Rifiuti elettronici, il Dg di ReMedia Bonato: "In Italia c'è il serio problema del sommerso"
La raccolta di elettrodomestici, tv, pc e via dicendo procede in modo precario in quanto 10 kg per abitante non passano per i canali istituzionali su un totale di 33. Secondo il consorzio ReMedia, va colmato un gap normativo che consenta una maggiore tracciabilità di tutti gli impianti e gli apparecchi messi sul mercato
02 October, 2012
“Oggi sono stati censite circa 900 mila tonnellate di Raee immesse sul mercato italiano, ma in realtà il nostro studio stima che si tratti di 1.200.000 tonnellate, quindi mancano all'appello circa 300 mila tonnellate che arrivano sul mercato senza che nessuno ne finanzi lo smaltimento a fine vita”. Parte dai numeri, Danilo Bonato, direttore generale di ReMedia, il consorzio che gestisce lo smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici, nel presentare lo studio effettuato dai suoi tecnici dal titolo "Il sistema nazionale di gestione dei Raee" presentato oggi da ReMedia nell'ambito dell'evento "Raee: minaccia ecologica o miniera urbana?", organizzato dalla fondazione Symbola alla Camera dei Deputati. Quindi il vero problema è rappresentato dal sommerso. “C’è ancora – spiega Bonato – una quantità di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee) che viene immesso sul mercato senza essere dichiarato dai produttori. In Italia manca ancora un'istituzione interministeriale fondamentale, il Comitato di vigilanza e controllo dei Raee che al momento non è operativo: mancando questo tipo di strumento, mancano i controlli sulla correttezza dell'operato dei produttori e la conseguenza è che è facile, in Italia, non partecipare al sistema, non iscriversi al registro e quindi non sostenere i costi, scaricandoli sui produttori onesti. Tutto questo in termini economici causa una perdita di circa 15 milioni di euro all’anno.
E lo studio, dal punto di vista numerico, conferma tutte le criticità evidenziato da Bonato. Il Consorzio ha evidenziato che nell’anno di riferimento sono state raccolte 880mila tonnellate ovvero 14,6 Kg per abitante ma i Sistemi Collettivi ne hanno raccolti solamente 4,3 kg kg/ab. Altri 5 kg/ab rappresentano il volume gestito dal Canale Informale e altri 5 compongono il disperso, ovvero tutti quei rifiuti che non vengono intercettati. I 10 kg di rifiuti che non seguono il percorso ufficiale rappresentano così un notevole danno economico e ambientale. Le analisi di ReMedia hanno portato a conoscere un dato importante: i Sistemi collettivi non intercettano più dell’11% degli AEE, il 57% viene trattato da operatori specializzati e il 20% è destinato a esportazione.
“I dati e l’analisi dei flussi del settore sono un elemento fondamentale per evidenziare le problematiche della filiera dei RAEE, considerando le evoluzioni future e i nuovi obiettivi imposti dall’UE”, spiega ancora Bonato. “Alla luce della situazione che emerge dallo studio, è chiaro che serve un cambiamento a livello normativo che impedisca agli operatori non ufficiali di sottrarre una parte consistente di rifiuti tecnologici causando danni di grande rilevanza. Inoltre, occorre lavorare per ottimizzare i modelli di raccolta, grazie ad un forte l’impegno degli Enti Locali e della distribuzione, consentendo allo stesso tempo ai Produttori di poter contare sulla visible fee, strumento essenziale per assicurare trasparenza ed equilibrio finanziario al sistema”.
E pensare che tra televisioni, impianti stereo, pc, telefonini, elettrodomestici in Italia ci sono, in base ai rilevamenti fatti, circa 2 miliardi di apparecchi. E in base ai voleri dell’Ue, il 2019, anno in cui bisogna uniformarsi, è sempre più vicino. Entro quella data l'Italia dovrà raccogliere l'85% del totale dei Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche generati e avrà tempo fino al 2014 per recepire le nuove regole europee in materia. Per il nostro Paese, questo si tradurrà in 980 mila tonnellate di Raee stimate da dover gestire con un conseguente innalzamento dei costi del sistema che potrebbero raggiungere i 740 milioni di euro a fronte degli attuali 177. Un percorso non facile, visto che, come affermano proprio a ReMedia, l’Italia è ancora molto indietro da questo punto di vista.