Sacchetti: per il Ministero la percentuale di plastica riciclata è un requisito in più per i non compostabili
Il Ministero dell’Ambiente ha risposto all'interrogazione scritta del Senatore Francesco Ferrante. In Italia si possono commercializzare solo sacchetti compostabili conformi alla Uni 13432, e sacchetti riutilizzabili che abbiano degli spessori minimi e massimi definiti. I sacchetti riutilizzabili, solo quelli, devono inoltre contenere una percentuale di plastica riciclata, che varia a seconda della tipologia di sacco
22 May, 2012
Il Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare,
risponde all'interrogazione scritta del Senatore Francesco Ferrante e conferma in modo inequivocabile quali sono i prodotti commercializzabili. “In particolare, l’art. 2 anzidetto, recante disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell'ambiente, stabilisce quali tipologie di sacchi da asporto siano esenti dal divieto di commercializzazione previsto dall'articolo 1, comma 1130, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dall'articolo 23, comma 21-novies, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. – si legge testualmente nel documento dell’ufficio
Legislativo - Tale articolo 2, al comma 1, fa riferimento ai sacchi realizzati con polimeri (plastiche) conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002 (quindi materiali compostabili), nonché a quelli che sono realizzati con altri polimeri ,materiali non compostabili) che rispondono contemporaneamente ad altri requisiti che qualificano un sacco come riutilizzabile e quindi da preferire rispetto ai sacchi monouso.
Tali requisiti sono:
1. spessore superiore a 200 micron se trattasi di sacchi destinati all'uso alimentare (cioè per il trasporto di alimenti) e 100 micron se destinati ad altri usi, qualora siano provvisti
di una maniglia esterna alla dimensione utile dello stesso sacco.
2. spessore superiore ai 100 micron se destinati all'uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi, qualora siano provvisti di maniglia interna alla dimensione utile del
sacco. Il comma 2 dello stesso articolo prevede la possibilità che entro il 31 dicembre 2013 siano individuate eventuali ulteriori caratteristiche tecniche dei sacchi, ai fini della loro
commercializzazione. Tali caratteristiche dovranno essere specificate, nel caso, con decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico”.
Il successivo comma 3 sancisce, inoltre, che i sacchi realizzati con polimeri non compostabili, quindi tutti quelli fatti di plastica tradizionale, devono contenere una percentuale di plastica riciclata proveniente dalla raccolta differenziata di almeno il 10 per cento e di almeno il 30 per cento se trattasi di sacchi destinati al trasporto di alimenti. Il dettato di tale comma esaurisce al momento l’elenco delle specifiche tecniche che i sacchi devono avere per essere commerciabili.
Il commento del Senatore Ferrante
“Ai furbetti del quartierino che hanno tentato in questi mesi di aggirare la normativa sugli shopper biodegradabili viene data dal Ministero dell’Ambiente una meritata strigliata. Unionplast, organismo di Confindustria che è punto di riferimento per tantissime aziende italiane, aveva infatti stilato un vademecum con indicazioni clamorosamente false e fraudolente su quali fossero le linee guida per l’applicazione della legge 28 del 2012 in materia di commercializzazione di sacchi per l’asporto di merci nel rispetto dell’ambiente. Il Ministero dell’Ambiente, rispondendo oggi ad una mia interrogazione, ribadisce in maniera inequivocabile l’interpretazione della norma, che del resto è molto chiara e non si presta a fraintendimenti se non per chi intende farlo con dolo, come ha fatto Unionplast con i suoi documenti ufficiali ai propri aderenti. La legge del 24 marzo 2012 è molto chiara: in Italia si possono commercializzare solo sacchetti che siano biodegradabili conformi alla norma Uni 13432, e i sacchetti ‘riutilizzabili’ non aderenti alla norma Uni ma che abbiano degli spessori minimi e massimi definiti. I sacchetti ‘riutilizzabili’, solo quelli, devono poi contenere una percentuale di plastica riciclata con una percentuale che varia dal 10 al 30% a seconda della destinazione. Altre categorie come surrettiziamente ha inteso fare Unionplast non esistono, e dare tali indicazioni clamorosamente false è niente altro che un’istigazione a delinquere”.
In allegato il testo della risposta e il comunicato di Assobioplastiche
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