Ilva: dibattito a Torino. La Valutazione del Danno Sanitario, incognita tra impresa e lavoratori
Un imprenditore è responsabile del danno sanitario se le emissioni nocive rientrano nei limiti di legge? Canavesio (Giovani Imprenditori di Torino): “FollE: Dobbiamo poterci fidare della legge”. Petrini (Diritto penale del Lavoro): “Se investo un bambino ai 50 all'ora sono innocente perché ero nei limiti?”. Airaudo (FIOM CGIL): "Il problema è la credibilità della dirigenza". Il dibattito sull'Ilva organizzato da Libertà e Giustizia di Torino
20 December, 2012
Tra le tante questioni aperte in Italia dal caso Ilva c'è anche questa: un imprenditore è responsabile del danno sanitario anche quando le emissioni prodotte rientrano nei limiti previsti dalla legge? L'Ilva sarà anche riuscita a far rientrare la diossina nei limiti previsti dalla legge; ma davanti all'evidenza del disastro sanitario causato – o meglio, per ora diciamo “attribuibile” allo stabilimento, il rispetto delle soglie può essere una giustificazione? Allo stesso modo, se una legge nazionale proroga al 2013 l'obbligo di adeguamento ai limiti del benzoapirene - fortemente cancerogeno - l'anomalia statistica nell'insorgenza dei tumori a Taranto non è più imputabile all'Ilva? In realtà su questo tema specifico la faccenda è più complicata: la legge di cui parliamo fu promulgata nell'agosto 2010 dal Governo Berlusconi, e già all'epoca venne ribattezzata “salva Ilva”. Per contrastarne l'effetto, a febbraio 2011 la Regione Puglia approvò una legge regionale che imponeva invece l'adeguamento senza proroghe. Ennesima controversia. Che però non sposta il problema: davanti alla prova che i limiti sono inadeguati, rispettarli senza curarsi delle conseguenze è ancora sufficiente?
E proprio di questo si è parlato al dibattito “Ilva: che cosa salvare?” organizzato dal circolo Libertà e Giustizia di Torino, a cui hanno partecipato Davide Petrini, docente di Diritto penale del Lavoro, Davide Canavesio, Presidente dei Giovani Imprenditori dell'Unione Industriale di Torino e Giorgio Airaudo, Segretario Nazionale Fiom CGIL (Settore Auto), moderati da Paolo Volpato, coordinatore del circolo.
“Ovviamente no. La questione dei limiti è un paradosso – ha sostenuto Petrini - e questo paradosso è il cuore del problema nel caso Ilva. Non si può più ragionare in questi termini: non si può continuare ad uccidere impunemente nascondendosi dietro il fatto che la legge me lo permette perché non sto sforando le soglie consentite. Sarebbe come dire che se sto guidando ai 50 all'ora e investo un bambino non sono colpevole perché rientro nei limiti di velocità!”.
Di tutt'altro avviso Davide Canavesio, presidente dei Giovani Imprenditori dell'Unione Industriale di Torino. “A me tremano i polsi quando sento questi discorsi. Da imprenditore, io devo potermi fidare della legge. Come si può sostenere che un imprenditore possa essere perseguito anche se rispetta la legge perché questa non è sufficiente? Certo che sarebbe meglio non inquinare per niente. Ma i limiti di legge esistono proprio perché dovrebbero essere il miglior compromesso possibile tra le esigenze produttive e la salvaguardia di ambiente e salute. Non si può ragionare solo su cosa sarebbe meglio: se io dicessi ai miei dipendenti che sarebbe meglio che lavorassero il doppio e gratis?!”.
Ma è qui che la valutazione del danno sanitario(VDS) avrebbe potuto (potrà ancora?) entrare in gioco: i limiti di legge “statici”possono rivelarsi insufficienti a proteggere ambiente e salute, perché non tengono conto del contesto. Condizioni orografiche e meteorologiche particolarmente sfavorevoli, densità abitativa più alta della media, presenza di altri stabilimenti industriali nelle vicinanze, sono tanti i fattori che possono far sì che le conseguenze delle emissioni di un determinato inquinante, che pure rientra nei limiti, siano amplificate al punto da creare un vero disastro. La domanda da porsi è: in questo particolare contesto, quant'è il limite massimo che non devo superare per evitare conseguenze in campo ambientale e sanitario? Come abbiamo visto, purtroppo l'emendamento al decreto Ilva che ha introdotto la VDS è stato “emendato” a sua volta: la valutazione verrà fatta, sì, ma non contestualmente all'Aia, e di fatto avrà valore conoscitivo, non vincolante. Occasione persa? “Per ora sì, purtroppo” risponde Petrini. “Ma la direzione giusta è questa”. Una posizione condivisa anche da Canavesio: “Io sono d'accordo, purché questa valutazione diventi legge. Non si possono lasciare le imprese in balia dell'incertezza, con tutte le responsabilità e nessun appiglio sicuro”.
Responsabilità: il nodo del problema, secondo Airaudo: “La famiglia Riva per anni non ha adeguato gli impianti, arrivando ad un punto di rottura con la comunità di Taranto. La proprietà dell'azienda ha agito in maniera dissenata, e le inchieste non finiscono qui. A breve s ne aprirà un'altra: ormai è praticamente certo che i Riva abbiano smaltito illegalmente nella loro discarica rifiuti pericolosi. Un imprenditore responsabile non lavora così, qui c'è un problema di credibilità: metà della proprietà è ricercata e l'altra metà è agli arresti: con una dirigenza simile il decreto è solo una finta chance che viene data all'Ilva”.
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