La corte europea boccia l'Italia
Altra tegola sulla pessima definizione di rifiuto riscritta dal governo Berlusconi. Per la suprema magistratura comunitaria non è possibile non definire rifiuto tutto quello che si può riutilizzare in uno stesso o in diversi processi produttivi. Da Ecosportello News
15 November, 2004
Altra tegola per il governo italiano. La corte di Giustizia europea, intervenendo su richiesta della magistratura italiana che doveva giudicare un imprenditore denunciato per trasporto di materiale ferroso di scarto, ha sentenziato di fatto che la definizione di rifiuto riscritta dal governo Berlusconi attraverso il decreto legge 138/02, non va bene. Per la suprema magistratura comunitaria "i residui di consumo non possono essere considerati come 'sottoprodotto'". Essi, infatti, si legge nella sentenza, "non sono riutilizzati in maniera certa e senza previa trasformazione nel corso di un medesimo processo di produzione o di utilizzazione, ma sono sostanze o materiali di cui i detentori si sono disfatti." In un tale contesto, "essi conservano la qualifica di rifiuti finché non siano effettivamente riciclati in nuovi prodotti" perciò, "la nozione di rifiuto non esclude l'insieme dei residui di produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati in un ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni all'ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un'operazione di recupero". La sentenza è stata emessa in seguito a un procedimento che ha riguardato Antonio Niselli, responsabile legale della società Ilfer spa, imputato del reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Un rimorchio della società era stato sequestrato dai carabinieri perché carico di rottami ferrosi senza però il previsto modulo d'identificazione dei rifiuti. Dopo l'inizio del procedimento, però, il governo ha approvato la nuova definizione di rifiuto, che escludeva, a determinate condizioni, i prodotti destinati al riutilizzo negli stessi o diversi procedimenti produttivi. Da qui il ricorso della magistratura italiana alla corte europea per chiarire la definizione di rifiuto.