"Competenze crescenti. Ed è sbagliato escluderle dalle emergenze rifiuti."
Intervista a Beppe Gamba (Vicepresidente provincia di Torino - Coord Naz Agenda 21)
03 May, 2004
Giuseppe Gamba, ex Presidente del coordinamento Agenda 21, vicepresidente uscente della Provincia di Torino, è stato assessore provinciale per nove anni, con la responsabilità all’Ambiente nel primo mandato e allo Sviluppo Sostenibile e Pianificazione ambientale nel secondo. Dal 95 a oggi ha vissuto l’evolversi del ruolo delle Province. Cos’è cambiato dal 95 a oggi? Ci sono state tutte le diverse tappe della Riforma Bassanini che hanno trasferito e decentrato poteri e dato un ruolo molto più importante alle Province. Poi la Riforma dell’articolo 5 della Costituzione che ha stabilizzato questo processo. E inoltre ci sono state le varie leggi regionali che hanno trasferito alle Province molti poteri attribuiti alle Regioni. (Come nel caso del decreto Ronchi che attribuiva alle Regioni i poteri di pianificazione e autorizzazione degli impianti, potere che quasi ovunque è stato trasferito alle Province.) Insomma, ho visto crescere le competenze delle Province : non più solo compiti autorizzativi e amministrativi, ma compiti di programmazione e promozione, soprattutto nei campi della tutela a valorizzazione delle risorse idriche e delle energie rinnovabili. Ma il bilancio delle Province è più magro persino di quello dei Comuni, e sono meno appariscenti nello scenario politico-giornalistico… Le Province quasi non gestiscono servizi, quindi per questo in termini economici hanno un bilancio proporzionalmente più limitato. Ma sbaglia chi non guarda a cosa fanno, perché invece hanno sempre maggiori competenze. In campo ambientale hanno le maggiori competenze, anche perché agiscono su di una dimensione ideale per il governo di “area vasta” che è quello caratteristico dei fenomeni e dei problemi ambientali. E difatti tutto ciò – dimensione e competenze delle Province- ha facilitato l’adesione ai processi e agli strumenti dell’Agenda 21 che si occupano di programmare e promuovere la sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo. Sono ben 35 su 100 le province italiane che hanno adottato di Piani di azione per lo Sviluppo Sostenibile e i tavoli di Agenda 21. Una percentuale ben più alta rispetto ai Comuni. Ma le Province hanno anche poteri anche sull’apertura di nuove centrali termoelettriche? Sulle centrali elettriche fino a 300 Megawatt. Su quelle più grandi decide lo Stato d’intesa con le Regioni. E lì la Provincia può avere solo un ruolo consultivo e politico, facendo riferimento a Piani energetici provinciali, anche se in teoria dovrebbe poter esercitare un potere co-decisionale più forte sulla base delle competenze gemnerali in tema di Pianificazione territoriale di coordinamento e di tutela appunto dell'ambiente. Ma si sa che in Italia è prevalsa la fibrilllazione che vuole nuove centrali a tutti i costi, e quindi i decreti c.d. sblocca centrali hanno tolto di mezzo il fastidio della concertazione con gli enti locali. Ma sull’uso del territorio, sul rapporto tra verde e cementificazione, il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia prevale o no sui piani regolatori dei comuni? Dipende da come la cosa è stata regolamentata dalle Regioni. In Piemonte no, nel senso che la Regione si è ancora tenuta la competenza di approvazione dei Piani Regolatori dei Comuni e quindi può anche non tener conto del PTC provinciale. Altrove come in Emilia sono le Province ad approvare i PRGC con un evidente maggiore potere di indirizzo e controllo. Perché se le competenze più importanti nel campo dei rifiuti sono delle Province, nella crisi campana si parla solo di Regione? Non è solo la Campania. Ricordiamoci che tutte le regioni del Sud sono state commissariate dal ministero dell’Ambiente, all’epoca di Ronchi. E comprensibilmente, perché si vedeva che gli Enti locali e le Regioni erano inerti. Successivamente i poteri commissariali sono andati di volta in volta al Presidente della regione o a persone nominati dal governo. A questo punto però ritengo fallimentare l’esperienza dei commissari, le Province sono state marginalizzate e solo adesso troppo tardi gli si chiede di intervenire per togliere le castagne dal fuoco. Non si possono risolvere i problemi, né si può fare lo sviluppo sostenibile senza la responsabilizzazione dei governi locali. E Kyoto? A che servono le Province? Come per altre questioni – vedasi smog e mobilità – non bisogna guardare solo a quali poteri sulla carta hanno le Province, ma è la personalità e l’iniziativa politica delle amministrazioni che conquista spazi sul campo. Comunque il tema di Kyoto, cioè della riduzione delle emissioni climalteranti, è trasversale a tutto ciò. Sottende i rifiuti, i regolamenti edilizi, le regole per l’illuminazione pubblica, la mobilità ecc. In generale credo che ormai le Province siano in grado di diventare protagoniste di questo impegno, ma ovviamente facendo programmi che coinvolgano i comuni nelle responsabilità gestionali e operative.