Mosca svolta, dice sì a Kyoto
01 October, 2004
Il governo annuncia a sorpresa la sua intenzione di ratificare il Protocollo anti-gas serra. Ma la strada è ancora lunga e tortuosa, i nemici della ratifica sono molti e potenti. Soddisfazione tra gli ambientalisti e nell'Unione europea ASTRIT DAKLI C`è ovvia soddisfazione tra gli ambientalisti di tutto il mondo, nonché tra i governi che finora hanno fatto ratificare dai propri parlamenti nazionali il «Protocollo di Kyoto», dopo la decisione del governo russo di appoggiare a sua volta la ratifica del Protocollo. Con il sì di Mosca, infatti, si supera la soglia cruciale del 55 per cento delle emissioni di biossido di carbonio da parte dei paesi industrializzati, necessaria per l'entrata in vigore effettiva del trattato per la limitazione dei «gas serra», all'origine dei più pericolosi cambiamenti climatici sul pianeta. Un 55 per cento che stava nelle mani della Russia (responsabile da sola del 17 per cento delle emissioni globali) dopo che George Bush, tra i primi atti della sua presidenza, aveva ritirato il sì americano al trattato. L'entusiasmo ambientalista, comunque, è forse ancora prematuro. Se è vero infatti che la decisione russa sembra chiudere un lunghissimo periodo di tira-e-molla delle autorità di Mosca sull'argomento, è altrettanto vero che la vera ratifica da parte della Duma di stato è ancora lontana, che i pareri contrari a Kyoto sono in Russia ancora assai «pesanti» e che, in ultima analisi, l'annuncio di ieri potrebbe rivelarsi alla fine solo un gioco delle parti per tenere sulla corda soprattutto i governi dell'Unione europea - i più convinti sostenitori della necessità di far entrare in vigore il protocollo, tanto che ieri un portavoce Ue ha riferito della «calda accoglienza» di Bruxelles alla decisione russa - e cercar di strappare loro qualche concessione in altri campi. Le stesse modalità dell'annunciato «sì» moscovita lasciano del resto perplessi. Nonostante l'importanza mondiale della questione, la decisione del governo di presentare alla Duma un disegno di legge per la ratifica del trattato non è stata annunciata né da Putin né dal primo ministro Mikhail Fradkov - entrambi assenti nella riunione del governo - ma dal viceministro degli esteri Yurij Fedotov: il quale più che dei vantaggi ha parlato soprattutto dei problemi politici internazionali legati a un'eventuale mancata ratifica. La decisione per giunta è stata accompagnata dal malaugurio di due pezzi da novanta dell'amministrazione: il consigliere economico del presidente Andrej Illarionov, secondo il quale l'entrata in vigore del protocollo «renderà impossibile raggiungere il progettato raddoppio del Pil entro il 2014» e dunque «obbligherà a cambiamenti dolorosi nella nostra politica economica e sociale»; e lo stesso premier Fradkov, secondo cui «la discussione sull'argomento è aperta e sarà probabilmente difficile. Alla Duma ci sarà battaglia». Data l'attuale composizione della Duma, totalmente soggetta al volere del presidente Vladimir Putin, è chiaro non ci potrebbe essere la benché minima discussione - non parliamo di una «battaglia» - se dal Cremlino giungesse un aperto «ok» alla ratifica. Ma evidentemente Putin non ha ancora preso una decisione definitiva - o forse (ma è un'interpretazione maligna) ha deciso per il no ma vuole che a dirlo siano i deputati, dimostrando così la loro «indipendenza» proprio mentre tutti gli analisti descrivono la definitiva scomparsa di ogni traccia di democrazia rappresentativa in Russia (si veda l'articolo di Francesca Mereu in questa pagina). La Russia, ricordiamo, è stata fra i firmatari iniziali del Protocollo di Kyoto: ma a partire dal 2001, quando è diventato chiaro che la sua ratifica sarebbe stata comunque decisiva per l'entrata in vigore, ha incominciato a oscillare. Putin personalmente si è espresso solo un paio di volte, e con termini ambigui: nel 2003 ha definito Kyoto «un passo nella giusta direzione» ma ha anche detto che «siamo un paese nordico e un piccolo aumento di temperatura globale non ci fa paura»; nel maggio di quest'anno ha detto che «noi siamo a favore del processo di Kyoto... ma abbiamo alcune preoccupazioni sulle sue conseguenze», nascondendosi poi dietro il fatto che «la ratifica non dipende dal presidente ma dal parlamento». Quanto agli altri esponenti governativi, a favore si sono espressi nel corso dei mesi soprattutto i ministri del comparto energetico, contro gli altri. Solo venti giorni fa, ricordiamo ancora, il premier Fradkov aveva definito il trattato di Kyoto «inefficace».