Emergenza rifiuti in Campania/4 'Chiamala, se vuoi, emergenza'
Un interessante intervento di Fausto Giovannelli - da L'Unità del 23.03.2004
23 March, 2004
FAUSTO GIOVANELLI La chiamiamo e la chiamano emergenza. Ma quella dei rifiuti in Campania è un'altra cosa. È una crisi di governance, una strutturale debolezza del sistema politico, della società civile e dell'economia di una grande regione. La gestione dei rifiuti è una dimensione quotidiana della vita di ogni famiglia, di ogni impresa, di ogni città. Non può essere affidata alla spontaneità del mercato, all'ognuno per sé Dio per tutti, alla tecnocrazia o alla tecnologia. Con la sua naturale dimensione comunitaria, la gestione dei rifiuti, quasi quanto quella dell'acqua, è un problema che attiene strettamente la governance. Le fiammate di protesta contro le discariche, l'emergenza igienica dei rifiuti maleodoranti nelle strade, le ordinanze di chiusura delle scuole, sembrano cose da terzo mondo e tuttavia eccezionali. Fanno gridare allo scandalo, aprono la caccia al colpevole, richiedono misure straordinarie. In realtà sono approdi naturali e inevitabili del corso quotidiano delle cose. Tra le istituzioni e la società (imprese, cittadini, associazioni) non si è chiuso il cerchio della condivisione e dell'assunzione della responsabilità. E la camorra (che nuota nell'acqua di diffuse attività illegali, anche se non criminali) condiziona lo sviluppo di forme industriali e trasparenti di gestione dei rifiuti. Bisogna riflettere su come si è arrivati ad avere diossina nei campi e nel latte anche se (o forse proprio perché) non c'è neppure un inceneritore in tutta la regione. Bisogna riflettere sul perché 10 anni di emergenza, di gestioni commissariali, di interventi della protezione civile non hanno portato una grande regione di un grande Paese industriale come l'Italia ad essere in grado di gestire normalmente i suoi rifiuti urbani. Bisogna riflettere su come affrontare la nuova “emergenza” di questi giorni, su come non trasformare la nomina e l'azione di un nuovo commissario nel remake di un film già visto. Il ministro Altero Matteoli ha detto parole ragionevoli: più raccolta differenziata, più recupero, più termovalorizzazione. Ha denunciato le resistenze all'innovazione e gli interessi illegali che si muovono attorno alle discariche e dietro azioni demagogiche e di protesta. Sono parole già dette, che indicano una strada già perseguita senza successo, con costi altissimi per il territorio e la coesione civile in Campania. Si può dire e soprattutto si può fare di più? Noi pensiamo di sì. Serve una presenza del governo non più autoritaria ma più autorevole, per sostenere e non per sostituire le responsabilità che esistono a la livello locale. Servono nuove risorse e un nuovo approccio. Di fronte alle difficoltà sui rifiuti, la politica si è rifugiata nel commissariamento, nella logica dei poteri straordinari. Probabilmente è stato ed è un errore, una fuga dalla responsabilità. Una illusione buro-tecnocratica, un tentativo di semplificare, col decisionismo, un problema che richiede invece una innovazione del processo decisionale nella direzione opposta, quella che estende la responsabilità sociale e lo spazio della democrazia. I rifiuti nelle società moderne sono tema ben diverso dalla vecchia raccolta della spazzatura. Sono una delle problematiche della sostenibilità, da leggere secondo i paradigmi della complessità. Il processo decisionale deve dispiegarsi di conseguenza. Altro che semplificare. Credo dunque che proprio sui rifiuti, per aggiornare il piano per lo smaltimento e soprattutto per gestirne davvero l'attuazione, la Campania dovrebbe promuovere un percorso di Agenda 21 regionale. Ma che cos'è? Chiederà qualcuno ... Un giocattolo per ambientalisti e anime belle? No. Tutt'altro. È uno strumento per lo sviluppo sostenibile sancito fin dalla Conferenza mondiale sull'Ambiente di Rio (1992). Si tratta di aprire il processo decisionale alla partecipazione responsabile di tutti i portatori di interessi, di coinvolgerli preventivamente nell'analisi e nell'informazione, di raccoglierne le valutazioni e le proposte, di attivare e far vivere un Forum che promuova il confronto tra loro e con le istituzioni pubbliche responsabili, di far emergere le convergenze possibili e rendere trasparenti le divergenze. Di organizzare cioè, un luogo/spazio permanente e autorevole di relazione tra concertazione e decisione. Al termine del processo ci sarà più conoscenza, più trasparenza e più responsabilità. E le decisioni, che competono alle istituzioni, ancorché non unanimi, avranno certamente una base di riferimento più forte. L'Agenda 21 locale è stata diffusa in Italia più come sperimentazione che non vero strumento di governo. È stata praticata, o piuttosto mimata, per definire liste di buone intenzioni. Non è stata però usata per ciò cui dovrebbe servire davvero: sporcarsi le mani con le più dure contraddizioni tra ambiente e sviluppo e col rebus a soluzione incerta dello sviluppo sostenibile. È un rebus da risolvere con la democrazia oltre che con la conoscenza e la tecnologia. Le nuove forme della decisione e della democrazia (bilanci sociali, ambientali, partecipativi, agenda 21), non vanno invocate come fine a se stesse, ma messe in opera sui nodi più intricati che le politiche tradizionali non riescono a sciogliere. Realizzare un'Agenda 21 sul tema rifiuti in Campania significherebbe costruire un grande tavolo della responsabilità e, attorno ad esso, una governance più efficiente e più democratica. Senatore, capogruppo Ds nella commissione Ambiente