L’insostenibile leggerezza del sacchetto: il sondaggio di Unionplast
Unionplast presenta i risultati di un sondaggio che raccoglie le reazioni dei consumatori al bando del Ministero: se la plastica non piace “perché inquina” e il biodegradabile non convince per le prestazioni, la borsa riutilizzabile conquista sempre più consumatori. "I nuovi sacchetti? Riutilizzabili, come sporte"
19 April, 2011
Plastica e bioplastica si azzuffano, e intanto la sporta avanza. Un sondaggio commissionato da Unionplast all’Istituto di ricerche Eurisko - millenovanta intervistati, dai 25 anni in su, scelti in modo da rappresentare, proporzionalmente, 43.000.000 di italiani.- rivela che il 64% dei consumatori si dichiara intenzionato a fare un uso sempre più frequente della borsa in tessuto, lasciando bioplastiche, polietilene ed additivi a continuare la rissa per conto loro. Non solo: nella settimana dal 21 al 27 febbraio, quando sono stati raccolti i dati del sondaggio, alla richiesta di indicare se il sacchetto tradizionale, quello bio e la sporta fossero stati utilizzati di più o di meno che in passato, il sacchetto tradizionale se la cava con un 56% di risposte che dicono “come prima” e il 39% di “meno di prima” – si consideri che il bando era sì entrato in vigore, ma l’esaurimento scorte era ancora lontano negli stessi supermercati – la bioplastica riceve un comprensibile 67%, e la sporta, a sorpresa, scavalca tutti con un 73% di incrementi. Settantatre è anche la percentuale di intervistati che dichiara di rompere, spesso o addirittura sempre, il sacchetto bio acquistato al supermercato.
A giudicare dal sondaggio la bioplastica non piace, anche se viene utilizzata. O meglio, l’impressione è che a piacere sia soltanto l’idea: è ecosostenibile, non inquina, è innovativa. Scarse però le prestazioni. Le critiche sono sempre le stesse: si rompe, puzza e tende a manifestare un po’ troppo in fretta la sua vocazione “degradabile”. Il che rende faticoso il riutilizzo: se il 69% ha dichiarato di riutilizzare il sacchetto di plastica tradizionale per vari scopi (di cui, nel 46% per contenere nuovamente la spesa), soltanto il 47% riutilizza il sacchetto bio, e comunque esclusivamente per la spazzatura. Un elemento, il riutilizzo, che pesa parecchio sulla valutazione complessiva. Messi di fronte all’alternativa plastica vs bioplastica, appena il 26% considera quest’ultima un prodotto più valido del sacchetto tradizionale.
Queste informazioni potrebbero far pensare che la scelta del bando non sia affatto condivisa dalla maggioranza dei consumatori: ma non è così. Addirittura il 74% degli intervistati considera in modo positivo il provvedimento, e il 25% rimanente non ha una posizione chiara. Controprova: l’83% ritiene il sacchetto di plastica un elemento inquinante (per il 38% è “molto inquinante”), e il 64% di chi dichiara di considerare molto importante il materiale dei sacchi da asporto (53% del totale) lo fa per ragioni ambientali, che superano (supererebbero) addirittura la praticità (44%).
Questo almeno nelle intenzioni. Perché poi arrivati alle casse del 53% che considerava importante la materia prima di cui è fatto il sacchetto, il 15% si distrae e ammette di non farci assolutamente caso al momento dell’acquisto.
L’acquisto stesso poi è un tasto dolente: per il 35% dei consumatori i sacchetti dovrebbero essere completamente gratuiti, indipendentemente dal materiale, e per il 58% i costi in più derivanti dall’introduzione del biodegradabile dovrebbero ricadere sui negozianti e non sui consumatori. (Solo il 10% sarebbe disposto a prendersi carico dell’aumento).
La sensazione è che il bando abbia colto nel segno solo per quanto riguarda il principio, la tutela dell’ambiente. Le soluzioni attualmente disponibili però non convincono i consumatori, confusi dall’incertezza normativa e fortemente perplessi dalla bioplastica. (Nonostante la stragrande maggioranza approvi il bando, appena il 45% è convinto che ciò migliorerà la propria quotidianità, e per il 44% comporterà più costi che benefici).
Gli analisti di Eurisko hanno poi raccolto le principali critiche che vengono fatte al sacchetto di plastica tradizionale, stilando un breve identikit del “sacchetto del futuro”, per capire su cosa dovrebbero puntare i produttori di “sacchi da asporto”– leggi permettendo – per fornire un prodotto a prova di critiche. Sostanzialmente cinque le caratteristiche individuate: praticità, resistenza, economicità, estetica e sostenibilità ambientale. E proprio questa sembrerebbe la strada imboccata anche dalla Commissione tecnica del Ministero, che pare voglia intervenire prima di tutto sulla leggerezza, che impedisce di riutilizzare le buste. Insomma, l’imperativo è trasformare il sacchetto in sporta. Trasformarlo però, non travestirlo.
Prima della presentazione del sondaggio, il Presidente di Unionplast Giorgio Quagliuolo aveva aperto la discussione ricordando l’iter legislativo che ha portato all’entrata in vigore del divieto di commercializzazione a partire dal 1° gennaio, ribadendo la posizione dell’associazione di categoria che sostiene di non essere stata coinvolta né ascoltata dal Ministero finché non si è parlato di rischio infrazione a Bruxelles.
Quagliuolo ha poi proseguito dichiarando che Unionplast metterà in campo una politica più “aggressiva” – anche a livello mediatico – per combattere la “lotta ideologica alla plastica, di cui i sacchetti sono solo la punta dell’ice-berg, e che presto potrebbe riguardare posate monouso e bottiglie”.
“Invece di fare bandi demagogici, perché non introdurre multe da duemila euro per chi disperde le buste di plastica nell’ambiente? Non sono i sacchetti ad essere inquinanti – ha concluso il Presidente – sono i maleducati”.