), sulla scia dell’Unione Europea, ma che poi la applica al rovescio: i rifiuti finiscono perlopiù in discarica, li si brucia – o termovalorizza, per chi preferisce - in parte li si ricicla e raramente li si riutilizza. Riduzione? Non pervenuta.
E visto che questo Paese è il nostro, le persone che di Riutilizzo ci vivono (o ci vivrebbero) si sono mobilitate: Stati Generali dell’Usato, convocati per una tre giorni a Torino nella miglior cornice possibile: il Sermig, arsenale della pace e punto di riferimento attorno al quale gravita la rete delle associazioni e delle cooperative che sostengono i mercanti e gli ambulanti del Balon, lo storico mercato delle pulci della città.
Ad aprire i lavori Alessandro Stillo di ViviBalon, una delle associazioni che compone la Rete O.N.U. (Rete Operatori Nazionali dell’Usato) assieme a Bidonville, Occhio del Riciclone, Associazione Operatori del Mercato di Porta Portese, Bazar Project e Rete di Sostegno ai Mercatini Rom.
Il Presidente Stillo ha riassunto le posizioni della Rete, contenute ora nel Manifesto Nazionale del Riuso, chiedendo che agli operatori del settore venga riconosciuta la dignità dell’importantissimo lavoro che svolgono (con notevoli risvolti positivi sia in campo economico che ambientale) e soprattutto che venga data loro la possibilità di compiere il proprio lavoro dentro i confini della legge, cosa che attualmente non accade, tanto che non esiste nemmeno uno status giuridico per definirne la figura.
E infatti purtroppo la maggior parte di questi operatori si muove ai margini dell’abusivismo – se non completamente all’interno – trovando una miriade di ostacoli pratici e burocratici che si traducono in costi notevoli per tutta la comunità. Per quale ragione i cittadini dovrebbero pagare più tasse per smaltire come rifiuti oggetti da cui invece, in tutta sicurezza e rispettando le norme igieniche, si potrebbe trarre un guadagno e posti di lavoro?
“Bisogna capire che attraverso la filiera dell’Usato si possono togliere dal flusso dei rifiuti indifferenziati urbani dei beni riusabili spiega Pietro Luppi (Occhio del Riciclone) - facendo risparmiare sia in termini economici che di Co2. E’ fondamentale lavorare in sinergia e favorire le cooperative nel recupero dei beni, perché di questo si tratta e non di rifiuti. Siamo davanti ad un’opportunità, non ad un problema”.
Con la legge 205/2010 l’Italia ha recepito la direttiva europea sui rifiuti (2008/98), introducendo per la prima volta un concetto fondamentale, il riutilizzo, definito come “qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti”. Ma accanto a questa definizione ne compare un’altra altrettanto importante, la preparazione al riutilizzo: “operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento” .
Ma allora, se la stessa normativa prevede – e caldeggia – la possibilità di snellire la quantità di rifiuti da smaltire, che cosa stiamo aspettando? I decreti attuativi. Ancora una volta. Decreti che – se tutto va bene – dovrebbero arrivare a giugno, come confermato nel corso del suo intervento da Fabio Guerra (Segretariato Generale del Ministero dell’Ambiente), che ha ricordato come “ Massimizzare il riciclo e il recupero siano gli obiettivi fondamentali del piano di gestione dei rifiuti del Governo, purché avvengano nel rispetto di rigorosi standard ambientali”, citando a testimonianza dell’impegno messo in campo dal Ministero il Rapporto Nazionale sul Riutilizzo presentato a novembre 2010: “A Udine, a fronte dei 77.804 beni conferiti su base annua nelle isole ecologiche cittadine sono avviabili a riutilizzo circa 36.900 unità (47% del totale). A Roma ogni anno si stima vengano conferite nelle isole ecologiche circa 626.353 unità, di cui 372.760 riusabili, pari al 60% dei beni conferiti dai cittadini”. Numeri che non possono essere sottovalutati e che potrebbero far diminuire sensibilmente la quantità di rifiuti da smaltire. “I beni durevoli sono infatti il 19,6% dei rifiuti urbani – ricorda Roberto Cavallo, Presidente di ERICA e AICA - Una percentuale altissima, che li pone al terzo posto della classifica dopo umido e carta”. “Non possiamo più prescindere dal Riutilizzo aggiunge Raphael Rossi (Esper) che va sicuramente normato, ma soprattutto inserito all’interno del Piano Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, accanto a raccolta differenziata e riciclaggio”. E i progetti non mancano: a Udine la Net spa, azienda incaricata della gestione dei rifiuti, ha appena inaugurato una Riutilizzeria all’interno dell’isola ecologica, dove verranno conferiti i beni riutilizzabili senza doverli “ripescare” fra quelli avviati a smaltimento o riciclaggio. Una soluzione che forse potrebbe mettere d’accordo le cooperative – che lamentano serie difficoltà nell’approvvigionamento dei beni da riutilizzare – sia Federambiente, rappresentata all’incontro da Marco Camoletto, che auspicava un recupero a monte dell’ingresso nelle isole ecologiche, per non complicare il lavoro degli ecocentri.
Concludiamo con l’esempio portato dall’Occhio del Riciclone, un’esperienza diretta di recupero spontaneo di cui è stato teatro l’ex Canale Molassi, area di Borgo Dora (quartiere di Torino) che ospita il mercato delle pulci. Luppi ha raccontato come i cosiddetti “avvoltoi”, le persone che rovistano fra la merce rimasta a terra a mercato concluso per poi riproporla in nuove forme, facciano risparmiare all’Amiat almeno il 30-40% di spazzatura da portar via.
Servizio gratuito, oltretutto.